a cura di Mariangela Barbiero
25 agosto 2020
Ho già acclarato che i miei due grandi amori sono le parole e le piante, senza nessun di più o di meno, proprio alla pari. E anche in questo mi sento privilegiata, perché ho potuto accedere a libri e riviste in altre lingue, quando in Italia – dopo anni di relativa abbondanza, gli anni Settanta – non c’era quasi più nulla, se non in bancarelle dell’usato, e per altro verso il latino mi ha aiutato a destreggiarmi nel mondo della botanica. Nel nostro sito trovate altri articoli dedicati a questo argomento e in internet quanti ne volete, ma a me pare di facile e immediata consultazione questo di Wikipedia, che è aggiornato di sicuro, mentre il sito di Tra Fiori e Piante, questo sito, che ha vent'anni di vita, conterrà certamente qualche imprecisione di gioventù, considerato che mi rapportavo allo stato dell'arte secondo le mie conoscenze dell'epoca. Ma è storia anche questa, e non intendo riscriverla.
Premesso che il latino botanico serve essenzialmente per comunicare per iscritto, tuttavia a molti giardinieri piace anche saperlo pronunciare e noi italiani abbiamo un grande vantaggio sul resto del mondo, perché possiamo usare la pronuncia latina che abbiamo appreso a scuola, senza arrossire e senza che nessuno possa bacchettarci, nonostante non sia quella ‘giusta’, e che comunque, come mi fece notare un amico biologo, era anche quella praticata da Linneo, il quale certamente quando decise di latinizzare il suo nome, non credo proprio che intendesse essere chiamato L-i-n-n-a-e-u-s, e d'altronde tutte le società in seguito create in suo onore si rifanno alla vecchia pronuncia ecclesiastica (cfr. Società Linneana, Linnean Society, Société Linnéenne, ecc. ecc.).
Come mai mi è venuto l'uzzolo della pronuncia latina? Eh, un giorno udii un colto giardiniere pronunciare 'Impatiens' così come si scrive e non, come dicevo io, 'Impaziens' e per mia fortuna ne parlai en passant con un'amica latinista belga. “Oh là là, Marie Ange!!!” mi fece lei inorridita.
‘Sti belgi sono proprio come nelle barzellette francesi', fu il mio primo pensiero. Se volete ridere anche con i componenti della vostra famiglia che del latino non gliene può importare di meno, non fatevi mancare il film “Niente da dichiarare”.
Comunque, correva l'anno 2005, ero cioè arrivata alla sessantina senza neanche sospettare che: 1) La nostra pronuncia viene definita ecclesiastica, perché parlata ininterrottamente in Italia dalla Chiesa (e dalla scienza), fino a quando il latino non venne surclassato dal volgare, e rimasta nel culto cattolico della celebrazione della messa fino all'avvento di Papa Roncalli. 2) Il latino degli altri terrestri è il latino restaurato, altrimenti detto con pronuncia restituta o classica e corrisponde a quello parlato ai tempi di Cesare (I secolo a.C.). Non chiedetemi come e dove hanno trovato le necessarie conferme, ma ci credo (è un atto di fede, e in qualcosa bisogna pure credere).
Proverò a delucidare. Alla fine, se vi sentirete lucidi abbastanza e se volete un po’ di spasso, procuratevi in italiano, francese e spagnolo «Il professore cambia scuola», film francese del 2017: i francesi conoscono solo la pronuncia francese, come ben sa l'ex Première Dame Carlà Brunì; gli spagnoli esibiscono la pronuncia restituta o classica, cioè quella oggi ufficiale anche in ogni facoltà italiana di Lettere e forse anche in qualche nostra scuola. D'altronde, in un Paese in cui non s'insegna neanche la corretta pronuncia italiana, non dobbiamo strapparci i capelli! Che noi si abbia le nostre buone ragioni ce lo comprova, se non altro, la pronuncia della città di Vibo Valentia, anche se non tutti sono d’accordo, vedi questo sito.
Praticamente il latino ecclesiastico si sovrappone all'italiano, con poche differenze che essenzialmente consistono:
1) Nella pronuncia della z al posto della t quando seguita da una i e da un'altra vocale, con le eccezioni elencate nel sito di Wikipedia sopraccitato.
2) Nella pronuncia dei dittonghi æ, ś , in e; per esempio in Cæsar (cesar per noi) nella pronuncia restituta si legge kaesar (da cui Kaiser) oltre che in casi particolari con dieresi, come aër e poëta. Tuttavia mentre nel latino 'di tutti i giorni' (sganassatevi pure) è facile capire come, dato che si sovrappone alla nostra lingua (repetita iuvant), nel latino botanico è assai più difficile, e per questo ci si diverte a scrivere articoli su 'come si pronuncia'. La Scaevola, pianta perenne molto bella e non rustica, coltivata da noi come annuale, si pronuncia scevola, proprio come Muzio Scevola, mentre nella pronuncia restituta si legge ska-evola.
3) Le consonanti c e g, si pronunciano come in italiano, a seconda delle vocali che seguono, mentre nella pronuncia restituta il suono è sempre duro per entrambe, a prescindere dalla vocale che segue, per gli antichi romani dunque non esisteva il suono dolce di c e g.
4) La nomenclatura binomiale (Systema naturæ) creata da Linneo fu redatta in latino, da ciò deriva che anche la tassonomia odierna si esprime in latino con pronuncia latina, restituta o ecclesiastica, a scelta, in ogni caso giammai agganciandosi alla pronuncia della lingua di dedicazione. Esempio: la Choisya si pronuncia koisia, e non cioisia, perché è dedicata al francese Monsieur de Choisy e dunque, se ci si dovesse attenere al francese, si dovrebbe leggere sciuasià, ma per convincere anche i più scettici vi rammento l'infezione da batterio Escherichia coli di alcuni anni fa. Tutti lo abbiamo sentito pronunciare come eskerikia e non già come esceriscia, benché il nome derivi dal suo scopritore, l'austriaco Theodor Escherich…
5) Per ultimo parliamo dei digrammi o, più precisamente, grafemi:
au si pronuncia au
ch ha una pronuncia dura come caos in italiano (cfr. chaos, e vedi Choisia più sopra)
gn si pronuncia come in italiano ragno (cfr. Agnus Dei)
ph si pronuncia sempre f
sc si pronuncia come in italiano, a seconda della vocale che segue (Trifolium nigrescens / Trifolium scabrum)
th si pronuncia sempre t
In realtà, la difficoltà più complessa è l’accento tonico e per questo non basta far affidamento al nostro italiano (cfr. Bétula e betulla, Aconìtum e acònito, Vìola e viòla, tanto per intenderci). Non tutti i dizionari botanici riportano l'accento, ma taluni sì e anche in internet con un po' di pazienza si trova.
Per concludere, “Solo gli amanti sopravvivono” è un film di Jim Jarmush. E come avrete capito, oltre che una cinefila sono una Latin lover, cioè caratterizzata da un temperamento romantico e appassionato (così dice il dizionario inglese). Fate voi!