CONSIGLI
PER SEMINARE E PIANTARE IRIS
di Maurice Boussard
a cura di Mariangela Barbiero
La semina
I semi di Iris vanno in genere seminati in autunno
per farli germinare la primavera successiva. Per anticipare
la germinazione è opportuno lasciare i semi in ammollo in acqua
tiepida per 1-2 giorni. Sembra infatti che il freddo invernale
sia necessario per rimuovere la dormienza.
La semina va pertanto realizzata in settembre-ottobre, in un
vaso riempito con substrato neutro ma ben drenante (i giovani
semi temono l’umidità stagnante), che deve essere
mantenuto leggermente ma costantemente umido. ). I semi, che
hanno solitamente una lunga vitalità (da un minimo di
5 anni fino a 20) vanno ricoperti da uno strato sottilissimo
(pari al loro spessore). I vasi così preparati vanno
poi interrati fino al bordo, preferibilmente in un cassone
freddo per proteggerli dagli sbalzi climatici (una pioggia
troppo forte potrebbe farli sprofondare e forti gelate potrebbero
farli riaffiorare; la neve invece non risulta affatto dannosa.
Gli iris prediligono terreni calcarei,
ad eccezione di alcune specie (Evansia, Sibirica, Laevigata) che preferiscono un suolo umido, neutro o leggermente acido. I.
ensata, laevigata, primatica, verna, ecc. sono decisamente
calcifughe e prosperano solo in terreni molto acidi, come la
terra di brughiera. Tranne qualche
eccezione (I. foetidissima, alcune specie di Evansia e
Californica), gli iris sono piante eliofile (amanti
del sole).
I semi di talune iris hanno una germinazione lenta e capricciosa.
E’ il caso di molte bulbose (Juno, Reticulata, Xiphiun)
che spesso germinano solo alla seconda stagione dopo la semina
(se seminate ad esempio nell’autunno del 1996 germineranno
soltanto nella primavera del 1998). È il caso soprattutto
delle "Arillate" (Oncocyclus e
Regelia), il cui nome deriva dalla grande caruncola
bianca (arillo) che
orna
i semi, i quali germinano da 2 a 5 anni dopo la semina. La
germinazione può essere accelerata ricorrendo alla embriocoltura,
tecnica di attuazione alquanto problematica. Le Iris spuria,
per contro, germinano solitamente l’autunno successivo
alla semina. Si consiglia quindi di essere molto pazienti e
di aspettare almeno 3 stagioni prima di considerare fallimentare
la semina e sbarazzarsi del vaso incriminato.
Talune specie, poco o niente rustiche, vanno seminate (e coltivate)
al riparo dal gelo, come è il caso delle I. confusa,
wattii, hexagona, palaestina...
I semi ottenuti per ibridazione vanno seminati allo stesso
modo, sebbene alcuni ibridatori eseguano tale operazione a
maturazione avvenuta (in agosto). I semi vengono ripicchettati
non appena sono sufficientemente robusti da poter essere manipolati
senza danno (con 3-4 foglie, ovvero da 3 a 6 mesi dopo la germinazione)
e messi a dimora definitiva in posizione e terreno confacenti.
Alcune specie richiedono terreno umido tutto l’anno o
in parte (I. ensata, setosa, latifolia, sibirica ... ), e alcune
sono decisamente acquatiche (I. laeviqata).
La fioritura ha luogo generalmente 2 anni dopo la germinazione,
raramente prima (I. dichotoma, alcune Evansia), spesso addirittura
più tardi (3-4 anni per le Spuria, 4-6 anni per le bulbose).
Anche in questo caso conviene armarsi di pazienza che è,
si dice, una delle virtù cardinali del (buon) giardiniere.
Divisione
e trapianto
Si
elencano di seguito le principali Sezioni, ma bisogna ricordarsi
che in linea di massima gli iris per prosperare e fiorire
richiedono posizione soleggiata (almeno per metà giornata)
e terreno ben drenato, altrimenti si avranno molte foglie,
pochi o niente fiori e rischi più elevati di marciumi.
