C'ERA
UNA VOLTA ALLA BUGA...
Testo e foto di Giorgina Poglio
(da Gardenia, settembre 1999)
Dopo
cinque anni torna la più famosa mostra di giardinaggio
tedesca, nello scenario di un parco nuovissimo sia per concezione
che per realizzazione. Un parco che ha riportato alla vita una
delle aree più degradate e povere dell'ex-Germania dell'Est.
Questa
è una favola contemporanea dal titolo difficile da pronunciare:
"Bundesgartenschau '99 - Magdeburg". In tedesco
vuoi dire "mostra nazionale di giardinaggio"
(abbreviato, Buga); le cifre sono quelle dell'anno che
chiude il secolo; Magdeburgo è la città di 275.000
abitanti a 130 chilometri da Berlino con un passato prossimo
da dimenticare: prima i bombardamenti a tappeto che l'hanno
rasa al suolo, poi il regime sovietico.
La favola inizia nel 1991, con il ritiro delle truppe dal territorio
della ex-Germania dell'Est. Tra il fiume Elba e l'Herrenkrugpark,
un vastissimo parco storico al quale nell'Ottocento lavorò
il paesaggista Peter Joseph Lenné, a est di Magdeburgo,
rimaneva una landa desolata di 200 ettari delimitata da un muro
e degradata dall'uso militare, da caserme fatiscenti e contaminate
dall'amianto, da porcilaie e macerie trasportate lì dal
centro urbano al tempo della ricostruzione postbellica. E, sul
limite, la sconfinata discarica di rifiuti Cracauer Anger, 40
ettari maleodoranti e impossibili ormai da gestire.
Nel 1992 la regione Sassonia-Anhalt, di cui Magdeburgo
è capoluogo, decide di indire un concorso di urbanistica
e paesaggismo per la sistemazione di tutta l'area. Nel 1993
prende forma l'idea di collegare la riconversione a una delle
manifestazioni nazionali tedesche di maggiore successo popolare,
la Buga, mostra di giardinaggio quinquennale
organizzata a turno nelle città della Germania (l'ultima
è avvenuta a Stoccarda nel 1994, questa
in svolgimento è la 25° edizione).
Al
vincitore e ai secondi classificati del concorso per il riassetto
del verde, i paesaggisti Helmut Ernst, Christoph Heckel
e Axel Lohrer, viene tempestivamente assegnato il compito
di disegnare i piani particolareggiati e, nell'estate del 1996,
di sovrintendere alle demolizioni e ai movimenti di terra. Già
nell'autunno di quell'anno può avere inizio la piantagione
di migliaia di alberi e, assieme all'Elbaunepark (Parco
dei prati dell'Elba) - nome con cui quest'area verde rimarrà
in uso agli abitanti - si sviluppa l'economia di una città
in ginocchio da mezzo secolo. La disoccupazione, che con il
suo 28% era la più alta dell'ex-Germania dell'Est, scende
al 20% grazie all'utilizzo come maestranze di 500 disoccupati
e all'assegnazione del 70% delle forniture a ditte locali.
L'Unione Europea crede nel progetto, lo finanzia per
metà, chiedendo in cambio che l'area venga vincolata
a verde per almeno 10 anni. La comunità si muove, crea
alberghi e infrastrutture, sul luogo risana le costruzioni ancora
utilizzabili per ospitare un centro amministrativo, un'istituzione
parauniversitaria, un insediamento abitativo ecologico e gli
impianti della fiera regionale. Intanto dalla discarica inizia
lo sfruttamento dei gas, una fonte energetica in più
per la popolazione.
In meno di tre anni, un tempo record, il parco con i suoi laghi,
le sue scarpate fiorite, i suoi
giardini di perenni, i suoi viali alberati è pronto,
ma tutti attendono l'inaugurazione della Buga, il 23
aprile di quest'anno, per dire che la rinascita è avvenuta.
