POTATURA DEGLI ALBERI ORNAMENTALI
di Gildo Spagnolli (da Clamer Informa, settembre 2001)


È utile per gli alberi? E per l’uomo?


Il mondo è pieno di alberi senza potature. La natura ha prosperato rigogliosa, dominando il territorio mondiale, senza problemi e paure, fino agli ultimi decenni del 1800. È ben vero che gli interventi dell'uomo sull'ambiente si manifestano da oltre 20 secoli, ma senza stravolgimenti. Solo da qualche secolo si può affermare che essi abbiano assunto carattere di irreversibilità e sempre più accentuandosi con l'avvento di grandi mezzi e sofisticate tecnologie. Ma da fine '800 dicevo, l'uomo ha pensato di essere pronto per prendere in mano le redini del mondo e quindi anche della natura che di questo nostro mondo, dobbiamo ribadirlo con forza, è elemento fondamentale, insostituibile. Natura produttrice di vita e uomo saccheggiatore. I risultati si vedono. Stanno sparendo le foreste e sono "alti lai" quelli degli ambientalisti nostrani per le foreste dell'Amazzonia e del Borneo. Sfruttamento scriteriato e miope che fa abbattere quotidianamente migliaia di ettari di foresta, deprecabile anche se lontano da noi. Non ricordano però, gli ambientalisti, forse perché poco informati sui fatti di casa nostra, che un tempo non lontano, esistevano in Italia ventidue milioni di ettari di foresta vergine, che ammantavano la nostra Patria per due terzi del suo territorio. Arrivati al terzo millennio, gli ettari di foresta vergine italiana sono poco o niente. E anche chiamare bosco quanto rimasto sembra una forzatura. Facciamo scorrere velocemente il pensiero sul verde italico in generale. Le Alpi con i grandi impianti di abeti rossi (ammalati) pini, larici, faggi tutti perfetti, quasi uguali che non si possono chiamare boschi; sono parchi artificiali, in quote alte fin che si vuole, ma è monocoltura. E' noto che la monocoltura sfrutta, quando non esaurisce, la fertilità del terreno che il bosco ha creato lungo i secoli, e l'ambiente ne soffre. E non parliamo delle infrastrutture come strade, laghi artificiali con centrali idroelettriche, piste da sci ecc.

La pianura Padana ha finito di essere foresta ai primi del 1800 e adesso è una landa desolata dove il vento corre libero portando con sé il finissimo ma preziosissimo humus, perché le barriere di alberi e arbusti lungo i canali d'irrigazione sono state eliminate per aumentare la produzione, con pericolo di futura sterilità per le terre troppo sfruttate, visto anche lo scarso apporto di sostanza organica. Il letame non si può più adoperare perché inquina.

Gli Appennini sono tutto un movimento con rimboschimenti a casaccio, frane e smottamenti con danni continui ed imprevedibili senza che si possa pensare ad una soluzione.

Il Sud con i problemi di siccità, i pochi rimboschimenti, spesso con specie di piante non adatte che formano miseri gruppi tutti uguali, i problemi lungo le coste, cemento dappertutto. La fisionomia del nostro territorio è stata stravolta. Clima, fertilità del terreno, sistema idrogeologìco, ambiente naturale, tutto sottosopra. La poca attenzione, chiamiamola incuria, dello Stato; gli interventi, ovunque possibile, di cittadini con costruzione di muri, case, strade, canali, zone artigianali e industriali, cementificazione dei greti dei fiumi, con costruzioni diverse all'intemo dei medesimi, insediamenti agrituristici, impianti agricoli non adatti alle coltivazioni programmate, ci hanno incanalati nel terzo millennio.

Come si può vedere, siamo immersi in un mare di ipocrisia, ignoranza, stupidità e in questo mare si è messa a navigare la barchetta dalla quale si predica la potatura degli alberi ornamentali. È la potatura modello motosega che, in modo più appropriato, si può definire "castratura".

Questo modello di taglio è stato inventato dopo la seconda guerra mondiale e ha preso piede rapidamente. Fino agli anni prima della guerra, c'era molta cura per gli alberi sia in città che fuori; nelle strade larghe si piantavano alberi grandi, nelle strade meno larghe si piantavano alberi proporzionati allo spazio disponibile, quando avessero raggiunto il massimo sviluppo. Se gli alberi creavano problemi venivano sostituiti con altri più idonei. Alberi di prima grandezza come platani e tigli venivano utilizzati in piccoli spazi per formare dei tendoni vegetali, ma la potatura a testucchio o a testa di salice veniva fatta annualmente. Lungo le strade nazionali, l'alberatura era stata piantata per ombreggiare i viandanti e i carri a traino animale. Tutto regolare quindi, anche perché a seguire la crescita regolare degli alberi c'erano giardinieri competenti.

Dopo gli anni '50 ci siamo trovati con le strade costruite per cavalli, buoi e pecore, percorse da automobili e autocarri; nelle città iniziava la costruzione di condomini, lungo le strade già alberate, senza pensare a mantenere una distanza corretta tra costruzioni e case. E nel frattempo si continuavano a piantare, senza alcuna programmazione le poche specie di alberi, Platanus, Aesculus, Celtis, Tilia, Pinus, e rare altre specie che, usando un eufemismo, potremmo dire conosciute, alle medesime distanze di sempre (5-6 m) tra pianta e pianta, senza pensare alla larghezza dei marciapiedi, a quella della carreggiata stradale, all'altezza del primo palco di rami, alla distanza dalle case, alla presenza di filari di alberi già piantati, alla opportunità di non mettere alberi pubblici a ridosso di giardini privati esistenti ecc. ecc.

