LA RIPRODUZIONE DELLA ROSA
a cura di Romeo Comunello



Riproduzione gamica: è il procedimento naturale, cioè la moltiplicazione tramite la fecondazione della parte femminile del fiore (pistillo) da parte del polline emesso dagli stami che possono far parte dello stesso fiore (autofecondazione) o anche di fiori appartenenti ad altre piante della stessa specie ma di varietà diversa (fecondazione incrociata). Si tratta quindi di riproduzione sessuale, il materiale che viene utilizzato per ottenere nuove piante è il seme.

Per ottenere rose botaniche o per portainnesto è sufficiente utilizzare i semi dei cinòrrodi raccolti alla fine dell’autunno. Dopo averli ripuliti dalla polpa, i semi vanno posti in contenitori con un terriccio leggero, appena coperti da uno strato di sabbia grezza, non di mare; vanno lasciati in un luogo dove possano subire il freddo dell’inverno, comunque al riparo dal vento, curando che il terriccio non si secchi ma rimanga leggermente umido; per far ciò si può coprire il contenitore con foglie. Se le semine sono fatte in vassoi, vasche ecc., dopo l’avvenuta nascita delle piantine (di solito da aprile ai primi di giugno), si procederà a una ripicchettatura in vasi o a dimora, in terreno preparato dove, volendo, al momento giusto si procederà all’innesto. Cercare di ottenere rose ibride in proprio non è molto facile ma neanche impossibile. Si tratta di incrociare rose della stessa varietà (ibridazione intervarietale), per esempio dall’incrocio di 'Ambassador' con 'Mme Meilland' nel 1982 fu ottenuta la 'Princesse de Monaco'.

Si possono fare anche ibridazioni tra rose di specie diverse (ibrido interspecie), per esempio la rosa 'Félicité et Perpétue' ebbe origine da R.sempervirens x 'Old Blush', in Francia nel 1828. Certamente l’ottenimento di nuove rose oggi è riservato a tecnici ibridatori e a genetisti supportati da moderne strutture ma volendo, nel nostro piccolo, si può cercare di ottenere la soddisfazione di avere una rosa fatta da noi, quindi unica. In primavera scegliamo due rose per il nostro scopo, una ci fornirà il polline, l’altra, prima della sua completa apertura, perché non avvengano fecondazioni indesiderate, verrà privata di tutti i petali e di tutti gli stami (emasculazione). Ciò che rimane del fiore, ovviamente i soli pistilli, la parte femminile, verrà coperta da un sacchettino di carta e dopo un paio di giorni (tempo di maturazione) si applicherà il polline dell’altra rosa sui pistilli, tramite un pennellino o prelevando parte degli stami stessi. Questa operazione si può ripetere due o tre volte nei giorni successivi, sempre ricoprendo con il sacchettino fissandolo con una leggera legatura. Se dopo una quindicina di giorni il cinòrrodo comincerà ad ingrossarsi, vorrà dire che il primo passo è andato a buon fine. In autunno, dopo aver raccolto la nostra bacca, potremmo tentare di seminare subito lasciando fare alla natura, come nel caso delle rose portainnesto, oppure dopo aver selezionato i semi, lavati in acqua con l’1% di ipoclorito di sodio, verranno messi nella parte bassa del frigo, quella delle verdure. I semi, messi in piccoli contenitori, vanno ogni tanto controllati per evitare che sviluppino muffe e venga mantenuto un minimo di umidità. La semina va fatta a fine febbraio in contenitori, con modalità uguale a quella delle rose portainnesto.

Riproduzione agamica: in questo caso per ottenere altre rose si utilizzano porzioni di pianta, a seconda della tecnica usata: l’innesto, la talea, la propaggine e la micropropagazione (o coltura meristematica).

Riproduzione per talea: già gli antichi conoscevano questo sistema di propagazione delle piante, inizialmente per divisione delle ceppaie, successivamente con porzioni di rami e radici. Già Plinio il Vecchio aveva osservato che le rose propagate con porzioni di rami andavano in fioritura prima di quelle seminate e anche così facendo si potevano moltiplicare quelle con fiori più interessanti. Nella rosa si possono applicare varie tecniche per ottenere piante da talee.

- Talea di legno duro: è la classica talea che si ottiene da rami maturati al sole d’agosto, prelevati a fine autunno, non devono avere rametti laterali. Le foglie, se presenti, vanno tagliate e non strappate. Le talee lunghe da 20 a 30 cm, si ricavano tagliando accuratamente sotto ad una gemma, includendo almeno due gemme nella parte mediana dello stelo. Va interrata per due terzi con una gemma all’aria e una a filo del terreno; in questo tipo di talea non servono ormoni radicanti. La fase vegetativa dovrebbe riprendere alla fine dell’inverno.

- Talea di legno giovane: rispetto alla precedente, viene prelevata in fase vegetativa, nel corso dell’estate. Si usa sempre una porzione di ramo da cui si elimina la parte più tenera, erbacea. Le foglie vanno tagliate lasciando nella parte apicale una o due fogliole per favorire l’attività fotosintetica. Questo tipo di talea può avvantaggiarsi dall’uso di ormoni per stimolare la radicazione, da una protezione che mantenga un alto livello di umidità e da un terriccio molto drenante.

- Talea erbacea o apicale: si usa la parte più giovane del ramo. Non è facile da coltivare ma sembra essere certe volte l’unico modo per propagare rose “difficili”. Si prelevano le cime dei germogli, lunghe una decina di cm, eliminando eventuali boccioli o fiori, si lasciano almeno un paio di fogliole e si fa uso di ormoni radicali per talee erbacee. Questo tipo di talee può essere messo a radicare in blocchetti di torba pressata o materiale simile. E’ importante che vengano protette contro la disidratazione, sarebbe anche utile avvalersi di una base riscaldata a 21° per una veloce formazione del callo radicale.

