di Renato Ronco (Giardinaggio, marzo
2008)
Vi
fu un tempo lontano in cui gli alberi camminavano.
Avrebbero potuto sembrare goffi, ai nostri occhi, ma tanto
non c'era nessun altro essere vivente a vederli. Si spostavano
con movimenti lenti. I grandi faggi, con il loro intrico di
radici superficiali, quasi strisciavano sul terreno con
un tremolio simile ai millepiedi. Le mangrovie erano un po'
ridicole, sembravano maldestri giocolieri sui trampoli,
incespicando spesso a causa delle imponenti radici.
Il
fico delle pagode, invece, era un po' altezzoso con il suo
incedere
dall'alto di radici che parevano imponenti colonne.
Ai suoi piedi aveva sempre uno stuolo di alberelli e arbusti
che gli trotterellava accanto: sembravano sudditi devoti,
ma in realtà erano solo alla ricerca di ombra costante!
I rovi, per esempio, avevano un modo strano di spostarsi: posando
la punta arcuata dei rami a terra, facevano dei buffi saltelli.
Gli alberi, inoltre, parlavano tra di loro, si incontravano,
si frequentavano e questo contribuì ad alimentare simpatie,
ma anche gelosie e invidia.
Una promiscuità che poteva far nascere qualche problema
e alla fine... accadde!
Un bei giorno un acero si innamorò di un carpino
e iniziò a disdegnare i suoi simili: voleva passare
tutto il suo tempo con il carpino, che in verità era
un po' imbarazzato di tutte queste attenzioni, ma non diceva
nulla. Si sa, i carpini sono saggi e molto pazienti.
Ma gli altri carpini, e soprattutto gli aceri, non riuscivano
a capire questa inspiegabile attrazione.
Più di tutti una giovane «carpinella» si dimostrò molto
infastidita da questo alberello di un'altra razza che stava
sempre «tra i piedi». Forse perché anche lei
provava simpatia per il nostro grazioso carpino!
I genitori dell'acero erano molto preoccupati per il comportamento
del loro figliolo e cercarono più volte di parlargli.
«Non comportarti cosi, cosa diranno gli altri alberi?».
Ma lui non sentiva ragioni.
Ormai passava tutto il suo tempo con i carpini, che finirono
pian piano con l'accettarlo come un loro simile. Il piccolo
acero voleva diventare un carpino e ce la metteva proprio
tutta; si sforzava in ogni modo per cambiare e, ad ogni primavera,
le nuove foglioline che spuntavano assomigliavano sempre più a
quelle dei carpini.
Finché, dopo molti anni, non ci
fu più alcuna differenza.
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E' trascorso
molto tempo da quando avvennero questi fatti. Ora le
piante non camminano più, evitando imbarazzanti
disagi a noi umani... In compenso, però, ci
sono disegnatori di giardini e giardinieri, che spesso
sistemano le une vicine alle altre piante che non hanno
proprio nulla da dirsi.
Potessero ancora camminare gli alberi, ne vedremmo delle belle! Processioni
di ulivi dalla pianura Padana diretti verso il mare; file di abeti trotterellare
verso la più vicina montagna... Ma ci sarebbero anche piccoli spostamenti,
come per esempio l'arbusto che ama il sole allontanarsi dall'ombra dove è stato
erroneamente piantato.
E il nostro acero con le foglie del carpino? E rimasto così fino ai
nostri giorni, tant'è che gli uomini lo hanno chiamato Acer carpinifolia.
Con una piccola differenza rispetto ai carpini: la posizione delle foglie,
opposte a due a due e non alternate come nei carpini.
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