Dopo qualche decennio erano ulteriormente cresciute le piante vecchie e avevano preso forma i nuovi impianti. Strade strette e rami che entravano dalle finestre hanno richiesto drastici interventi. Le tecniche di prima della guerra avrebbero previsto la sostituzione delle alberate. Nel frattempo però, nelle scuole italiane di ogni ordine e grado, di verde ornamentale non se ne parlava più e i giardini e le piante ornamentali erano prive di personale che le curasse con competenza e amore. Era nata inoltre una corrente di opinione che non ammetteva l'abbattimento di alberi e preferiva tenerli "castrati" piuttosto che abbatterli.

Mancanza di dirigenti professionalmente validi quindi, che imponessero i diritti della natura a essere trattata con dignità e conseguente mancanza di giardinieri rimasti senza istruttori validi che insegnassero loro la conoscenza delle piante e il modo di curarle, ci hanno portato alla realtà attuale. È una realtà codificata e riconosciuta da libri e pubblicazioni nei quali,a volte arrampicandosi sui vetri, si vuol dimostrare con varianti diverse, che questa tecnica di "castratura" è regolare. E infatti è talmente regolare che la "castratura" è identica su alberi di tutte le specie e varietà.

Questa constatazione dovrebbe dimostrare che i tecnici che danno l'ordine di intervenire sull'albero e gli operai che eseguono i tagli non conoscono la specie e la varietà della pianta su cui operano. Vediamo qualche esempio significativo.

A questo punto vediamo di riprendere il discorso con "fratello albero" per capire le sue necessità affinchè possa vivere decentemente nelle nostre città e lungo le nostre strade.

È opportuno ripetere che alberi, arbusti e ogni specie di pianta, sono esseri viventi che hanno come dimora la terra e quando sono stati creati hanno ricevuto in dote uno spazio vitale sufficiente assieme ad acqua, aria e quant'altro necessario per una vita dignitosa. Esseri viventi e come tali devono essere trattati. Abbiamo a disposizione la fisiologia vegetale e l'ecologia che ci aiutano a capire se il terreno e l'ambiente in cui devono vivere e le cure a cui vogliamo sottoporli sono più o meno favorevoli al loro sviluppo.
Ma per capire quanto sopra bisogna conoscere le piante. È il punto dolente del problema. Conoscenza di genere, specie, varietà, e quant'altro la scienza agraria ci insegna per poterle trattare in maniera corretta. Solo chiamandole per nome, potremo avere un contatto, quasi fisico, che ci permette di capire le loro necessità e agire di conseguenza. Proprio in riferimento alla potatura in generale ed alla capitozzatura in particolare i problemi sono tanti.

Come si può capitozzare un albero se non si conosce l'azione del flusso linfatico che dovrà provvedere alla guarigione delle ferite provocate dal taglio?

Siamo consci che capitozzando, tagliamo all'albero gli organi vitali?

Riusciamo a capire che questa operazione si ripercuote su tutto l'apparato radicale, che non essendo più nutrito si atrofizza e muore lentamente mettendo in crisi la stabilità della struttura?

Sappiamo come si sviluppa l'apparato radicale in ogni specie di pianta?

E se sì, come possiamo aiutarla a mantenere un normale stato vegetativo, dopo la capitozzatura, specialmente in città? ... terreno, acqua, humus, concimazioni... E si può andare avanti domandandoci:
- Quale l'influenza delle radiazioni solari in città, su piante "castrate" in ambiente cittadino?
- Quali sono gli scompensi dovuti al calore?
- Quali gli scompensi dovuti al carbonio, azoto, smog in generale e soprattutto alla mancanza d'acqua?

E ognuno di questi fattori crea fenomeni di interdipendenza non solo fra le piante, ma con gli animali, l'ambiente, l'uomo. I tecnici che lavorano con le piante, devono saper analizzare i fattori che rendono interdipendente il sistema "essere vivente - ambiente circostante" con il suo gioco di molteplici e sempre mutevoli fattori ambientali, le reazioni e gli adattamenti degli organismi e i processi che aiutano a controllarli.
Dobbiamo essere consci che l'ambiente, con i suoi influssi, agisce in maniera globale e continua sulla pianta, che a sua volta, deve adottare regole di comportamento per poter affermare la sua diffusione e vincere la lotta per la sopravvivenza. È sicuro che ogni tecnico, ogni persona che conosca gli alberi e abbia le necessarie conoscenze ecologiche non può causare danni agli alberi, neanche con la potatura.

E' chiaro che il fine della potatura, se è proprio necessaria, non è il danneggiamento dell'albero, ma l'aiuto a vivere bene anche in un ambiente ostile. Un antico aforisma dice "un giardiniere è valido se potando un albero ornamentale, alla fine del lavoro, può mostrare i rami potati senza vedere il punto dove gli ha tagliati".
Questo modo di pensare mette la parola fine alla capitozzatura e ad ogni altro tipo di potatura devastante.
Occorre il coraggio civile di dire basta all'ipocrisia imperante. Se l'impianto è sbagliato e necessario tagliare e sostituire.

Curare, aiutare le piante dove possibile, ma non a tutti i costi e ad ogni costo, perché questo modo di fare contrasterebbe con lo spirito del la natura.