ALLA
RICERCA DEL NOME SPECIFICO
di Silvia Vigè
(da Il Giardino Fiorito, giugno 2002)
Tanti
personaggi illustri e no sono legati alla nomenclatura di fiori
e piante. Uno dei più famosi è certamente Carlo
Linneo (1707-1778), che nel 1735 pubblicò il "Sistema
Naturae" in cui codificò un sistema di nomenclatura
binomia basato sul numero degli stami e degli stili dei fiori.
Cercare
l'etimologia dei nomi delle piante è sempre qualcosa
di veramente curioso. Se nel passato, all'epoca dei romani,
i nomi erano dati in funzione di qualche somiglianza ad animali
(ad esempio il genere Pelargonium deriva da greco "pelargos"
che vuoI dire cicogna, per la rassomiglianza del seme che ricorda
il becco dell'uccello), o anche per la funzione che avevano
(come per il genere Sedum che trae il suo nome dall'abitudine
che avevano i romani di mettere queste piante sui tetti, convinti
che tenessero lontano i fulmini, in latino "scolare"
significa calmare), nel periodo delle grandi scoperte geografiche
e dei viaggi verso l'Oriente i nomi delle nuove piante venivano
dedicati a personaggi illustri.
Non
furono usati soltanto nomi di studiosi botanici, medici, governatori,
ambasciatori e celebri viaggiatori ma anche di semplici giardinieri
reali, missionari e collezionisti di piante ed animali, passati
alla storia grazie alla loro grande passione per la botanica.
Il
primo che si ispirò a uomini illustri, per la scelta
del nome, fu il padre missionario Charles Plumier, botanico
di Luigi XIV, che nel 1693, durante un suo viaggio a Santo Domingo,
scoprì per la prima volta la Fuchsia che descrisse
e illustrò nel suo libro "Plantarum Americanarum
Genera" (1730). Il missionario dedicò il nome della
pianta al medico e botanico bavarese Leonhard Fuchs (1501-1566),
autore dell'"Historia Stirpium", uno degli erbari
più belli e riccamente illustrati del XVI secolo. Plumier
fu anche l'inventore del nome del genere Begonia, e volle
con esso onorare Michel Begon (1638-1710), governatore
francese di Santo Domingo, grande collezionista di piante e
animali, e del nome del genere Magnolia, dedicato a Pierre
Magnol, autore del "Prodromus Historia Generalis Plantarum"
(1689).
Linneo,
nei suoi lunghi studi di classificazione, dedicò nomi
a molti studiosi ma anche ad amici. Ad esempio, battezzò
la Kalmia in onore di Pehr Kalm (1716-1771), botanico
finlandese e suo scolaro, che fu tra i primi europei a studiare
questo genere e a scoprine la forte tossicità, e a un
altro suo discepolo, Johann Gottfried Zinn (1727-1759),
professore all'Università di Gottinga, dedicò
il genere Zinnia. Un caso particolare di come il botanico
legò il nome delle piante ad amici fu il caso della Lagerstroemia.
Il nome, certamente non bello, deriva da Magnus von Lagerstroem (1696-1759), uno dei direttori della Compagnia delle Indie,
che ebbe l'unico merito, nel campo della botanica, di essere
amico di Linneo. Carlo Linneo non dedicò mai a se stesso
un genere, ma ci pensò nel 1737 l'olandese Gronovius,
che battezzò una rara pianta di montagna che cresce nei
boschi umidi di conifere, la Linnea borealis (fam. Caprifolliaceae).
Altro
professore di botanica dell'Università di Upsala, e successore
di Rudbeck e di Linneo, che legò a piante nomi di celebri
persone fu Karl Peter Thunberg. Durante il suo operato
battezzò il genere Deutzia in onore del suo amico
e mecenate Johann van der Deutz (1743-1784), un avvocato
e consigliere comunale di Amsterdam che promosse e finalizzò
la sua spedizione in Giappone, e il genere Weigela a Christian Ehrenfried von Weigel (1748-1831), professore
a Greifswald ed autore della "Flora Pomerana-Rugica"
pubblicata nel 1769. A lui, invece, fu dedicato il genere Thunbergia (fam. Acanthaceae).
Anche
dall'ambito ecclesiastico si trasse spunto per la ricerca dei
nomi nuovi.