Temono inoltre ogni eccesso d’azoto, particolarmente
sotto forma organica (niente letame).
Iris
barbate o iris dei giardini: Pogoniris e
ibridi Pogoregeliocyclus
Il rizoma va posato sul terreno e non interrato, poiché la
parte superiore, quella dalla quale partiranno le foglie, deve
essere esposta al sole. A tale scopo si scava una trincea della
profondità di 10-15 cm, al centro della
quale si crea un monticello di forma triangolare
con la cima
a filo del
piano di campagna, sulla quale va appoggiato
il rizoma. Le radici,
disposte simmetricamente ai due lati del rizoma,
scenderanno lungo i versanti del monticello.
Riempire la buchetta
e annaffiarla bene. Queste Iris sono
calcicole (in terreno acido, aggiungere calce
o dolomia). Vanno
divise e trapiantate ogni
3-4 anni,
tagliando i rizomi e scegliendo i getti periferici,
in quanto più vigorosi. Periodo migliore:
da giugno a settembre, mai in primavera, pena
la mancata
fioritura.
Le "Arillate", Oncocyclus e Regelia,
sono più delicate.
Se le prime si possono sperimentare in un terreno
che in estate si asciuga presto e bene, le
seconde esigono
un terreno
caldo
e molto asciutto da giugno a novembre, il che
restringe la loro coltivazione alle sole regioni
mediterranee.
Evansia o
Iris crestate
Alcune
sono rustiche e possono essere coltivate come le iris barbate
(I. milesii, tectorum), o in terreno acido e a
mezz’ombra
(nel sottobosco come le I. crestata, gracilipes).
Altre invece sono più delicate (I. confusa, japonica,
wattii), fioriscono molto precocemente e non sopportano
che brevi gelate. Per contro si moltiplicano molto velocemente
per emissione di stoloni. |
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Apogon o Iris non barbate
Di questo gruppo vasto ed eterogeneo, saranno trattate sole
le Sezioni principali
Le Spuria, interessanti per la
fioritura che prolunga quella delle iris barbate, sono
molto rustiche
e tanto più fiorifere
quanto più il cespo è vecchio. Vanno
perciò divise solo ogni 8-10 anni. I rizomi, fibrosi,
si collocano, in terreno da neutro a mediamente calcareo, a
una profondità di 8-10 cm e quindi copiosamente annaffiati.
Il periodo migliore per la messa a dimora o il trapianto è inizio
autunno, epoca in cui appaiono le nuove radici. Di norma fioriscono
il secondo anno dopo l’impianto.
Le Sibirica si trattano come le Spuria,
in terreno né troppo
calcareo né troppo secco in estate. Interessanti
per i piccoli giardini ai quali ben si conviene il loro
portamento
fine e slanciato.
I.
pseudacorus, versicolor e virginica,
appartenenti alla serie delle Laevigatae,
vanno coltivate come le Sibirica. Per contro,
le due specie asiatiche, I. ensata (ad esempio kaempferi,
detta Iris del Giappone) e laevigata,
quantunque molto rustiche, detestano il calcare
e richiedono
più umidità, le I. laevigata infatti
sono piante acquatiche (attenzione, l’acqua
non deve essere calcarea). Le stesse considerazioni
valgono per I. setosa, la più nordica
(originaria di Siberia e Alaska).
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Le Hexagonae,
americane, sono anch’esse molto belle ma sfortunatamente
poco rustiche al nord della Loira, ad eccezione di varietà di I. brevicaulis
(foliosa) e
di I. fulva (l’unica
iris botanica "rossa" conosciuta). Adatte
a terreni umidi e ricchi di sostanza organica (letame)
in quanto particolarmente ghiotte. Sono stati prodotti
magnifici ibridi, denominati "Louisiana". |
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Pure americane, le Californicae (Pacifica) prosperano
in terreni acidi e ghiaiosi, molto
drenanti, a mezz’ombra. Molto
graziose, sia per il fogliame persistente
che per i fiori dalle forme e dai colori attraenti.
