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"Il
latino della scienza e dei dotti, unica lingua che mette d'accordo
tutti"
'uso
della nomenclatura scientifica nella denominazione
delle piante crea spesso imbarazzo in molti amatori ed
appassionati di botanica. Questo comprensibile imbarazzo si
trasforma a volte in un rifiuto all'uso di essa, e si continuano
quindi a chiamare le piante con i nomi comuni.
La ragione di questo risiede presumibilmente nella scarsa
conoscenza dei
meccanismi e delle regole di questo tipo di nomenclatura.
Il tutto è aggravato dall'uso del latino, ma essendo
stata questa, per secoli, la lingua della scienza e dei dotti, è tradizione
che si continui ad usarla e d'altra parte sarebbe l'unica ancor'oggi
a mettere tutti d'accordo.
D'altro canto, il motivo per cui i botanici continuano
a spingere per il suo uso diffuso, risiede fondamentalmente
nella necessità di creare un linguaggio comune, al
riparo da continue e possibili incomprensioni.
Scopo di quest'articolo è dunque, quello di fare un
po' di chiarezza sull'uso della nomenclatura scientifica
onde invogliare sempre più persone
ad utilizzarla senza timori reverenziali.
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Questa
immagine, opera di Redouté, è stata tratta
da Lilies - ed. Tashen.
Oggi questa pianta è classificata
nel genere Hosta.
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LA STORIA PRIMA DI LINNEO
ARISTOTELE
NEL IV SECOLO a.C. E DI0SCORIDE 400 ANNI DOPO |
Per
comodità possiamo dividere la storia della botanica
in due periodi distinti: quello prima di Linneo e quello
successivo alle codifiche del botanico svedese. In
occidente, la storia della descrizione delle piante
effettuata in maniera sistematica si può far
risalire al IV secolo a.C. con Aristotele ed il suo
allievo Teofrasto; circa 400 anni dopo, Dioscoride descrive in maniera ragionata oltre 600 piante medicinali.
Quest'opera segna un passo importante nella storia
della botanica e ad essa faranno riferimento gli studi
successivi sulle piante.
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Per
centinaia di anni vengono scoperte nuove essenze che
sono classificate con sistemi diversi ed alle quali
sono attribuite descrizioni farraginose e nomi lunghissimi.
Ovviamente i nomi variavano da una regione all'altra
e spesso lo stesso nome era dato in regioni diverse
a
piante diverse. Questo generava evidentemente continue
confusioni e l'impossibilità di creare un linguaggio
universale. Basti pensare al perìodo medievale
in cui si producevano i cosiddetti erbari figurati,
che sovente, al posto di un elemento basilare (fiori,
foglie,
ecc.), rappresentavano l'organo umano che quella pianta
contribuiva a curare. |
PER
CENTINAIA DI ANNI VENGONO ATTRIBUITE DESCRIZIONI
FARRAGINOSE E NOMI LUNGHISSIMI
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ANDREA
CESALPINO RIUNISCE LE PIANTE IN CLASSI LOGICAMENTE
DISTINTE |
Un
primo passo in avanti per la creazione di un sistema
unico di comunicazione, fu rappresentato dalla produzione
di erbari con piante seccate (exsiccata) che, pur nella
mancanza di una denominazione, rappresentava almeno
una concreta possibilità di confronto. Tale
merito va ascritto al botanico italiano Andrea
Cesalpino (1501-1577) che fu anche il primo
a riunire le piante da lui conosciute in classi logicamente
distinte. Ci si avvicina così all'avvento dei
sistemi artificiali di classificazione; questi sono
basati su elementi morfologici, scelti arbitrariamente
dall'autore, per condurre ad una facile individuazione
degli esemplari.
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Giuseppe
Pitton de Tournefort (1656-1708) suddivise
in categorie le piante sulla base del loro habitus.
Tale sistema ebbe abbastanza fortuna anche nelle
Università italiane fino all'avvento dirompente
del sistema linneano.
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GIUSEPPE
PITTON DE TOURNEFORT SUDDIVISE IN CATEGORIE SULLA
BASE DELL'HABITUS |
LINNEO
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Carlo
Linneo (1707-1778), fin da giovanissimo mostra una
spiccata predisposizione alla didattica ed agli studi
sistematici e nel 1735 pubblica il suo Systema
Naturae in cui codifica un sistema artificiale
basato sul numero degli stami e degli stili. Seppur
lacunoso questo sistema riscuote immediato successo
e viene conservato più o meno inalterato fino
al 1850. Linneo introduce inoltre il concetto
di specie come unità fondamentale della sistematica e,
facendo sue le idee di Bauhin, che
si riprometteva di dare due nomi a tutte le cose create, conia
il sistema binomiale. Così il Ranunculus
seminibus aculeatis folìis superioribus decompositis
linearibus diventa Ranunculus
arvensis e questo possiamo ben dirlo è un
bel passo in avanti per la comodità e funzionalità di
classificazione e comunicazione!
