COLTIVARE IN TERRA ARGILLOSA
di Andrea Calanchi con la collaborazione di Elena Tibiletti
(Giardinaggio, gennaio- febbraio 2006)

Pensate che sia una sciagura? Vi dimostreremo che si tratta
di un'enorme ricchezza, se ben amministrata.

Prendete un etto di farina, aggiungete un po' d'acqua e impastate fino a ottenere una pasta collosa. Dividetela in tre parti uguali. Aggiungete alle prime due un pizzico di lievito e lasciatele riposare per mezz'ora. Avvolgete il primo impasto con un foglio d'alluminio, e ponete tutte e tre le parti sulla placca del forno acceso a 150°. Dopo 20 minuti sfornate: l'unico impasto commestibile sarà quello avvolto nell'alluminio.
Ebbene, per i vegetali l'argilla equivale alla farina: lasciata tal quale con sola acqua, il sole la cementifica rendendola indisponibile per le piante. Migliorandola con qualche ammendante (analogo al lievito di poc'anzi), risulta più a lungo disponibile. Infine, proteggendo la superficie con una pacciamatura (il foglio d'alluminio), la situazione diviene ottimale.
Certo, potreste anche lasciarla tal quale: esistono comunque alcune specie in grado di adattarsi a un terreno cosi inospitale, duro come sasso e crepacciato in estate, inzuppato e asfittico in inverno, ma se desiderate variare e concedervi qualche possibilità in più, sappiate che esistono accorgimenti per rendere vivibile la terra argillosa.
Mettete però in conto di fare un poco di fatica: questo tipo di suolo è di natura pesante, e vangarlo non è facile, richiede un grande sforzo. Eventualmente, munitevi di una motozappa che, soprattutto all'inizio, vi sarà di grande aiuto e vi alleggerirà buona parte del lavoro.

Un ambiente infernale

L’argilla è una componente del suolo costituita da numerosissime particelle molto piccole, che si addensano strettamente le une alle altre senza lasciare spazio alla circolazione dell'aria. Viceversa l'acqua vi penetra imbibendole rapidamente e in abbondanza, scacciando anche quel po' d'aria che potrebbe esservi penetrata. Ne consegue che il terreno diviene asfittico, per eccesso d'acqua e carenza d'aria.
Soccombono così subito le specie che necessitano di un substrato leggero e senza ristagni idrici, e in seconda battuta anche quelle meno rustiche che, d'inverno, si trovano per mesi con le radici avvolte da acqua ghiacciata.
In estate la situazione ambientale cambia radicalmente: il calore fa evaporare l'acqua e le particelle si asciugano "incollandosi" le une alle altre. A questo punto, non solo non passa l'aria, ma nemmeno le radici dei vegetali, che non possono allungarsi, sovente rimangono schiacciate nel blocco compatto o vengono strappate quando due blocchi si separano a formare un crepaccio. Se poi si allungano in superficie, la parte più asciutta, facilmente si seccano: tutte le specie ad apparato radicale superficiale non resistono alla prima estate calda in terra argillosa.

