Incontri nel verde
Il paradiso salvato
di Margherita Lombardi - foto di Danielle Cavadini
(Gardenia, giugno 2010)
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Nel Nord del Marocco, il giardino dello
scrittore e giardiniere Umberto Pasti
ospita innumerevoli piante autoctone,
molte delle quali a rischio di
estinzione. Ma c’è ancora molto da
fare per difendere il paesaggio e
l’anima di questa terra antica.
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«Incontra il giardiniere che è in te: facci amicizia. Poi, pianta un giardino, se ne hai
la possibilità. Se no, qualche pianta
sul terrazzo, qualche seme sul davanzale. Se proprio non puoi, identifica
il luogo che è il tuo giardino e coltivalo con la fantasia»
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Sessantotto chilometri e trecento anni: è la distanza fra Tangeri e Rouhuna, villaggio sperduto nel Marocco settentrionale, dove Umberto Pasti, milanese, laureato in filosofia, viaggiatore e scrittore, ma anche giardiniere e botanico, si è costruito una casa e un giardino. Un giardino, mèta dei botanici di tutto il mondo, in cui ha piantato 450 specie per lo più autoctone se non endemiche, tra cui tante in via di estinzione.
Da anni Pasti lotta, con furore appassionato, per salvare il patrimonio naturale, ma anche storico e culturale del Marocco e di Tangeri in particolare: «Città mitica e antica, affacciata da una parte sull'Oceano Atlantico e dall'altra sul Mediterraneo. Centro diplomatico e artistico internazionale, sorge in una regione ricchissima per biodiversità, che oggi si ritrova con 300 specie vegetali quasi estinte». Strade, autostrade, palazzi, centri commerciali e residenziali, alberghi, villaggi turistici, aeroporti, industrie hanno già divorato acropoli e altre vestigia del passato, chilometri di dune, campi pieni di fiori, boschi, tra cui la famosa e bellissima Foresta Diplomatica, polmone verde della città.
Arrivato a Tangeri venticinque anni fa, assieme al compagno Stephan Janson, in una tempestosa giornata d'inverno, fra mimose e iris in fiore, se ne innamorò all'istante e ci andò ad abitare, «in un quartiere sulla montagna che era una meravigliosa foresta di eucalipti, oggi spazzata via da ville eleganti», si rammarica Pasti. È a Tangeri che ha scoperto la passione per le piante: «Quando sono arrivato sapevo a malapena la differenza fra una rosa e un'orchidea. Il mio maestro è stato Mohammed, il mio vecchio giardiniere di città, che è sordomuto ma mi ha insegnato tutto».
Prato di Chrysantemum segetum
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Materiali di recupero delimitano il sentiero |
«Il giardino non può nascere da una violenza esercitata sulla terra. Fare un giardino è arrendersi fino
al punto di dimenticarsi
di se stessi. E' obbedire. Identificare il ritmo e la voce segreta di un luogo,
per abbandonarvisi e assecondarli»
Il giardino di Rouhuna, a sud di Tangeri, è venuto dopo: «Nel 1999, durante una passeggiata, ho scoperto questa incredibile vallata, a 700 metri di altitudine, fra foreste di corbezzoli, sughere, lecci, Viburnum tinus, eriche e cisti e, più in alto, di Abies marocana, che qui è endemico. Una pietraia totalmente isolata dal mondo, raggiungibile solo a piedi o a dorso di mulo, senza luce né acqua». Incantato, Pasti acquista un po' di terreno e vi costruisce tre case: una per l'estate, piccola e fresca, una per l'inverno, con stufe e camini, una per il custode e la sua famiglia. Lo aiuta la gente del villaggio e delle campagne vicine: «Grazie a loro, in ciò che abbiamo fatto non vi è alcun sapere estraneo al luogo e alla sua storia. Insieme abbiamo terrazzato il terreno, scassato le pietre, sostituita interamente la sabbia con terriccio buono, innalzato i muri a secco, tutto a mano. Le case le abbiamo copiate, assieme all'architetto Roberto Peregalli, dalle abitazioni dei Djebala, un antico popolo berbero: sono fatte soltanto di pietre, terra, pali e cemento, senza un grammo di ferro. Hanno fondamenta profonde due metri, così sono molto stabili, finestre piccolissime, contro il caldo, e i tetti coperti da tegole recuperate da una moschea che era stata distrutta».
La casa principale, utilizzata durante l'inverno. Nella bordura crescono canne indiane,
nasturzi, malvoni e salvie.