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LE SPECIE
I biologi hanno dato, nel tempo, numerose definizioni del
concetto di specie, in linea di massima può essere
definita come un insieme di individui che hanno gli
stessi caratteri distintivi
o più precisamente: un insieme di individui,
tra di loro interfecondi, corrispondenti tra loro per tutti
i
caratteri essenziali, dai quali si originano discendenti
a loro volta interfecondi e che conservano le stesse caratteristiche
dei genitori.
IL NOME DELLA SPECIE E' DATO
DA DUE PAROLE: EPITETO GENERICO ED EPITETO SPECIFICO
II nome dello specie è dato da un insieme di due
parole, la prima è detta epiteto generico e la
seconda epiteto specifico. La prima indica
quindi in quale genere ricade la pianta, la seconda il nome
della specie all'interno
del genere. Abbiamo così nomi quali: Hibiscus rosa-sinensis e Hibiscus
syriacus dove Hibiscus è il genere
e le due precedenti sono le specie. Va sottolineato quindi
che syriacus e rosa-sinensis sono epiteti
specifici e non il nome della specie in quanto questo è dato
solo dalla combinazione dei due epiteti.
CATEGORIE TASSONOMICHE
Genere e specie costituiscono dunque
ciascuno un esempio di categoria tassonomica o taxon (taxa al plurale). Questa può essere definita come
l'insieme convenzionale di individui aventi caratteristiche
di similarità secondo il sistema utilizzato ed aventi
in particolare un certo grado di affinità genetica.
SPECIE,
GENERE, FAMIGLIA, ORDINE...
Definita la specie come unità fondamentale avremo delle
categorie di rango superiore come genere, famiglia, ordine
e così via.
Ne discende che un genere sarà un insieme di una o più specie,
una famiglia un insieme di uno o più generi, un ordine un
insieme di una o più famiglie.
La sistematica botanica ha un sistema molto complesso di organizzazione
delle categorie tassonomiche, la descrizione di questo
esula però dagli scopi di questo articolo e dagli interessi
di chi si occupa di piante ornamentali. A scopo puramente conoscitivo
viene illustrata in tabella l'intera sequenza delle categorie
e delle loro desinenze.
LA SCRITTURA E LA GENESI DEI NOMI
EPITETO
SPECIFICO |
L'epiteto
specifico viene scritto con l’iniziale minuscola e
deve concordare con il genere dell'epiteto generico,
può essere in forma di aggettivo, di sostantivo
al genitivo o di una parola in apposizione; esso può essere
descrittivo dell'ambiente in cui vive la pianta (es. agrestis,
campestris, arvensis = dei campi, nemoralis,
sylvestris = dei boschi; pratensis =
dei prati, ecc.), del luogo di origine (es. japonicus,
canariensis, canadensis, occidentalis, ecc.), può descrivere
una caratteristica morfologica della pianta (es. longifolia, tuberosum, spinosum,
myrtifolia, ecc.), può descrivere
una prerogativa della pianta (es. edulis,
officinalis, tinctoria, ecc.), può essere
dedicato a una persona più o meno celebre (es. wilsoniae,
smithii, sieboldianus, ecc.) o può essere
di fantasia (es. bella-donna, litigiosus,
ecc.).
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L'epiteto
generico viene scritto con l’iniziale
maiuscola e può essere
coniato sulla base del nome popolare della pianta, può essere
dedicato a qualcuno o descrivere delle peculiarità come
nel caso dell'epiteto specifico. Può essere
maschile, femminile o neutro. Fa specie che i nomi degli
alberi della seconda declinazione siano femminili anche
se la
desinenza è ovviamente in us (es. Taxus baccata), ma non più dei nomi maschili (p.es. agricola) della prima declinazione (antichi ricordi scolastici).
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EPITETO
GENERICO |
LE
FAMIGLIE |
II
nome della famiglia viene scritto sempre con iniziale
maiuscola. prende la desinenza
aceae, preceduta dal nome della specie utilizzata per
istituire la famiglia (es. Asteraceae,
Poaceae, Oleaceae, ecc.). Fino a qualche anno
fa le famiglie potevano avere un nome di fantasia o
descrittivo di
una peculiarità ed in tal caso la desinenza
era ae (es. Compositae, Gramineae, Labiatae, Leguminosae,
ecc.), tale possibilità è stata ormai
definitivamente accantonata (e le precedenti sono diventate
rispettivamente: Asteraceae,
Poaceae, Lamiaceae, Fabaceae).
