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L'evonimo
giapponese (Euonymus
japonicus) è molto
suscettibile a due parassiti: le cocciniglie e il mal
bianco.
La cocciniglia bianca è un
insetto (Unaspis
= Chionaspis euonymi) con apparato
boccale pungente-succhiatore, cioè provvisto
di stiletti atti a pungere e succhiare la linfa delle piante
infestate. Colpisce quasi esclusivamente l'evonimo giapponese,
più raramente quello europeo. Compie tre generazioni
all'anno. Sverna con le femmine mature che in aprile depongono
fino a un centinaio di uova. Dalle uova sgusciano
le neanidi, cioè gli stadi giovanili dell'insetto:
le neanidi femmine colonizzano la corteccia del fusto e delle
ramificazioni; le neanidi maschio infestano solo le foglie,
disponendosi lungo la nervatura della pagina inferiore.
Sulle foglie, in corrispondenza dei punti in cui le cocciniglie
si sono fissate, si osservano decolorazioni a cui segue l'ingiallimento
di quelle colpite e la caduta, per cui le piante assumono
un aspetto scheletrico.
Sul tronco e sui rami si vedono facilmente
le incrostazioni prodotte dall'insetto. Tutta la vegetazione
appare coperta di melata, su cui si sviluppano i funghi
agenti di fumaggine. Le piante deperiscono e possono anche
seccarsi nel giro di un paio di anni. Alla fine dell'inverno,
da metà febbraio in poi, è consigliabile tagliare
e allontanare tutte le parti disseccate. Occorre poi
effettuare alcuni trattamenti specifici durante il periodo
di nascita delle neanidi, da aprile fino all'inizio dell'estate:
a questo scopo si può utilizzare olio bianco-80
(alla dose di 150 ml/10 litri d'acqua) oppure, su piante
con abbondante infestazione, fenitrothion microincapsulato
(alla
dose
di 30-40 ml/10 1 d'acqua).
L'oidio o
mal bianco è un'infezione provocata
da un fungo (Oidium euonymi-japonici),
che colpisce le foglie e sulle quali si conserva da un anno
all'altro. La malattia è favorita
dall'andamento climatico caldo-umido, per cui i sintomi si
osservano sulla vegetazione dalla primavera (aprile-maggio)
fino al tardo autunno (novembre). Sulla pagina superiore
delle foglie ai notano macchie biancastre, farinose, rotondeggianti,
che tendono a confluire. Le foglie più colpite ingialliscono
e cadono. Presso i vivai sono disponibili varietà di
evonimo giapponese poco suscettibili a questa infezione:
nelle zone a clima caldo-umido è opportuno orientarsi
verso queste varietà. In alternativa, intervenite
in aprile, alla comparsa dei primi sintomi, con un paio di
trattamenti
distanziati di 15 giorni l'uno dall'altro utilizzando
zolfo bagnabile-80 (alla dose di 20 g/10 litri d'acqua) oppure
bitertanolo (alla dose di 10 ml/10 litri d'acqua).
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All'azalea
basta dare una terra acida
Falso
II segreto del successo con l'azalea sta solo per
i tre quarti nel terreno. Esige un terriccio acido, con pH compreso tra
4,2 e 5,5, mai superiore a 6,5. Il terriccio deve essere ricco di humus,
leggermente sabbioso o torboso, fresco, soffice e ben arenato, perché le
sue radici non sopportano i ristagni d'acqua. Ma anche l'acqua d'annaffiatura
deve essere decalcificata, facendola bollire o aggiungendovi il chelato
di ferro alle dosi indicate nella confezione. L'acqua distillata è invece
sconsigliata perché demineralizzata.
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