E’ preferibile coltivarle
da seme poiché mal sopportano il trapianto.
Restano
da menzionare alcune ‘isolate’ di
questo gruppo, belle e facili da curare:
I. foetidissima,
dal bel fogliame lucido e persistente, è soprattutto
interessante per i grossi semi arancio vivo ben in mostra nelle
capsule semispalancate (usate in composizioni di fiori secchi).
L’unico iris coltivabile in ombra totale, anche
in terreni poveri e secchi.
I. lactea, largamente diffusa
in tutta l’Asia orientale, e la sua cugina
americana (almeno sul piano colturale), I. missouriensis,
presentano graziosi fiori bianchi, con striature violette (o, se volete,
l’inverso). Sono
di facile coltivazione e vanno trattate come le Spuria menzionate
più sopra.
E infine I. unguicularis (sin. stylosa),
detta anche iris d’Algeria,
ha una lunga fioritura invernale (novembre-marzo), preferisce un
terreno calcareo, posizione soleggiata e asciutta, al riparo dai
grandi freddi
(ai piedi di un
muro a sud può resistere fino a -15°C). Sopporta male il trapianto,
che va effettuato in autunno quando, grazie alle piogge e alle temperature
più fresche, dai rizomi spuntano nuove radici. E’ questo
anche il momento di accorciare senza tema di danni le lunghe e
rade foglie sempreverdi
per meglio apprezzare la futura fioritura.
Iris bulbose
Concludiamo
con le iris bulbose - Juno, Reticulata, Xiphium – tutte
per terreni calcarei, idonee a estati lunghe, calde e secche,
che vedono sparire
il loro fogliame (cfr. le sopraccitate Arillate). Alcune
sono sufficientemente accomodanti per resistere senza particolari
cure, in terreni ben
drenati in pieno sole. È il caso delle Juno I. bucharica,
cycloglossa, magnifica, vicaria,
delle Reticulata: bakeriana,
danfordiae, histrioïdes, reticulata,
e delle diverse varietà di I. xiphium. Con 2 eccezioni:
I. winogradowii (Reticulata, difficile da trovare e di valore inestimabile)
e latifolia (sin.
xiphioides, l’iris dei Pirenei francesi). Sono rustiche ma
necessitano di terreno non calcareo e umido tutto l’anno.
E’ inoltre
importante fare attenzione alle lunghe e carnose radici persistenti
delle Juno, che
si spezzano facilmente manipolando i bulbi.
Così coltivati,
gli iris sono di solito poco soggetti alle malattie, anche
se alcune crittogame provocano macchie deturpanti al fogliame.
I marciumi
sono sempre segno di troppa umidità (terreno mal drenato,
posizione ombrosa, concime non decomposto). Vanno temute invece
le virosi, caratterizzate
dalla comparsa di striature e macchie giallastre sulle foglie
e dall’indebolimento
complessivo della pianta. L’unico rimedio è l’eliminazione
e distruzione della pianta (che va interamente bruciata) per
limitare i rischi di contagio (via afidi). La clorosi (l’ingiallimento
delle foglie) minaccia le iris calcifughe coltivate in terreno
calcareo
e/o annaffiate
con acqua calcarea.
E ora “Buon lavoro e buona fortuna”!
Questo
articolo è tratto dal sito www.iris-bulbeuses.org/bulletin/136-14.htm della
Société Française des Iris et des plantes
Bulbeuses (SFIB).
Traduzione di M.A. Barbiero e Valentina Barani.
Alcune delle foto sono tratte da "Il grande
libro degli iris"
di
Marie-Cécile
Tomasina
e
Olivier
Laurent,
De
Vecchi editore. |