Le piante adatte

Eppure, dicevamo che alcune piante ben si adattano a questo ambiente inospitale: si tratta di specie che hanno sviluppato un sistema radicale di profondità, munito di numerosissime radici e radichette in grado di rigenerarsi velocemente. Qualche esempio? Il pero e il ranuncolo.
È vincente anche la radice a fittone, che si comporta come una trivella, spingendosi in profondità (anche a più di 1 m) per attingere a riserve idriche sotterranee, difficilmente prosciugabili anche durante l'estate (purché non sia come quella del 2003...).
Il percorso verticale, inoltre, le salvaguarda in una certa misura nei confronti dei crepacciamenti, che strappano soprattutto le radici orizzontali o inclinate. Appartengono a questa fortunata categoria le barbabietole, le cicorie, i lupini, il taràssaco e la consolida. In alternativa, una strategia intelligente messa a punto da alcuni vegetali consiste nell'attendere il momento più favorevole per lo sviluppo, vale a dire le stagioni di passaggio durante le quali l'acqua è abbondante ma non eccessiva: è il caso dei bulbi primaverili (tulipani botanici e coltivati, narcisi e gladioli spontanei e no ecc.), dell'Arum italicum, della Tussilago, tutte specie che vegetano fin quando il terreno è umido e vanno a riposo non appena si asciuga.
Al contrario, c'è chi considera come stagione sfavorevole l'inverno, proprio per l'eccesso di umidità: la piantaggine per esempio, seppur munita di radici profonde che le assicurano l'acqua in estate, per non soffocare in inverno perde spontaneamente buona parte dell'apparato radicale, mantenendo solo le porzioni superficiali vicine al colletto (che respirano di più data la vicinanza all'aria libera). Saranno sufficienti per riprodurre l'intera rete di radici a partire dalla primavera. Nel contempo, le radici morte apportano sostanza organica al terreno e liberano piccoli spazi ove può penetrare l'aria. Discorso simile per la dicentra, le primule e le pulmonarie: quando il suolo si asciuga, il fogliame si secca, sebbene la pianta non sia morta. Basteranno le piogge autunnali, unite all'abbassamento della temperatura, a riportarle in vita: non incaponitevi a bagnarle in estate, perché le indebolireste solo.


Un terreno da amare e correggere

Che optiate per specie resistenti di natura o per piante tolleranti, è buona norma preparare il terreno ad accoglierle. Come primo passo, dovete vangare in profondità il suolo, per decompattarlo, arieggiarlo e migliorarne il drenaggio. La vangatura va condotta secondo il metodo classico, procedendo all'indietro e da destra verso sinistra, scavando per tutta la lunghezza della vanga, senza rivoltare le zolle levate e versando il terriccio della prima trincea nella seconda e cosi via (il substrato dell'ultima trincea riempirà la prima).
Qualunque terreno andrebbe lavorato quando è "in tempera", cioè quando ha un grado di umidità tale da non rimanere impantanati ma da poter formare una pallina lavorando in mano un pochino di terra. Il consiglio vale ancor di più nel caso di un suolo argilloso, che d'inverno è fangoso e zuppo, d'estate duro e secco, all'inizio della primavera o al termine dell'autunno troppo freddo (a causa dell'elevato tenore idrico). Allora, gli unici momenti favorevoli alla vangatura (ma anche alla piantagione) sono dati dai mesi di aprile-maggio e settembre-ottobre.

Durante la lavorazione è consigliabile un apporto di "correttivi" naturali per migliorare la struttura del terreno (che tende comunque a ricompattarsi). Per esempio, aiuta una pala rasa di ghiaia calcarea di media grossezza (0,8-1 cm) aggiunta a ogni zolla prima di riportarla nella trincea; un'altra mezza pala può essere sparsa in superficie (penetrerà col tempo). Un secchio pieno è necessario al momento della piantagione, sul fondo della buca (che quindi dev'essere molto più profonda del pane di terra) per assicurare il drenaggio; un mezzo secchio va mescolato invece al substrato che userete per riempire la buca attorno alla pianta.
È utile anche l'apporto di compost o di letame maturo, se di provenienze sicure: spargeteli in superficie (perfetti per le aiuole di erbacee o nell'orto) e interrateli con una leggera zappettatura. Nelle buche d'impianto di alberi e arbusti, in mancanza dei precedenti potete usare terriccio di foglia o torba (un secchio sul fondo della buca sopra alla ghiaia di drenaggio).
Infine, la calce spenta - contenente molto calcare attivo - riesce ad agglomerare le particelle d'argilla in coaguli contenenti anche aria e acqua, migliorando di molto la situazione. Va incorporata durante la vangatura, in dose di 500 g/metro quadro, o in superficie zappettando, in dose dimezzata. Due sole avvertenze: non va impiegata se la terra dovrà accogliere piante acidofile (alcalinizza il suolo), né in contemporanea allo spargimento del letame (attendete un anno).