Dalla scorsa primavera al prossimo autunno Magdeburgo diventa
così la capitale europea del giardinaggio, come un'altra
città tedesca, Weimar, lo è della cultura.
Milioni di fiori annuali, per una superficie complessiva di
11.000 metri quadrati, sottolineano l'atmosfera di Volkfest,
di festa popolare della resurrezione. Le macchie di colore cancellano
dalla coscienza tedesca le macchie dell'infamia di decenni.
I visitatori entrano tra le onde sgargianti, leggono sui cartellini
i nomi delle nuove varietà presentate qui per la prima
volta, prendono appunti per le fioriture dei loro giardini nei
prossimi anni. Qualche esperto ha commentato che questo modo
dprogettare aiuole è innovativo e "aggressivo",
inaugura uno stile imperioso di accostare i colori, diinterrompere
il tappeto erboso fuori da ogni schema e predice allo Stile
"Buga di Magdeburgo" un seguito in tutta Europa.
I bambini corrono
sui prati sconfinati, si arrampicano sulle pareti da free
climbing e sulle strutture di legno dei giochi a loro destinati,
si buttano sotto i getti d'acqua, improvvisano partite di beach
volley, di calcio e di tennis nel settore dedicato allo
sport nel verde, mentre i loro genitori ritrovano senza vergogna
la dimensione ludica dell'esistenza dondolandosi sulle altalene,
risalendo su un curioso impianto di bob le pendici di una mostruosa
collina di rifiuti che il risanamento ha vestito a perdita d'occhio
di
camomilla, papaveri e fiordalisi.
Dalla cima della collina si domina l'intero parco, diviso in
due da una strada a quattro corsie, ma mantenuto unito da un
leggerissimo ponte pedonale di acciaio quasi invisibile. In
fondo, lo sguardo incontra la torre conica alta 60 metri, simile
a una moderna torre di Babele, attorno alla quale si avvolge
un camminamento a spirale di legno, e poi l'Angersee, il lago
più esteso del parco, alimentato dalle acque dell'Elba.
Il fiume è lì accanto a poche decine di metri,
ma nascosto da una solida quinta di vegetazione.
Prati,
alberi e fiori seguono un andamento non uniforme. I progettisti
hanno cercato piuttosto i contrasti, la sorpresa dietro a ogni
angolo, la bellezza duratura invece che la spettacolarità
per
una manifestazione nazionale di sei mesi. Ci sono le zone dei
piccoli giardini a tema, c'è un imparaticcio dei campi,
con le tipiche colture agricole, c'è il roseto, mimetizzata
tra gli alberi c'è persino una zona di verde cimiteriale.
Per nulla intimorita dal significato, la gente va a sedersi
accanto a finte tombe terragne con lapidi che riportano finti
nomi di persone e finte date di nascita e di morte. Veri
sono solo gli arbusti e i fiori, tutti meticolosamente governati
sopra ai misurati rettangoli di sepoltura. Quando si è
osservato e meditato, si ripensa alla vita, e via ai padiglioni
nel verde dai quali trasmettono radio e televisione nazionali,
a visitare le esposizioni di fucsie e di piante in vaso o a
compiere un giro a volo di uccello a bordo dell'avveniristico
trenino sospeso che consente anche a chi non ha buone gambe
di visitare tutto il parco. Solo un settore rimane fuori dalla
festa, sullimite
nord-est. Ovunque le draghe hanno colmato e scavato, le mani
dei giardinieri hanno piantato e seminato, i progettisti sono
riusciti a cancellare dalla memoria degli abitanti di Magdeburgo
il degrado e l'onta.
