PEJRONE:
" NON CHIAMATEMI ARCHITETTO. IO
SONO
UN GIARDINIERE
di
Ilaria Zaffino (Venerdì di Repubblica, 8 settembre 2006)
"Quando
fa caldo le piante hanno le foglie in su e ci dicono 'abbiamo
sete'. Non parlano, è vero,ma si muovono,fanno
delle considerazioni. È il loro modo di dire: ci dai
troppa acqua o, al contrario, ce ne dai troppo poca. E noi
dobbiamo imparare a riconoscere le loro esigenze. Ad ascoltare
la loro voce, liberandoci dal rumore del nulla che abbiamo
intorno. Perché anche i giardini hanno un'anima." Paolo
Pejrone, torinese, classe 1941, architetto
di paesaggi e di giardini ("ma io preferisco essere chiamato
giardiniere"), autore
di libri come "II vero giardiniere non si arrende: cronache
di ordinaria pazienza" o "In giardino non si è mai
soli: diario a un giardiniere curioso", (dal 1999
tiene la rubrica "Fiori
e giardini" su Tuttolibri della Stampa) non ha dubbi:
ogni pianta, ogni fiore, ogni ortaggio ha un'identità,
una sua personalità che il giardiniere deve saper riconoscere.
Quali sono allora le doti di un bravo giardiniere?
Grande osservazione, pazienza, buon umore e buon senso.
Ma anche spirito pratico. Perché la teoria serve, ma è la
pratica che fa il giardino. E poi per curare le piante bisogna
essere estremamente generosi, disponibili.
Quanto
conta la curiosità?
La curiosità è tutto. Bisogna leggere, informarsi,
andare alle mostre, discutere con chi coltiva. Ma soprattutto
imparare a conoscere il proprio terrazzo, il proprio giardino.
Sapere cosa accade d'inverno, che cosa invece d'estate, riconoscere
qual è il vento del nord. E spesso si va per tentativi
e verifiche. Io ormai lo so, sono quarant'anni che mi occupo
di giardini, ma in genere un paio d'anni di pratica bastano.
Oppure un bravo consigliere.
Com'è il
suo giardino ideale?
Innanzi tutto deve essere un giardino felice.
Si spieghi meglio...
Un
giardino in cui le piante stanno bene, vengono piantate in
maniera
intelligente. Non devono soffrire. Perché il
giardino non deve essere assolutamente un posto di costrizione,
di sofferenza. Ma soprattutto non deve essere un luogo di esibizione,
da tenere solo per farlo vedere ai vicini. Al contrario, il
giardino e il suo giardiniere col tempo diventano complici,
in qualche modo amici.
Già, ma come si fa a diventare "amici" del
proprio giardino?
Si
affronta la crescita insieme, insieme si combatte la battaglia
contro
i nemici esterni. E il giardino risponde a questa amicizia:
vive, vive bene e dà frutti, dà verdura. Gli
alberi diventano sempre più belli. Perché le
piante sono molto più generose di quanto uno immagini.
Ad esempio, stamattina uscendo di casa alle sei e mezzo, attraversando
il cortile ho respirato il profumo dell'Olea fragrans che
fiorisce tutti gli anni a settembre, puntuale come una tassa
del demanio.
Tutto intorno lo spazio era immerso in questo profumo affascinante
e delicato. Un profumo che ti resta dentro. Ecco, io penso
che c'è qualcosa di più di quello che uno vede,
della pianta in sé: è un processo che si innesca,
un processo di gioia.
Lei come ha cominciato ad appassionarsi di giardini?
Quasi per gioco. Fin da piccolo ho cominciato a coltivare
le piante nel mio piccolo orto, in un angolo di quello grande.
Dapprima l'insalata, i ravanelli. Dall'orto poi sono arrivato
al giardino.
E dalla coltivazione alla progettazione...
Già. Ma non chiamatemi architetto. Io sono soprattutto un giardiniere.
D'accordo, ma da paesaggista, invece, come giudica la situazione
dei giardini pubblici in Italia?
Come
l'economia: un disastro. Soprattutto se pensiamo ai miracoli
che hanno
fatto negli ultimi anni in Spagna, in Francia, senza
parlare di Inghilterra e Olanda che da sempre detengono lo
scettro in questo campo. Da noi, invece, la burocrazia ammazza
la progettazione. E accanto a una cattiva amministrazione c'è anche
una scarsa sensibilità da parte dell'utente, dei cittadini
che non hanno rispetto per il verde pubblico. E' tutto da rivedere.
E bisogna darsi da fare al più presto.
Che consigli darebbe, inflne,a un giovane che si avvicina al
mestiere di giardiniere?
Non
ci sono segreti: il mio consiglio è uno solo. Di
avere tanta pazienza. Che alla fine i miracoli avvengono.