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E'
prassi che in tutti i testi, siano essi scientifici o
divulgativi, il nome delle categorie tassonomiche sia
scritto in corsivo. |
LE
CATEGORIE TASSONOMICHE
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LE SOTTOSPECIE
Tralasciamo le altre categorie di rango superiore che, come
già detto, rivestono un'importanza relativa per
i non specialisti. Citiamo invece le categorie di rango inferiore
alla specie che vengono comunemente utilizzate.
Queste sono fondamentalmente la sottospecie e la varietà.
La sottospecie si istituisce quando i caratteri differenziali
non sono ritenuti dall'autore tali da poter far assurgere
l'esemplare ritrovato a rango di specie (es. Cistus
incanus subsp. creticus).
L'abbreviazione di sottospecie è dunque subsp.
e non ssp. come si ritrova in alcuni testi.
LE
VARIETÀ'
Quando
i caratteri differenziali sono ancora più sfumati
e dunque l'autore ritiene di non poter istituire una sottospecie,
si può usare un'ulteriore categoria di rango inferiore
che è la varietà (es. Ceanothus thyrsiflorus var. repens).
L'abbreviazione corretta è dunque var.
LE CULTIVAR
II termine cultivar deriva dall'inglese cultivated variety e viene attribuito a
quelle piante selezionate per un attributo particolare o un insieme di attributi
e che sono chiaramente
distinte, uniformi e stabili per le loro caratteristiche
e che, se propagate, le mantengano inalterate.
Pertanto non
possono assolutamente essere chiamate specie, varietà o
forme, come invece frequentemente accade nella pratica
corrente. Cultivar è in italiano un sostantivo femminile, e il suo nome deve essere scritto fra
virgolette semplici (es.
'BristoI Ruby'), mai in corsivo, e non può essere
più lungo di 10 sillabe o 30 caratteri. Non è sufficiente,
anzi è un errore, identificare una cultivar facendola
precedere dalle abbreviazioni cv. o var. o utilizzando
le virgolette doppie. Infine i nomi delle cultivar vanno
sempre scritti nella lingua originale, pronunciati nella lingua originale, cioè non in latino, ma è purtroppo prassi commerciale cambiare il nome della cultivar, per esempio il Sedum telephium 'Herbstfreude' viene commercializzato come S.t. 'Autumn Joy': è la legge del mercato, bellezza!
GLI
IBRIDI
Dall'incrocio di due specie diverse si genera
un ibrido, le
piante derivanti possono non essere uguali l'una all'altra
ma vengono comunque raggruppate sotto lo stesso nome, così come
i reincroci. L'ibrido si indica con la lettera x. Ad
esempio
Abelia x grandiflora è il nome degli
ibridi ottenuti dall'incrocio di A. chinensis con A.
uniflora.
L'incrocio può avvenire fra due generi diversi
ed in questo caso la x precede il nome di un nuovo epiteto
generico che viene di solito formato usando, in tutto o in
parte, gli epiteti dei due generi incrociati. Abbiamo
ad esempio x Cupressocyparis (Cupressus x Chamaecyparis)
oppure x Halimiocistus (Halimium x Cistus). Nota bene: x si legge sempre per, cioè Abelia per grandiflora.
I
NOMI DEGLI AUTORI |
Affrontiamo
adesso la parte più complessa e apparentemente
incomprensibile della nomenclatura botanica; le regole
impongono infatti che il binomio specifico sia
sempre seguito dal nome dell'autore. Chiariamo
subito che per autore si intende colui che per primo
ha descritto e dato un nome ad una nuova specie, sottospecie
o varietà e ha pubblicato questa descrizione in
una rivista scientifica di pubblico dominio, assumendone
la paternità.
Tale descrizione e denominazione viene accompagnata
da un saggio d'erbario o da un'illustrazione che costituirà il
riferimento, chiamato tipo (typus),
di quella specie. I nomi degli autori raramente si scrivono per esteso ma vengono
generalmente abbreviati (es. L = Linneo).