Ma in questa zona il silenzio, la poesia e il ricordo prendono
il sopravvento su tutto.Era l'area del poligono di tiro dei
soldati dell'Armata Rossa, una serie di terrapieni boschivi,
paralleli, che non sono stati toccati. Ma tra l'uno e l'altro,
nei corridoi lunghi 400 metri e larghi una decina denominati
"labirinti", la mano lieve del paesaggista li ha ripensati
per creare situazioni di magia pura. In uno, le annose robinie
dei terrapieni si riflettono in una vasca d'acqua che si perde
quasi nell'infinito; in un altro, un prato erboso verdissimo,
delimitato da un sottile cordolo di pietra, ospita monoliti
di arenaria: muri del tempo di pace. In un altro ancora le felci
formano un rigoglioso tappeto che termina in una spruzzata di
bergenie e nella pavimentazione di pietra. Invece degli spari,
ora si odono di tanto in tanto le ovattate esclamazioni di gioia
dei bambini che frequentano i giochi d'avventura in legno, belli
come sculture, a cavallo del primo terrapieno, e le esclamazioni
di meraviglia di chi, camminando nei passaggi tagliati tra un
dosso e l'altro, all'improvviso si trova nella radura del "Giardino
del paradiso" con le sue mille invenzioni. Proseguendo
sull'argine di confine del parco, sopraelevato rispetto ai terrapieni,
si scorge infine il lembo di campagna di Magdeburgo che è
rimasto com'era. Un artista ha installato nel fieno una gigantesca
scritta gialla: "Das, was nie sein wird". "Ciò
che mai sarà", qui ora c'è ed è di
tutti, è un'utopia realizzata.
Un
interessante esempio di attenzione ai piccoli giardinieri è
"II giardino dei bambini", nel quale laghetto, orto,
aiuola, siepi e persino un labirinto di salici sono costruiti
a misura del loro utilizzo.
E'
opera di Corinna Clewing, studentessa in architettura
del paesaggio, il "Giardino del paradiso",
molto articolato e pieno di invenzioni, come la cascata
in acciaio alla quale i visitatori vanno a rinfrescarsi.
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I
Labirinti sorti nell'ex-poligono di tiro dell'Armata Rossa
I
terrapieni non sono stati toccati, ma negli stretti corridoi
tra l'uno e l'altro il paesaggista, con mano lieve, ha saputo
ricreare situazioni di pura poesia.
Un
angolo marginale dedicato ai fiori capaci di crescere nei giardini
aridi e soleggiati (crisantemi, Erigeron, Alyssum, piccole piante
alpine da roccaglia...).
DAL
MURO AI MURI
L'ossessione
del paesaggista tedesco contemporaneo sono i muri e, se la psicanalisi
si occupasse di lui, non sbaglierebbe di molto affermando che
i muri della Buga '99 rappresentano la catartica versione del
vergognoso sbarramento alto 4 metri che ha diviso la Germania
dall'agosto 1961 al novembre 1989 e di quello plumbeo, istoriato
di scritte russe a caratteri cubitali, che ha nascosto alla
vista la zona militare di Magdeburgo sino al giorno cui sono
iniziati i lavori dell'Elbauenpark.
Sono muri creativi sino all'inverosimile quando sfruttano
materiali e modi destinati ad altre opere dell'uomo (lastre
di perspex e paratie di ferro imbullonate nella terra, multiformi
"scogliere" di calcestruzzo sin dentro il lago), positivi
messaggi di una pace ritrovata tra natura e uomo quando utilizzano
piante e materiali naturali (salici intrecciati, sassi ingabbiati
per le opere di ingegneria naturalistica, cesti appesi di fiori
ricadenti su strutture alte 3 metri), infine critico ripensamento
della nostra civiltà
(oggetti di plastica compressi, detriti frantumati).
Il muro più bello perché meno prevedibile di tutti
è forse quello che delimita i lati del viale d'accesso
alla torre. Costruito assemblando mattoni, cubetti e lastre
di pietra recuperati dal deposito di macerie di questa area,
va contro qualsiasi regola di simmetria, si curva, si assottiglia,
diventa gioco di chi, contro i muri della repressione, esercita
la propria libertà per creare.