Accorgimenti di piantagione

Si è già accennato ai periodi migliori di piantagione. Precisiamo: i mesi primaverili sono perfetti per le piantine erbacee, il cui apparato radicale può più facilmente resistere all'aridità che non all'umidità prolungata. Invece per alberi e arbusti è meglio attendere l'autunno, sgranando il più possibile il pane di terra per allargare le radici nella buca: l'umidità susseguente farà il resto.
Per garantirvi al massimo nell'impianto delle specie legnose, la cui sostituzione in caso di esito negativo è sempre onerosa, scavate una buca grande il doppio rispetto al pane di terra, avendo cura di non rivoltare le zolle cavate. Ponete sul fondo la ghiaia, poi il secchio di letame o compost, poi aprite il pane di terra, posizionate l'albero o arbusto nella buca allargando le radici, quindi coprite con le zolle originarie spezzettandole solo nel momento in cui le reintegrate nella buca. Dopo la piantagione, pressate leggermente la terra attorno al piede: in autunno-inverno - specie se piove molto - non calpestatela mai più, piuttosto anticipate o rimandate le potature.

Consolatevi pensando che, se doveste effettuare uno spostamento importante, nei periodi favorevoli non fareste fatica: le radici si sfilano facilmente dal substrato senza strapparsi, e il pane di terra rimane ben coeso attorno al piede, riducendo le sofferenze per il vegetale.
Ugualmente, non pestate la terra delle aiole: conducete le operazioni dall'impianto alla raccolta o eliminazione camminando su un'asse poggiata nella zona di lavoro. Se proprio dovete passare sulla terra, appena finito lavoratela con un sarchiatore o un erpice nei primi 5-7 cm per favorirne l'aerazione.

Nelle stagioni estreme

Anche per le piante più adatte ai terreni argillosi, l'inverno e l'estate rimangono stagioni-limite, durante le quali si verifica sempre una certa sofferenza. Per mitigarla durante l'inverno, la soluzione sta nel drenaggio.
Se il vostro suolo si inzuppa gravemente e a lungo, e desiderate risolvere una volta per tutte il problema, dovete ricorrere a una ditta specializzata che ponga in opera in profondità i tubi di drenaggio attraverso tutto il giardino o le parti di esso più colpite. È necessario un progetto creato da un perito agrario o agronomo specializzati, perché bisogna valutare la pendenza, le posizioni dei tubi, i raccordi della canalizzazione, lo scolo all'esterno... In casi meno gravi, qualche piccolo rimedio fai-da-te esiste. Se il terreno ha una lieve pendenza naturale, scavate alcune scoline (fossatelli, solchi di scolo) larghi e profondi 5 cm, seguendo il verso del declivio.
Costruite aiole rialzate di circa 10 cm: il rialzo è dato da apporto di sabbia, terriccio e letame mescolati alla terra originaria. Conferite alle aiole una leggera pendenza in modo da poter tracciare leggeri solchi di scolo lungo i lati.
Non piantate in prossimità dei muri dell'edificio, dove più facilmente si verificano ristagni d'acqua:se proprio non volete rinunciare a un bel rampicante, inserite un tubo di drenaggio e optate per glicini, clematidi (Clematis viticella, C. jackmannii) e viti (Parthenocissus, Ampelopsis, Vitis coignetiae), più resistenti in situazioni ancor meno ottimali.
In estate invece va evitata la formazione della crosta superficiale che prelude al crepacciamento in profondità. Una sarchiatura o erpicatura o leggera zappettatura (fino a 5 cm di profondità) effettuate ogni 7-10 giorni rompono la crosta e arieggiano il substrato, predisponendolo ad accogliere e trattenere l'acqua d'irrigazione.
Oppure potete intervenire a monte, riducendo la quota di evaporazione idrica mediante uno spesso strato di pacciamatura con materiale organico: foglie, residui di sfalcio, compost, tutto va bene, purché sia morbido e acquoso. Ancora più a monte? Nelle aiole, piantate le erbacee molto fitte, in modo che siano loro stesse a coprire il suolo.

 

Vangare e faticare, ma poi arrivano le soddisfazioni

Se seguirete i nostri consigli con costanza, nel giro di 5-7 anni il terreno che accoglie le piante sarà migliorato al punto da ospitare proficuamente anche specie più delicate. E voi potrete andare orgogliosi del successo.