Come
si sa infatti, già dal Medioevo molti monaci si dedicarono
al lavoro di classificazione delle piante a scopo erboristico
ma anche alla compilazione di importanti erbari. Così
il genere Buddleia fu battezzato dal dottor William Houstoum
(1695-1733) mentre collezionava piante in Sudafrica, tra il
1730 e il 1733, in onore del reverendo Adam Buddle (1660-1715),
autore di un prezioso erbario compilato secondo un suo nuovissimo
sistema. Il nome tuttavia è stato deformato in tutte
le maniere: Linneo lo scrisse già in due modi diversi:
Buddleja e Budleja, poi diventò Buddleia e Buddlea.
Molti
sono anche i medici che per la loro passione per la botanica
contribuirono ad arricchire il panorama etimologico di piante
e fiori, basti ricordare, ad esempio, il genere Gardenia legato al nome del medico e naturalista nordamericano Alexander
Garden (1730-1791), il genere Hosta, pianta originaria
dell'Asia, venne dedicato al medico austriaco Nicolaus Thomas
Host, vissuto nel XIX secolo. Tra i molti esempi si possono
trovare anche due illustri medici italiani: Pier Andrea Mattioli (nato a Siena nel 1500), medico imperiale a Vienna e a Praga,
autore di un celebre trattato di erboristeria "Commentari
in sex libris Pedacei Dioscoridis" (Venezia, 1544), illustrato
con 562 incisioni in legno, dove si firmava in latino Matthiolus,
e da qui il nome del genere Matthiola (fam. Cruciferae)
e Francesco Zantedeschi, botanico e medico italiano,
vissuto tra 1773 e il 1846, a cui fu dedicato il genere Zantedeschia (pianta conosciuta da molti con il nome di Calla) .
Tra
diplomatici, direttori di giardini, viaggiatori e docenti universitari
c'è solo l'imbarazzo della scelta. Tra le storie più
curiose basti ricordare il nome Forsythia che fu dato
all'intera specie dal botanico danese Martin Vahl nel 1804,
in onore di William Forsyth (1737-1804), che fu uno dei
sette fondatori della Royal Horticultural Society di Londra
e sovraintendente dei Giardini di Wisley. A tal proposito c'è
da mettere in evidenza una testimonianza della scarsa stima
che gli inglesi hanno per questa pianta, Alice Coats osservava
acidamente a proposito del nome "L'oro sfacciato e abbastanza
falso della Forsythia, commemora uno scozzese abile, più
che intraprendente e alquanto privo di scrupoli, W. Forsyth".
Appartenente
alla famiglia delle Leguminose, la Wistaria (Glicine)
è il vero nome botanico, e non si sa neppure se è
esatto dire Wistaria e non invece Wisteria: non lo sapeva bene
neppure Nuttall che la battezzò così nel 1818,
in onore di un professore tedesco, docente all'Università
di Pennsylvania, di nome Caspar Wistar. Era costui, usando
un linguaggio che sembra preso dalle cronache del Circolo Pickwick,
"un filantropo dai modi semplici e dalle pretese modeste,
ma promotore attivissimo delle scienze", e l'equivoco sulla
grafia derivò dal fatto che il suo nome era stato un
tempo Wüster, anglicizzato poi da una parte della famiglia
in Wistar e dall'altra in Wister: cosa che mise il povero Nuttall
nella condizione di dover usare una doppia denominazione per
la pianta, per non far torto a nessuno. Precedentemente i botanici
avevano attribuito la Wisteria al genere Glycinia (dal greco
"glykys", dolce), da qui il perdurante equivoco.
Come
abbiamo detto all'inizio i nomi dei generi delle piante non
furono legati solo a nomi illustri ma anche a giardinieri e
a persone in qualche modo legate al luogo della scoperta della
pianta, così fu dedicato a Jean Robin (1550-1629),
giardiniere della corte di Luigi XII di Francia, la Robinia
pseudacacia, in quanto fu il primo che coltivò questa
pianta, di origine nordamericana e scoperta da J. Tradescant,
nel "Jardin des plantes" di Parigi. E in fine forse
pochi sanno che il genere Sequoia, originario d'America,
prende il nome dal capo indiano Sequoyah (1770-1853),
passato alla storia per aver inventato l'alfabeto Cherokee.
LA
NOMENCLATURA DELLE PIANTE
Il
nome della specie delle piante è dato da un insieme di
due parole, la prima è detta epiteto generico e la seconda epiteto specifico. La prima indica in quale
genere ricade la pianta, la seconda il nome della specie all'interno
del genere.