Martin
dei miracoli
Martin Ladewig è il responsabile dei lavori che
hanno trasformato l'area degradata di Magbeburgo nell'Elbauenpark
e nella Buga '99. Ingegnere paesaggista quarantenne di Wiesbaden
con studio a Taunusstein, è alla terza esperienza del
genere. Dice: "Sono molto contento che qualcuno voglia
ascoltare la mia opinione: in genere chi deve affrontare e risolvere
i problemi quotidiani viene dimenticato". Sorride e
aggiunge: "I giornalisti, si sa, preferiscono intervistare
i progettisti. Ma loro non sanno che cosa significhi gestire
in pratica un intervento simile".
In numeri, sono 100 ettari bonificati e rimessi a nuovo e 210
miliardi di lire di investimenti, di cui 65 solo per il verde,
gli impianti di irrigazione, le pavimentazioni e i movimenti
terra, finanziati per metà dalla Unione Europea, per
il 30 per cento dalla Regione e per la parte restante dal Comune.
Ladewig, con la collaborazione di dieci persone a lui
assegnate, ha compilato il capitolato, ha scelto le maestranze,
ha coordinato il lavoro di tutti i settori, ha diviso gli interventi
in 100 lotti di valore variabile da 100 milioni a 2 miliardi
di lire, ha tenuto in mano la situazione per tre anni con polso
di ferro, obbligando tutti i collaboratori a settimanali verifiche
sul posto e a riunioni di aggiornamento.
Nonostante l'impresa apparisse ciclopica, ha funzionato tutto
perfettamente, al punto che dell'esperienza gli rimarrà
un ottimo ricordo, soprattutto per l'affiatamento tra progettisti,
direttori dei lavori e ditte esecutrici e per la perfetta aderenza
tra progetto e realizzazione. Con soddisfazione racconta che,
proprio nel giorno dell'intervista, in luglio, il milionesimo
visitatore ha superato l'ingresso del "suo" parco:
con un simile ritmo, al termine della Buga in ottobre saranno
3 milioni di tedeschi ed europei ad aver scoperto Elbauenpark
attraverso questa spettacolare mostra di giardinaggio. Alla
domanda su che cosa farà quando la Buga sarà terminata,
Martin Ladewig risponde sorridendo che cercherà
di ricordare di avere una casa e uno studio altrove, ma si capisce
che gli mancherà il senso della scommessa di questa operazione
magdeburghese.
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Per
saperne di più
La
Buga di Magdeburgo è aperta al pubblico sino al
17 ottobre dalle ore 9 alle 18, con possibilità
per chi già si trova all'interno del parco di uscire
entro le ore 21. Il biglietto di ingresso individuale
costa 19,99 marchi (circa 20.000 lire), 41 marchi per
le famiglie, 18 marchi per i gruppi.
Per l'occasione è stato istituito un servizio di
prenotazione telefonica di viaggio e soggiorno chiamando
lo 0049-1805-251999.
Magdeburgo è raggiungibile in auto dall'autostrada
A2 (direzione Hannover-Berlino) oppure in treno, con fermata
nella nuova stazione Herrenkrug di Magdeburgo, a pochi
minuti a piedi dall'ingresso nord del parco.
Le
ferrovie tedesche, per festeggiare il venticinquesimo
anniversario della Buga, hanno previsto tariffe ridotte
in base alle distanze. Anche gli alberghi della città
offrono condizioni speciali. Il più fascinoso,
immerso nella vegetazione secolare di un parco 'storico,
è l'Herrenkrug Parkhotel (telefono dall'Italia
0049-391-850850).
Dopo la chiusura della Buga '99, l'Elbauenpark che
l'ha ospitata sarà visitabile dietro pagamento
di una cifra simbolica, ma un terzo delle aiuole fiorite
non verrà più ripiantato e il trenino verrà
smantellato.
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