Qualche miglioramento del terreno è sempre necessario: basta qualche palata di compost o torba, da mescolare bene alla terra esistente. Dopo qualche anno di apporti, potrete ottenere un giardino ricco e sano, con salvie, nepeta, Geranium, viole, iris e clematidi.

 

 

Calce mille usi

La calce è una sostanza "correttiva" (che cioè corregge la natura chimica) del terreno. Essendo ricca di calcio, viene utilizzata in genere per innalzare il pH di un suolo troppo acido. Con questo intento si utilizza la calce spenta o calce idrata [Ca(OH)2], da spargere in autunno dopo le lavorazioni.
Se pennellata sulle parti legnose degli alberi da frutto riflette i raggi solari allontanando il rischio di scottature estive.
Favorisce una corretta fermentazione del compost e del letame (1 kg/metro cubo).
Sul tappeto erboso, sparsa sul muschio ne scoraggia la proliferazione (100 g/mq).
C'è chi la utilizza per segnare sul terreno o sull'erba le linee di piantagione o di scavo.
La calce viva (CaO) invece ha un buon potere antisettico e viene utilizzata come disinfettante spargendola sui resti di colture malate che vanno subito seppelliti.

 

 

Dopo la correzione

 

Una volta lavorata l'aiola e corretto il terreno, come primo anno potete coltivarvi piante annuali quali amaranti, celosie, nicotiane, zinnie, flox annuali, cosmee, malvoni, nigelle. Se le trapiantate, ponete sul fondo della buca uno strato di 2-3 cm di ghiaia e un pugno di terra di foglie. Oppure seminatele in piena terra dopo metà maggio, quando le condizioni sono ottimali.

Fra i campioni di resistenza la violacciocca
dà grandi soddisfazioni: fiorisce senza interruzione fino ai geli e si autorisemina ogni anno.

Piantate specie annuali al piede di alberi con apparato radicale denso: all'inizio il feltro di radici ruberebbe il nutrimento alle erbacee perenni. Meglio una buona pacciamatura fino al quinto anno dell'albero.


Gli alberi

Se abitate in una zona asciutta d'estate, scegliete Prunus, Pyrus e Malus da fiore (o da frutto), pini neri, ontani bianchi, carpini neri, roverelle, pioppi bianchi e tremuli, il sorbo montano e quello degli uccellatori, aceri pseudoplatani e platanoidi, alberi di Giuda. In aree fresche e umide, optate per abeti, cedri, farnie e roveri, salici, frassini, ornielli, carpini bianchi, ontani neri, pioppi neri, aceri negundo, betulle, tigli.
Il pero. Ama un terreno argilloso-siliceo o argilloso-calcareo. Produce fiori e frutti anche se esposto a nord, purché in un luogo non troppo ventoso. Resiste fino a -10 °C.
I salici. Amano i terreni ricchi d'acqua, tant'è vero che spesso si trovano lungo le rive dei fiumi. Fra i più "assetati", il salice piangente, ma tutti si trovano bene sull'argilla.
I sorbi. Più ingombrante (fino a 10 m d'altezza) quello montano, più contenuto (7-8 m) quello degli uccellatori, sono belli tutto l'anno.
Le betulle. Sopportano fino a -18°C e il ristagno idrico. Ha dimensioni più contenute B. jacquemontii (8-10 m d'altezza).
I tigli. Regalano la profumatissima fioritura di giugno e un'ombra densa in estate. Il più piccolo è Tilia cordata 'Erecta' che tocca "solo" i 12-15 m d'altezza.
L'acero pseudoplatano. Cresce rapidamente (max 5-6 m d'altezza, nelle varietà) e in primavera si ammanta di foglie rosate. Esistono anche varietà colonnari.

