Traduzione di Mariangela Barbiero
Per
la maggior parte dei ristoratori, carne e pesce costituiscono
l'essenza stessa o quasi del piatto principale, per cui offrono
le verdure solo come "accompagnamento".
Ma taluni, come Jean Bardet o Alain Passard fanno il contrario.
E affinché le verdure diventino le regine della tavola le fanno
uscire dall'orto freschissime e succulente.
La
buona verdura costa cara, bisogna riuscire a scovarla tra
una gran varietà di primizie troppo spesso insipide.
Una volta trovata, deve essere mondata, lavata e cucinata
con ingredienti sapienti... Si tratta di uno stato spirituale,
quasi un atto di fede.
Quelli che ha fatto del buon ortaggio il loro cavallo di battaglia, addirittura
la loro bandiera, ci mettono tutto il loro talento e dispongono spesso di un
vero orto. Per la loro felicità, e perché non vedono come potrebbero
agire diversamente... Così alcuni grandi chef sono diventati giardinieri.
Ecco il credo di due di essi: un precursore, Jean Bardet,
e di un "verdurissimo", Alain Passard.
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Jean
Bardet consacra una parte della sua proprietà alla
coltivazione di prodotti ortofrutticoli che gli consentiranno
di avere a disposizione per la sua cucina 2-stelle
Michelin frutta e verdura di sua produzione.
Egli ritiene che in cucina sia più la povertà che
la ricchezza la vera figlia dell'immaginazione: una
volta i contadini realizzavano meraviglie culinarie
con delle semplici radici.
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Chez
Bardet, una fabbrica di aromi
Inutile presentare Jean Bardet agli amanti del buon vino, della grande cucina
o dei sigari. Questo chef, pluridecorato, è il fice
direttore d'orchestra di un luogo di delizie: il castello Belmont all'entrata
di Tours, sulla riva destra
della Loira, una dimora del XIX secolo circondata da un parco paesaggistico
di circa tre ettari. Prima o dopo aver assaporato la magnificenza delle pietanze,
la visita del luogo magico che le ha fatte nascere - un orto di 800 m2 - è un
piacere che sarà ancora più gustoso se il padrone di casa vi
farà da cicerone tra bietole rosse e finocchi selvatici, giovani carote
e rabarbaro odoroso e... non meno di 132 varietà di peperoncini! Questo
orto racchiude mille fragranze che avviluppano le narici quando ci si avvicina:
alberi dei pomodori (Cyphomandra betacea), cerfoglio (Myrrhis
odorata), timo dorato (Thymus aureus), maggiorana, anice... Jean
Bardet ha anche il suo albero di pepe cinese (Zanthoxyllum piperitum):
questa pianta, che proviene dalle isole Malabar regge fino a temperature di
-15°C e dà un chilo di pepe all'anno. Ci mostra anche la consolida
(Symphytum officinale), chiamata "sogliola di terra" per
il suo sapore di pesce, che viene fritta dalle sue mani esperte per farne tortini
di accompagnamento a certi suoi piatti.
La
verdura è il 'lusso'
Autodidatta, originario della Charente, ha cullato la sua infanzia tra i profumi
dell'orto. E quando parla di "lusso", ciò che ricorda con
voluttà è innanzitutto di avere potuto assaporare molto presto
piselli, fave o fagiolini che crescevano nel giardino di famiglia. Oggi, vero "ideatore" delle
sue creazioni e prestigiatore, Jean Bardet inventa e sposa come nessun altro
sorprendenti sapori con le verdure e le piante aromatiche che egli stesso produce.
Due persone a tempo pieno, tre in estate, si affaccendano con zappette, compost
e poltiglia bordolese per fare di questo spazio una fucina di profumi e di
colori, grazie alle migliaia di piante - di cui 170 aromatiche (25 tipi di
basilico) - destinate a incantare i palati più difficili.
Quando parla delle piante che lo circondano, Jean Bardet diventa suo malgrado
professore di botanica. Ne conosce tutti i nomi, scientifici e vernacolari,
e del loro uso culinario tutte le possibili combinazioni, classiche o inventate
sul momento e che troveremo forse nel suo prossimo piatto.
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Alain
Passard provocò una vera rivoluzione
nel mondo della grande cucina quando decise di escluderne
ogni tipo di carne e di fare degli ortaggi le vedettes della
buona tavola. Ogni settimana 500 chili di verdure
freschissime sono trasportate dall'orto di Alain
Passard alle cucine del suo ristorante parigino.
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Solo
verdure, tanto gustose quanto decorative
Optare per il Re Ortaggio si trasforma in una professione
di fede quando si lascia Tours per raggiungere a Parigi l'elegantissima rue
de Varenne, nel quartiere des Invalides, dove officia il 3-stelle
Michelin Alain Passard. Al posto della leggendaria Archestrate di Alain
Senderens, ha realizzato L'Arpège, dalla nota chiara e
felpata, dove non si servono praticamente che prodotti dell'orto. Questo giovane
chef ha dato vita infatti a una rivoluzione quando, all'indomani della crisi
della mucca pazza, disgustato ed inquieto della piega che prendevano le nostre
tavole, si decise in favore della verdura stricto sensu. Aggiungerà tuttavia
ai suoi menu magnifici pesci, crostacei e pollame. Ma nel locale Art Déco
dove precedentemente la sala era percorsa da cortei di costolette, fu necessaria
ad Alain Passard una certa sfrontatezza per fare di quel "paradiso
della carne" una "cappella della verdura". Scommessa
vinta, peraltro. Se qualche aficionado della vecchia rosticceria è andato
altrove ad allenare la dentatura di carnivoro, la maggior parte dopo aver assaggiato
questa cucina "ortolana"... torna regolarmente. E Alain Passard non
fa le cose a metà: non volle accontentarsi, come tutti i buoni cuochi,
di fare acquisti accurati. Per portare l'ortaggio redentore al più alto
livello, crescerlo perfetto e ineccepibile, occorrevano culle di prima qualità,
cioè i suoi orti nella Sarthe, vicino a le Mans, e il suo nuovissimo
giardino nell'Eure, a un'ora da Parigi.