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Scorci della casa abitata in estate
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...finestre piccolissime, contro il caldo
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In giardino ha piantato innanzitutto corbezzoli, sacri in Marocco e forse tra le sue piante preferite; Melia azedarach, aranci amari e gelsi, tutti alberi dalle lontane origini asiatiche ormai ampiamente diffusi nel Paese; alcuni vecchi ulivi, salvati dalla distruzione di un parco e trasportati fin qui, dopo averne molto ridotto le chiome per evitare danni. Accanto a distese di rosmarini, a macchie di lavande stecadi e ginestre, ad aloe ed agavi, ha inserito moltissimi cisti, tra cui Cistus ladanifer: «Ho tutti quelli che crescono in Marocco. Ma sono difficili da distinguere l'uno dall'altro, perché si incrociano facilmente», spiega. Ha piantato inoltre rose damascene, pelargoni zonali e pelargoni odorosi, canne indiche, acacie e, suo grande amore, le canne di fiume (Arundo donax) che gli ricordano il Mediterraneo italiano prima che venisse distrutto. Ha seminato nasturzi, salvie, malve, calendule, scabiose, margherite, papaveri, Echium e boraggine, che ora si disseminano da sé. Un grande orto fornisce verdure sufficienti per tutti, comprese le famiglie dei quattro giardinieri e del custode.
Ma soprattutto, nel suo giardino oggi fioriscono innumerevoli specie autoctone o endemiche, in particolare bulbose, che altrimenti sarebbero andate perdute: come Narcissus elegans, a Tangeri sempre più raro, e N. seròtinus, che fiorisce in inverno, crochi autunnali, scille, Ornithogalum arabicum, Gladiolus byzantinus, Dietes vegeta e le sette iris bulbose del Marocco, tra cui Iris filifolia, in natura scesa a soli 500 esemplari, I. tingitana, I. battandieri e I. planifolia «dai fiori simile a farfalle viola, di cui esistevano colonie meravigliose, distrutte per costruire un campo di golf», s'indigna Pasti.
Dietes vegeta
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Papaveri e borragine |
Gladiolus byzantinus
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«Sono riuscito a salvarne la metà, come ho salvato l'ultima Iris juncea numidica, preziosissima, piccola e gialla come occhi di pantera». Appena qualcuno lo avverte che i campi in cui crescono specie particolari sono a rischio, corre a prenderle, assieme a una manciata di terra, e le trapianta in giardino; poi, ne regala volentieri i semi a orti botanici e appassionati.
Il futuro è nella tradizione |
Ma Umberto Pasti non è impegnato soltanto nella salvaguardia delle piante e degli ecosistemi del Marocco settentrionale: a stargli a cuore è anche la gente di qui. «Il governo vuole ridurre la popolazione rurale al sei per cento, come in Francia e in Italia, ma la realtà del Paese è completamente diversa. Se l'agricoltura e la pastorizia spariscono, i contadini vanno in città, in case dormitori, dove si sentono poveri, sradicati e infelici e per forza diventano terroristi! L'occidentalizzazione va infatti di pari passi con l'integralismo islamico».
Una pianta di gelso
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Nell'orto, dietro a Iris pseudacorus,
Pasti con i giardinieri
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Un vecchio fico
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Da parte sua, Pasti sta cercando di ridare agli amici di Rouhuna la fiducia e l'orgoglio del loro antico sapere: «Mi basterebbe riuscirci anche solo con una quindicina di loro». A questo scopo, ha impiantato un laboratorio di falegnameria, coinvolgendo alcuni ragazzi del villaggio: su suo disegno, realizzano arredi da esterni di grande suggestione, utilizzando soltanto i rami di corbezzolo raccolti nella foresta. Inoltre, manda i figli dei suoi giardinieri a scuola: «I bambini, qui, conducono una vita durissima ma felice. Pare un peccato toglierli da questo paradiso terrestre, ma è destinato a sparire: l'istruzione evita che crescano disarmati davanti ai cambiamenti del loro mondo», spiega. «Faccio tutto ciò solo per amore di un luogo, dove ho scelto di vivere, che un tempo era di una bellezza fastosa e incredibile. Non posso accettare che ora sia conciato così! La cultura e la tradizione marocchine per secoli hanno creato bellezza, dignità, competenza e sapere, ma l'occidentalizzazione spinta, oltre ad aver rovinato esteticamente il Paese, oggi le esclude. Occorre invece difenderle, per promuovere uno sviluppo sostenibile. E l'unico modo per riuscirci è istituire una commissione di urbanisti, architetti, storici d'arte, botanici e zoologi di provata onestà, il cui giudizio sia definitivo e indiscutibile. Solo così si può salvare questa magnifica terra».
Tipologia: giardino privato dedicato alle piante del Marocco, per lo più autoctone ed endemiche.
Dove si trova: 68 chilometri a sud di Tangeri.
Estensione: 15.000 m2 circa.
Punti di forza: le 450 specie che vi crescono, di cui molte a rischio
di estinzione; il grande orto. |