 

Gli arbusti

Buddleia


Nelle aree dalle estati secche, puntate su lonicere arbustive, coronilla, cotogno giapponese, forsizia, colutea, berberis, viburni, iperico. Fra i rampicanti i glicini. Per le zone con una certa umidità estiva, la scelta spazia fra deutzia, sambuco, kerria, filadelfi, weigela, abelia, spiree, lillà, Physocarpus, buddleia, Caryopteris. Fra i rampicanti, clematidi, passiflora, vite americana e canadese.

La buddleia. In fiore, fra giugno e agosto, attira miriadi di farfalle. Va piantata in pieno sole. Tende a espandersi in diametro (fino a 3 m): va regolata con la potatura in settembre, a sfioritura avvenuta.
Il filadelfo. I fiori candidi, semplici o doppi, hanno un profumo delicato e penetrante. Necessita di un ottimo drenaggio sul fondo della buca. Può vivere e fiorire anche a mezz'ombra.
L'iperico. Piantatelo a mezz'ombra per frenarne lo sviluppo esuberante, fornendogli un drenaggio perfetto. Perfetto per la terra argillosa, perché vuole umidità ma non durante l'estate.
I viburni. Tranne il laurotino, hanno tutti crescita rapida e possono divenire ingombranti. Si trovano meglio in pieno sole. Curate il drenaggio.
Le spiree. Quelle bianche sono esuberanti e rapide nella crescita, quelle rosa più lente e contenute. Sopportano freddo, caldo, aridità, purché pacciamate al piede.


Le erbacce e i bulbi

Hemerocallis




Dove l'estate è arida, contate su acànto, aconito, asfodeli, euforbie, peonie, emerocallis. Fra i bulbi, Eranthis hyemalis, tulipani botanici, narcisi, gladioli, iris, Allium. Se la terra in estate rimane umida, provate anemoni, brunnera, hosta, rudbeckia, rabarbaro, consolida (Symphitum). Tra le bulbose, crochi, colchici, crocosmia, bucaneve, giacinti, camassia, Leucojum aestivum.
L'emerocallis. Vive "di niente": piantatela in una buca ben drenata, poi fiorirà ogni anno da sola, senza aiuti d'alcun genere.
Le peonie. Le peonie erbacee, una volta curato il drenaggio all'impianto, rinascono e fioriscono tutte le primavere. Pacciamate bene la base in estate.
La deutzia. Affonda le radici In profondità, in cerca d'acqua. Vuole sole e una posizione riparata, con pacciamatura al piede d'inverno.
I narcisi. Amano (tranne le giunchiglie) i suoli pesanti e compatti, soprattutto le varietà a fiori grandi. Il drenaggio però dev'essere buono, senza ristagni.
Il glicine. Con le sue profondissime radici non teme la siccità o il suolo asfittico, solo il freddo gli fa paura (max -5°C).
Gli ibischi. Soprattutto Hibiscus moscheutos (ibisco di palude) è a suo agio sull'argilla (non correggetela con la calce), con un buon drenaggio. Ama la mezz'ombra.


Con beneficio d'inventario


Le rose sono per antonomasia arbusti da terreno argilloso. La nomea è senz'altro valida, ma con qualche distinguo. Il suolo ricco d'argilla rimane comunque un fattore limitante, soprattutto per piante apprezzate per i fiori. Se desiderate esemplari fioriferi, robusti e sani, scegliete varietà il più possibile vigorose e resistenti alle malattie; in caso contrario, l'ambiente difficile deprimerebbe la fioritura e faciliterebbe l'insorgere di malattie.

Altre specie, normalmente resistenti su terreni argillosi, nelle annate particolarmente secche si ammalano con facilità di oidio: è il caso di flox, astri, verbene, petunie/surfinie. Non trattatele con antioidici: non servirebbero, perché l'aridità atmosferica altera senza rimedio la fisiologia del vegetale. Meglio eliminarle e sostituirle con altro.

 

 

 

Il lillà.

Il lillà (Syringa vulgaris) ama un terreno fertile tendente all'argilloso e moderatamente calcareo, grazie alle radici molto numerose e dense. In autunno favoritelo con una pacciamatura di letame maturo. Preferisce il pieno sole (all'ombra non fiorisce) e resiste fino a-10°C.