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Scommessa
vinta, poiché la sua cucina vegetariana assicura
ad Alain Passard il riconoscimento dei grandi critici,
che si materializza in stelle e copricapi
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L'orto
ideale di Alain Passard
Acquistato nel 2001, lo spazio in cui Alain Passard ha realizzato il suo orto
ideale era stato in passato consacrato alla coltivazione estensiva e all'allevamento
del bestiame. Fu necessario per prima
cosa ricreare le siepi campestri con essenze locali come querce,
castagni, biancospini, carpini... quindi designare le parcelle (campi), ciascuna
dedicata alla coltivazione di un ortaggio, separate le une dalle altre per
mezzo di siepi di fruttiferi.
Al
comando dei tre ettari di questo orto si trova Sylvain Picard, "ortolano
in capo", ed ex coordinatore dell'Arche
de la Nature,
che ha fatto la gavetta nelle campagne e nei giardini bio.
Questo orto viene infatti coltivato secondo i principi della "permacoltura" e
della "agroforesteria". Nello
spazio tra gli alberi che formano le siepi campestri e fruttifere è lasciata
crescere menta, erba luigia e altre piante che permettono
la diversità vegetale. La diversità animale
non resta al palo. Anche la fauna ha il suo ruolo nell'orto:
sono stati piantati alberi ornamentali per attirare gli insetti,
collocati nidi per gli uccelli, creato uno stagno per rane
e rospi.
Seguendo i precetti dela permacoltura, Alain Passard ha escluso la lavorazione
in profondità del terreno e tutti i grossi lavori sono assicurati da
trazione animale: tre cavalli sono incaricati così di tirare un "policoltivatore" (una
macchina movimento terra non azionata da una presa di forza).
L'orto è distribuito
su dossi creati con l'aiuto di rincalzatori (sorta di carriole):
la terra viene pertanto lavorata per una profondità inferiore
a quindici centimetri. Il cavallo, che avanza diritto,
posa gli zoccoli dove non fa danni. Alain Passard ritiene
che questo metodo sia particolarmente indicato per gli
ortaggi a bulbo, per esempio: il drenaggio è naturale
e il marciume non riesce a installarsi a livello dela cipolla.
E per lasciare alla terra nutrice il ruolo che le compete, le rotazioni si
fanno su cinque anni: ogni parcella riceve gli ortaggi a radice il primo
anno, gli ortaggi-frutto il secondo, gli ortaggi-fiore il terzo, le verdure
a foglia l'anno successivo. E il quinto anno è destinato al riposo.
Tra Parigi e Fillé-su-Sarthe il telefono suona tre a quattro volte
al giorno. E ogni settimana, dal giardino alle cucine, camion o treni portano
circa 500 chili di verdure fresche di cui 200 ritorneranno sotto forma di
scarti per arricchire il compost...
Per
saperne di più (a cura di Mariangela Barbiero)
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Château
Belmont
57, rue Groison, 37100 Tours
Tel.
02 47 41 41 11, Fax 02 47 51 6872
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L'Arpège
84, rue de Varenne, 75007 Paris
Tel. 01 47 05 09 06, Fax 01 44 18 98 39 |
L'ARCHE
DE LA NATURE
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Si
tratta di un vasto spazio naturale di 450 ettari,
situato a dieci minuti dal centro di Le Mans e a
pochi metri dall'abbazia di L'Epau. Rappresentativo
dei principali paesaggi della Sarthe è aperto
permanentemente al pubblico, più di 100.000
visitatori all'anno, i quali, lungo i vari percorsi,
scopriranno il fiume, la foresta, i campi circondati
di alte siepi della vecchia tradizione agricola (bocages),
e potranno visitare la Casa dell'Acqua e la Fattoria
tra i Prati. I campi sportivi e i campi di gioco
per i bambini soddisfaranno piccoli e grandi.
www.arche-nature.org/
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PERMACOLTURA
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La
permacoltura si propone un nuovo metodo di produzione
agricola, che economizza le risorse energetiche (lavoro
manuale e meccanico, carburante, ecc.), rispettoso
degli esseri viventi e delle loro reciproche relazioni.
I suoi discepoli stigmatizzano la lavorazione in
profondità del terreno, che sconvolge l'attività dei
microrganismi anaerobici e aerobici e provoca una
rapida mineralizzazione dell'humus immagazzinato
in profondità.
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POLICOLTURA
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E'
il contrario della monocoltura, che destina vaste
aree a una singola coltivazione. La policoltura consiste
in una molteplicità di produzioni agricole
che hanno luogo nello stesso spazio, imitando la
diversità degli ecosistemi naturali.
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AGROFORESTERIA
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Agroforesteria è la
scienza che studia sistemi e tecnologie di uso del
suolo in cui le specie legnose perenni (alberi e
arbusti, ecc.) svolgono un ruolo importante in un
medesimo sistema di gestione integrata di tutte le
risorse produttive che esistono in una data unità di
terreno (parcella, campo, ecc.) in funzione di produzioni
agricole e/o allevamento del bestiame. La caratteristica
principale dei sistemi agroforestali è la
capacità di ottimizzare la produzione del
territorio, attraverso il suo sfruttamento diversificato,
perseguendo contemporaneamente obiettivi tanto ecologici
quanto economici e sociali.
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