Muri
grigi, tristi e banali che, come per incanto, si trasformano
in un'allegra esplosione di rami, foglie e fiori. Perché
fanno da supporto a insoliti e lussureggianti mixed border
dove si intrecciano piante di tutti i tipi che ondeggiano al
vento.
L'effetto è sorprendente: una scenografia spettacolare,
inattesa, affascinante, che trasporta di colpo nel meraviglioso
paese di Alice. A Parigi, e un po' in tutta la Francia, sono
di gran moda gli ingegnosi e straordinari giardini in verticale
inventati da Patrick Blanc, un botanico francese di fama
mondiale (nessuno conosce meglio di lui le piante del sottobosco
tropicale), ricercatore del prestigioso Cnrs (Centre
national de la recherche scientifique), e con un debole per
le stravaganze: ostenta con disinvoltura unghie smisurate, che
avrebbero fatto impallidire d'invidia un imperatore cinese,
e capelli biondi ravvivati da vistose mèches verde clorofilla.
Un gusto per le eccentricità che, molto probabilmente,
è entrato in gioco anche nella sua originalissima invenzione.
"Perché mai accontentarsi di far crescere le piante
nella terra e in orizzontale? La natura non è così
monotona. Basta pensare alle piante che, nel sottobosco delle
foreste tropicali, vivono sui rami e sui tronchi degli alberi,
oppure abbarbicate alle rocce.
Non dobbiamo dimenticare", osserva Blanc, "che per
la vita delle piante la presenza della terra non è indispensabile.
Quello che conta è l'acqua, perché è lì
che si trova tutto quello che serve alla loro sopravvivenza.
I miei muri vegetali sono nati proprio dalla voglia di fare
entrare nelle nostre case e nelle nostre città un po'
di questa verticalità esotica e inconsueta. E dalla voglia
di far nascere insperate superfici verdi anche in mezzo all'asfalto
e al cemento. Perché queste pareti vegetali, che non
occupano spazio in orizzontale, possono trovar posto dappertutto,
anche nelle metropoli più congestionate".
DAI
TROPICI A PARIGI
Ma per far crescere nel bel mezzo dell'Europa le fantastiche
cascate verdi, che rendono così suggestivo il sottobosco
delle foreste malesi o brasiliane, bisognava trovare il modo
di fornire alle piante condizioni di vita non troppo diverse
da quelle che caratterizzano quegli ambienti: un'impresa non
facilissima. Perché nelle nostre città la pioggia
non passa attraverso 30 o 40 metri di foresta, e così
non può portarsi dietro le sostanze nutritive lasciate
sui rami e sulle foglie dei grandi alberi da insetti e uccelli.
In più, non è né frequente né regolare
come ai Tropici. Da qui l'esigenza di ricorrere all'acqua del
rubinetto, che magari è fin troppo ricca di calcio, ma
per contro è completamente priva di azoto, fosforo e
potassio. Un inconveniente, questo, che Patrick Blanc ha risolto
senza troppe difficoltà aggiungendo all'acqua di irrigazione
la giusta dose di fertilizzanti,
secondo le indicazioni fornite ormai da tempo dai professionisti
della coltivazione "fuori terra" (che impiega, come
substrato, acqua o materiali inerti quali lana di roccia, perlite,
vermiculite, pomice, argilla espansa, pozzolana...).
Più complicato è stato invece trovare il tipo
di supporto che, sistemato in verticale, avrebbe dovuto far
sentire le piante a loro agio. Bisognava individuare un materiale
dotato di una buona capillarità, capace di mantenere
a lungo l'umidità e nel quale le radici potessero penetrare
per assorbire l'acqua di irrigazione.
Le ricerche e gli esperimenti cominciano una decina di anni
fa sui muri della casa di Blanc, alla periferia di Parigi. Dove,
con esiti all'inizio disastrosi, vengono messi alla prova pannelli
di iuta, torba, sfagno, lana di vetro: qualcuno non assorbiva
abbastanza acqua e si asciugava in un batter d'occhio, altri
si decomponevano nel giro di pochi mesi. Finalmente, quando
l'entusiasmo dell'intraprendente botanico cominciava ormai a
vacillare, arriva la soluzione: un banale feltro sintetico tipo
Aquanap, normalmente usato dai vivaisti come base di appoggio
per le piante in vaso. Un "tessuto-non tessuto" spesso
pochi millimetri, compatto, inalterabile, capace di assorbire
una discreta quantità d'acqua e di trattenerla, in modo
da evitare alle piante pericolosi stress idrici fra un'innaffiatura
e l'altra. "Così tutto il sistema ha potuto essere
messo a punto", spiega Blanc. "Il feltro, corredato
di una serie di tasche per infilare le piante, è stato
steso su un pannello in plastica rigida agganciato al muro di
casa (ma separato da un'intercapedine, per evitare indesiderate
infiltrazioni d'acqua). Poi è stata messa in funzione
una pompa, regolata da un timer, per spingere l'acqua arricchita
di sali minerali in un tubo forato fissato in cima alla parete,
e mantenere così il feltro sempre umido (solo un'innaffiatura
al giorno in inverno e una ogni 3/4 ore in estate). E, per finire,
ai piedi del muro è stata sistemata una vasca dove si
raccoglieva l'acqua in eccesso".
MEGLIO
CHE IN AIUOLA
Un impianto tutto sommato semplice e poco costoso, che però
trasforma quella casa di periferia in un angolo di paradiso,
e consente l'invenzione di associazioni vegetali del tutto imprevedibili,
che nessuna aiuola convenzionale avrebbe mai potuto ospitare.
