COME
MAI LE PIANTE OGNI TANTO CAMBIANO NOME
di
Pia Meda (Gardenia, settembre 2005)
Ce
lo spiega Gabriele Galasso, che con Enrico Banfi e Adriano
Soldano
del Museo di Storia Naturale di Milano,
si è occupato di recente della classificazione dei generi
Malva e Lavatera
Come botanico sistematico da anni lavoro per adeguare la nomenclatura
delle piante ai risultati delle più recenti analisi
generico-molecolari, in modo che
i nomi rispecchino la storia evolutiva e quindi il grado di
parentela delle piante stesse. Ultimamente mi sono occupato
di Lavatera e Malva, partendo da indagini compiute
negli Stati Uniti.
Alcuni
biologi molecolari avevano infatti fornito la sequenza delle
basi che compongono alcune porzioni del Dna di queste specie
e, basandosi sul fatto che maggiore è la somiglianzà
di tali sequenze più stretta è la parentela, avevano
ricostruito un albero filogenetico, qualcosa di simile a un
albero genealogico degli uomini.
"Analizzando
quest'ultimo, mi sono accorto che la situazione di Malva
e Lavatera è alquanto complessa. Non esistono
due gruppi omogenei e distinti (derivati cioè da due
progenitori diversi), caratterizzati dalla fusione (Lavatera)
oppure no (Malva) dei segmenti dell'involucro esterno
al calice (epicalice): questo carattere è infatti comparso
e scomparso più volte nel corso dell'evoluzione. Di conseguenza
le specie di Lavatera non sembrano strettamente imparentate
tra loro, non discendono cioè da un antenato comune.
Lo stesso discorso vale per Malva. In pratica, è
successo che alcune specie di Lavatera si sono originate
da alcune specie di Malva e viceversa.
Abbiamo
quindi pensato che non avesse più senso parlare di due
generi distinti, bensì di un unico genere. Su quale nome
dargli, non ci sono stati dubbi: in base al principio di priorità
stabilito dall'International Code of Botanical Nomenclature
(ICBN), abbiamo scelto
quello di Malva, perché più antico di Lavatera.
I cambiamenti di nome che abbiamo proposto sono stati quindi
fatti in seguito allo studio di un albero filogenetico e con
l'applicazione delle norme dell'ICBN.
"Processi analoghi stanno dietro anche ad altri più
o meno recenti mutamenti di nomi di piante della flora italiana.
Come quello dell'alno nero o frangola che circa cinque anni
fa da Frangula alnus è diventato F. dodonei:
secondo il principio di priorità dell'ICBN per cui per
una specie vale il nome con il quale è stata 'battezzata'
per la prima volta, si è ristabilito l'appellativo specifico
più vecchio, quello del 1766.
"Un
caso analogo è quello della primula 'orecchio d'orso'
che, in base a uno studio tedesco del 2004, non è più
Primula auricula, bensì P. balbisii. Si
è infatti appurato che le popolazioni di P. auricula
a nord delle Alpi sono diverse, sia per Dna che per caratteri
morfologici, da quelle a sud delle stesse montagne. Alle 'orecchie
d'orso' d'Oltralpe, che corrispondono alla P. auricula descritta
nel 1753 da Linneo, è rimasto l'appellativo originario;
per le nostre è stato invece recuperato un nome con cui
erano già state in passato indicate, ma che era poi caduto
in disuso".
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E'
conservatore della Sezione botanica del Museo civico di
storia naturale di Milano. Ha condotto studi e ricerche
sulla flora autoctona ed esotica milanese e lombarda.
Da anni è impegnato nella revisione dei nomi delle
piante della flora italiana, Attualmente si occupa della
sistematica del genere Polygonum.
Per contattarlo:gabriele.galasso@comune.milano.it
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