EPITETO
GENERICO: viene scritto con l'iniziale maiuscola e può
essere coniato sulla base del nome popolare della pianta. Può
essere dedicato a qualcuno o descrivere delle peculiarità
come nel caso dell'epiteto specifico. Può essere maschile,
femminile o neutro.
I
nomi degli alberi della seconda declinazione sono femminili,
anche se la desinenza è in -us (es. Buxus sempervirens),
l'unica eccezione è costituita dal genere Acer che è
neutro.
EPITETO
SPECIFICO: viene scritto con l'iniziale minuscola e deve
concordare con il genere dell'epiteto generico, può essere
in forma di aggettivo, di sostantivo al genitivo, o di una parola
in apposizione. Esso può esse descrittivo dell'ambiente
in cui vive la pianta (es. agrestis, campestris = dei campi,
sylvestris = dei boschi, pratensis = dei prati, ecc.), del luogo
di origine (es. japonicus, occidentalis, ecc.), può descrivere
una caratteristica morfologica della pianta (es. longifolia,
tuberosum, spinosum, ecc.), può descrivere una prerogativa
della pianta (es. edulis, tinctoria ecc.), può essere
dedicato ad una persona più o meno celebre (es. smithii,
ecc.), o può essere di fantasia (es.. litigiosus).
COME
SCRIVERE I NOMI BOTANICI
LE
FAMIGLIE: Il nome della famiglia viene scritto sempre
con l'iniziale maiuscola, prende la desinenza -aceae, preceduta
dal nome della specie utilizzata per istituire la famiglia (es.
Asteraceae, Poaceae, ecc.). Fino a qualche anno fa le famiglie
potevano avere un nome di fantasia o descrittivo di una peculiarità
ed in tal caso la desinenza era -ae (es. Compositae, Leguminosae,
ecc.). Tale possibilità è stata ormai definitivamente
accantonata (e le precedenti sono diventate rispettivamente
Asteraceae, Fabaceae) .
GENERE e SPECIE: Genere e specie costituiscono dunque
ciascuno un esempio di categoria tassonomica o taxon (taxa al plurale). Questa può essere definita come l'insieme
convenzionale di individui aventi caratteristiche di similarità
secondo il sistema utilizzato ed aventi in particolare un certo
grado di affinità genetica. È prassi che in tutti
i testi, siano essi scientifici o divulgativi, il nome delle
categorie tassonomiche sia scritto in corsivo.
LE VARIETÀ: Quando i caratteri differenziali sono
ancora più sfumati e dunque l'autore ritiene di non poter
istituire una sottospecie, si può usare un'ulteriore
categoria di rango inferiore che è la varietà
(es. Ceanothus thyrsiflorus var. repens); l'abbreviazione
corretta è dunque var.
LE CULTIVAR: Il termine cultivar deriva dall'inglese "cultivated variety" e viene attribuito a quelle
piante selezionate per un attributo particolare o un insieme
di attributi e che sono chiaramente distinte, uniformi e stabili
per le loro caratteristiche e che, se propagate, le mantengano
inalterate. Pertanto non possono assolutamente essere chiamate
specie, varietà o forme, come invece frequentemente accade
nella pratica corrente. Il nome della cultivar deve essere scritto
fra virgolette semplici e non può essere più
lungo di 10 sillabe o 30 caratteri. Non è sufficiente,
anzi è un errore, identificare una cultivar facendola
precedere dalle abbreviazioni cv. o var. o utilizzando le virgolette
doppie. Infine i nomi delle cultivar vanno sempre usati nella
lingua originale.
GLI IBRIDI: Dall'incrocio di due specie diverse si genera
un ibrido, le piante derivanti possono non essere uguali l'una
all'altra ma vengono comunque raggruppate sotto lo stesso nome,
così come i reincroci. L'ibrido si indica con la lettera
x. Ad esempio Abelia x grandiflora è il nome degli
ibridi ottenuti dall'incrocio di A. chinensis con A. uniflora.
L'incrocio può avvenire fra due generi diversi ed in
questo caso la x precede il nome di un nuovo epiteto generico,
che viene di solito formato usando, in tutto o in parte, gli
epiteti dei due generi incrociati. Abbiamo ad esempio x cupressocyparis (cupressus x chamaecyparis).
Nota bene: La lettera x si legge 'per'. Abelia x grandiflora si legge 'Abelia per grandiflora, e x cupressocyparis cioè il risultato di un incrocio tra due generi, cupressus x chamaecyparis si legge 'per cupressocyparis'.