Sui muri del piccolissimo cortile, accanto a piante da giardino
come buddleie e ortensie, iris e spiree, berberis e cotoneaster,
viburni e campanule, heuchere e artemisie - per niente a disagio
nella loro nuova veste di piante epifite - spuntano le tante
rarità botaniche che il padrone di casa aveva raccolto
nei suoi viaggi intorno al mondo. Per esempio un'incredibile
begonia a foglie blu (Begonia pavonina), abituata a vivere
nelle foreste calde e umide della Malesia, ma che al riparo
del muro è riuscita a superare, senza difficoltà,
anche il freddo inverno parigino. Sulle pareti del soggiorno
invece si forma una piccola giungla, un intreccio inestricabile
di rigogliosissime alocasie, felci, ficus, dieffenbachie, fatsie,
filodendri.
Un risultato incoraggiante, che convince Blanc a presentare
la sua invenzione al Festival intemational des jardins
di Chaumont-sur-Loire dell'estate 1994.
Quello strano muro vegetale incuriosisce gli addetti ai lavori,
entusiasma gli appassionati del verde e suscita l'ammirazione
di Jacqueline Nebout, allora responsabile del Servizio parchi
e giardini del municipio di Parigi. Che ne vuole uno simile,
e da realizzare a tempo di record, per il Parc Floral del Bois
de Vincennes.
La marcia trionfale dei "giardini in verticale" ormai
è cominciata.
Anno dopo anno arrivano quelli progettati per decorare le pareti
interne di eleganti boutique parigine, oppure di antichi e
gloriosi
monumenti come l'Orangerie del Palais du Luxembourg. Uno straordinario
tappeto verde è appeso proprio sopra l'ingresso di
un modernissimo palazzo sul boulevard Raspail, sede della
Fondazione
Cartier per l'arte contemporanea. E nel Parc de l'Ile Saint-Germain,
polmone verde del nuovo quartiere Issy-les-Moulineax, tutta
la parete esterna dell'Ancienne Boulangerie, da terra fino
al tetto, viene tappezzata di piante. Ultima in ordine di
tempo,
una gigantesca cascata verde che rallegra un esclusivo albergo
di rue Pierre Charron, a un tiro di schioppo dagli Champs-Elysées.
I giardini in verticale conquistano anche il resto della
Francia:
spuntano a Lione, a Yerres, a Tolosa, a Méry-sur-Oise.
E una cornice di corydalis, lonicere, euforbie, tamerici,
bergenie
circonda un enorme oblò di vetro aperto sulla facciata
del Forum Culturel di Le Blanc-Mesnil. Un muro vegetale supera
perfino le Alpi e approda all'Acquario di Genova, dove va a
far compagnia alla vasca dei coccodrilli.
VIOLE,
YUCCHE E ... ALGHE
Ogni volta le composizioni sono nuove e diverse, perché
le specie vegetali che accettano di buon grado la coltivazione
su un piano verticale sono tantissime. Una lista infinita e
impossibile da riassumere, che comprende piante di tutti i generi
e di tutte le latitudini: dalle yucche agli ibischi, passando
per abutilon, Hedychium, primule, viole, ginestre, santoline
e così via. E sembra che alcune, per esempio le spiree
originarie delle zone in forte pendenza della Cina e del Giappone,
preferiscano addirittura vivere su un feltro verticale, dove
il drenaggio è perfetto, piuttosto che nei terreni piatti
e argillosi di molti giardini, dove, fa notare Blanc, le loro
radici sono perennemente insidiate da micidiali ristagni d'acqua.
Ospiti inattesi dei giardini in verticale, ma non per questo
sgraditi, anche morbidi cuscini di muschio e piccolissime alghe
verdi e blu, che in pochissimo tempo colonizzano gli spazi lasciati
liberi da arbusti e cespugli, e così danno a tutto l'insieme
un aspetto ancora più naturale e lussureggiante.
PATRICK
BLANC
Botanico, ricercatore
del Cnrs (Centre narional de la recherche scientifique),
responsabile del Laboratorio di biologia vegetale tropicale
dell'Università Pierre e Marie Curie (Paris VI),
Patrick Blanc studia, da sempre, le strategie di adattamento
messe in atto dalle specie vegetali che vivono nel sottobosco
tropicale. "Cerco di capire cosa si
sono inventate queste piante per sfruttare al meglio
la
scarsissima energia a loro disposizione in un ambiente
saturo di umidità e caratterizzato da poca luce
e poco vento",
spiega Blanc,"e cerco anche di capire perché
una zona è povera o ricca di specie vegetali, in
modo da individuare gli angoli di foresta che in futuro
potrebbero servire da poli di ridistribuzione della
biodiversità,
e che quindi vanno protetti con più urgenza di altri".
Al suo attivo figurano innumerevoli spedizioni scientifiche
nelle zone calde di tutto il mondo. Famose quelle in Camerun
e nella Guyana, dove, issato su una zattera-laboratorio
sospesa a 30 metri di altezza, ha esplorato per la prima
volta la canopea, la parte più alta della foresta
tropicale. Fra i suoi meriti botanici figura anche l'introduzione
di nuove piante ornamentali. Particolarmente promettente
una collezione di Convolvolacee che si sta acclimatando
nell'arboretum della Vallée-aux-Loups. Quasi 300
specie, sia arbusti che liane erbacee, capaci di offrire
un'enorme varietà di fiori - da quelli di oltre
10 centimetri di diametro ai nani di pochi millimetri
- e di
colori: dal bianco al rosso vivo, passando per tutte le
tonalità di blu e viola.
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