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Da
luglio fino all'autunno è importante
raccogliere ed eliminare tutto il fogliame caduto
a terra: al suo interno infatti si nascondono le
crisalidi
per superare l'inverno (una forma larvale intermedia),
che diventeranno poi farfalle nella prossima primavera.
Eliminare le foglie che le proteggono riduce molto
il potenziale d'infestazione.
L'anno prossimo, il mese cruciale sarà quello
di maggio: le crisalidi che hanno svernato si sono trasformate
in farfalle che hanno deposto le uova nelle foglie d'ippocastano.
Le larve che ne nascono scavano gallerie nelle lamine fogliari:
si notano prima nella parte più bassa dell'albero. È questo
il momento giusto per intervenire (ma non in fioritura).
Gli interventi sono di due tipi: su piante
giovani (e quindi ancora basse) o disponendo dell'attrezzatura
adatta, si può irrorare tutta la chioma con prodotti
a base di imidacloprid o azadiractina (sostanze ammesse
in agricoltura biologica, da miscelare con acqua non calcarea).
Oppure si può praticare, nella parte bassa del tronco,
un'iniezione a base di abamectina o di azadiractina: si
tratta della cosiddetta "endoterapia".
Questa
seconda soluzione (ma
spesso anche la prima, quella delle irrorazioni)
deve essere attuata da personale specializzato, preferibilmente
attraverso il metodo di assorbimento naturale (o
metodo Corradi): solo così l'albero non verrà danneggiato,
la cicatrizzazione sarà veloce, il trattamento
risulterà efficace e la pianta sarà protetta
dal parassita.
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