- Talea di radici: non è una tecnica nota ma per mia esperienza, con le rose che emettono polloni come le gallica, centifolia ecc. trovo sia il miglior sistema. Oltre ad utilizzare il pollone con una porzione di radice, praticamente una talea già radicata, si possono prelevare porzioni di 10 cm circa dalla radice che portava il pollone stesso. I pezzi di radice vanno trattati come le talee di ramo rispettando la polarità; radicano facilmente ed emettono nuovi germogli.

Radicante per talee: l’esatta definizione chimica è “acido naftilacetico”, è un fitoregolatore e trova impiego nei fruttiferi come allegante per il pero, anticascola per il melo, pesco, ecc. Con dosaggi molto bassi è usato per stimolare la produzione di radici nelle talee. I formulati in commercio possono essere liquidi o in polvere addizionati a talco. I dosaggi bassi sono indicati per le talee erbacee. E’ bene sapere che questo prodotto non è un “toccasana” e non farà il miracolo di far emettere radici ad uno stelo o ad un rametto che non abbia i requisiti per lo scopo. In talee prelevate da piante sane e al momento giusto l’uso degli additivi ormonali è praticamente inutile. La concentrazione dell’ormone per radicamento per le talee legnose è di solito quattro volte superiore di quella per le erbacee. Questo tipo di prodotto non è utile per talea di foglia ne per talea di radici. Al momento dell’uso far aderire un velo di polverina nella sola superficie del taglio, dove può venir assorbito. Invece troppo ormone esteso anche sulla corteccia potrebbe intossicare i giovani peluzzi radicali. Per le talee apicali ed erbacee in genere è consigliabile usare formulati liquidi o da sciogliere in acqua, in cui immergere le talee per 12-24 ore.

Riproduzione per propaggine: una tecnica non molto usata che si può applicare su rose con rami flessibili che piegati fino al suolo vanno ricoperti di terra, dopo aver praticato un’incisione e fermati con un archetto di ferro. Dopo una stagione vegetativa, cioè fine autunno o anche fine inverno, si può controllare l’effettiva radicazione del ramo e dopo averlo reciso dalla pianta madre, trapiantarlo altrove. Alcune varietà di rose, come le coprisuolo, se lasciate a se stesse possono emettere radici spontaneamente dai rami posati sul terreno.

Micropropagazione o riproduzione meristematica: è una tecnica che ha trovato grande sviluppo in questi ultimi anni. Consiste nel prelevare una piccola porzione di tessuto che viene posta e fatta crescere in ambiente artificiale; a sviluppo avvenuto, si otterranno piante identiche alla madre. Si parla in questo caso di “coltura di tessuto”. La coltura meristematica, nel caso della rosa, può essere usata per moltiplicare varietà rare e in pericolo di estinzione, ma soprattutto per produrre portainnesti esenti da virus. Questo avviene prelevando piccolissime porzioni di tessuto da apici vegetativi di piante trattate con la termoterapia. In condizioni particolari di luminosità, di temperatura e di umidità in laboratorio, gli apici vegetativi della rosa crescono velocemente, gli eventuali virus presenti vengono inibiti e/o si replicano molto lentamente. Il meristema per la sua caratteristica di tessuto in continua ed attiva proliferazione non viene infettato dai virus. Ciò permette di prelevare porzioni di tessuto (0,2-0,5mm) sicuramente sano. Le fasi successive sono lo sviluppo la radicazione e l’acclimatazione prima di poter utilizzare la nuova pianta.

Propagazione per innesto: è la tecnica più diffusa per la propagazione agamica di molte piante. Essa consiste nell’unire due porzioni differenti per formare un unico individuo. Una fornirà l’apparato radicale (portainnesto/soggetto), l’altra la parte epigèa (nesto/oggetto/marza). Esistono molte tecniche di innesto, a seconda del tipo di pianta e del momento vegetativo. Nella rosa è praticato quello “a gemma“ o “a scudetto”. In una rosa portainnesto ( R.laxa, R.canina ecc.) nata da seme, con diametro non inferiore a quello di una matita alla base dei rametti, si pratica un’incisione a T dritto nello spazio tra i rami e le radici. Con la punta della lama usata per l’incisione, si scostano i due lembi di corteccia che con il taglio a T avremmo ottenuto. Si procede quindi a prelevare la gemma della rosa che ci interessa riprodurre, dopo aver tagliato la foglia che la protegge, lasciando un picciolo di una decina di mm. Si opera inserendo la lama, che deve essere ben affilata, più in basso di 5-10 mm dalla gemma. Il coltello deve essere fatto scivolare sotto la gemma senza ledere la stessa, ma anche senza asportare troppo legno, in un movimento di taglio verso l’alto, lasciando una coda di corteccia di un paio di cm oltre la gemma. Prendendo lo scudetto per il picciolo lasciato, lo si inserisce tra i lembi di corteccia sollevati e spingendo contemporaneamente sulla codina lo si sistemerà in fondo all’incisione verticale. Si recide quindi, in corrispondenza dell’incisione orizzontale, la codina sovrabbondante e si passa alla legatura dell’innesto con materiale idoneo. Se tutto va bene, dopo una decina di giorni, la gemma è già saldata al portainnesto. Se si è innestato a fine estate si parla di gemma dormiente, se si è operato a fine inverno si tratterà di gemma vegetante e il suo sviluppo si avrà nella stessa stagione.