Quindi, tornando alle specie precedentemente citate, il modo corretto di scriverle
sarà: Hibiscus rosa-sinensis L, Hibiscus syriacus L, Cistus
incanus L subsp. creticus (L.) Heywood, Ceanothus
thyrsiflorus Esch. var. repens Mc Minn. |
Frequentemente
si può ritrovare il nome di autore in parentesi;
prendiamo il caso della comune margherita dei giardini,
il primo ad aver visto e descritto questa pianta fu
Linneo che la chiamò Chrysanthemum frutescens L;
qualche tempo dopo, il botanico tedesco K. Schultz
Bipontinus riconobbe la validità della descrizione
di Linneo ma ritenne più opportuno inserire
la specie in un genere diverso e cioè Argyranthemum,
trasformandola quindi in Argyranthemum frutescens;
poiché rimane valido il primo epiteto specifico
(frutescens) istituito da Linneo, per conservare
memoria di questo la dicitura esatta sarà: Argyranthemum
frutescens (L) Sch. Bip. Tale nome è quello
correntemente in uso anche se nella pratica viene ancora
chiamata Chrysanthemum. Il caso di Cistus
incanus L subsp. creticus (L) Heywood è leggermente
diverso: Linneo istituisce due specie di cisti: il Cistus
incanus ed il Cistus creticus.
In seguito Heywood ritiene che le differenze fra le
due piante non siano tali da poterle considerare specie
distinte
ma siano sufficienti per farle ritenere due sottospecie.
Poiché il nome originario o basionimo,
deve essere conservato anche in un passaggio di categoria
tassonomica, come nel caso precedente esso
sarà ricordato utilizzando la L in parentesi.
Abbiamo visto dunque che cambi di generi o di rango generano delle
sinonimie.
Queste nei trattati di botanica sono generalmente riportate in carattere
diverso e precedute dal segno =. Quindi avremo ad esempio Cistus incanus L
subsp. creticus (L) Heywood = Cistus creticus L. |
SINONIMIE,
QUANDO PIÙ'AUTORI
INTERVENGONO NELLA
COSTRUZIONE DEL NOME |
"EX", "ET, "NON"
INDICANO ALTRE SINONIMIE |
Non è questo
l'unico caso in cui si hanno delle sinonimie, a volte
può accadere che diversi autori abbiano individuato
separatamente la stessa pianta ma le abbiano dato nomi
diversi. In questo caso vale la priorità temporale
di descrizione e il nome assegnato alla pianta dall'autore
della descrizione stessa, quindi tutti i nomi istituiti
in seguito cadranno in sinonimia.
Alcune volte si può trovare la particella ex come
ad esempio in Garrya elliptica Douglas ex Lindi,
tale particella definisce la paternità della descrizione da
parte di Lindley.
Il nome dell'altro autore viene citato quando questi è stato
il primo a individuare o accertare la pianta ma non ne ha effettuata
la
pubblicazione o, nella pubblicazione, non ha seguito le regole convenzionali
richieste
dalla botanica ufficiale.
La paternità di un binomio appartiene infatti all'autore della pubblicazione
anche se il solo binomio, privo di descrizione, appartiene ad altri autori.
Ciò vale anche se l'autore lo ascrive ad altri o ha da altri ricevuto
un campione d'erbario, ma manca un'affermazione esplicita che questi abbiano
contribuito alla pubblicazione. In questi casi prima del nome dell'autore
della pubblicazione può essere inserita la paternità ascritta,
seguita da ex.
Un caso abbastanza comune è l'uso dell' et,
questo significa che gli autori dell'opera in cui è contenuta
lo descrizione sono due, come ad esempio per Hydrangea paniculata Sieb.
et Zucc. o più di due come in Arbutus xalapensis Hunb.,
Bonpl. et Kunth.
Un
altro caso abbastanza frequente è quello in
cui un autore ho commesso un errore di determinazione
o ignori che il nome sia stato già utilizzato;
nel riferirsi alla specie accertata si userà allora
il non. Esemplare è il
caso di Lonicera pyrenaica. La paternità di
questo binomio appartiene sia a Linneo che a Ledebour,
ma solo la prima è giusta e va conservata, la Lonicera
pyrenaica di Ledebour va in sinonimia con la Lonicera
tatarìca precedentemente descritta dallo
stesso Linneo. La dicitura corretta sarà quindi
la seguente: Lonicera tatarica L - Lonicera
pyrenaica Ledeb., non L
Questo caso ci aiuta a capire quanto sia importante dunque l'uso del nome dell'autore,
solo in questo modo è possibile infatti risalire con certezza alla specie.
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Citiamo
infine s.l. l'abbreviazione di "sensu
lato" che
spesso si ritrova dopo il nome dell'autore. Tale
espressione viene applicata quando si cita
una specie che abbia anche delle sottospecie senza
fare riferimento
a nessuna di queste; così se scriviamo Coronilla
emerus L s.l. vuol dire che non siamo in grado
di stabilire o non riteniamo importante indicare se
si tratti della subsp. emerus o della subsp. emeroides. |
" s. l.":
SOTTOSPECIE NON CITATA
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CODICE
INTERNAZIONALE DI NOMENCLATURA BOTANICA |
Tutto
quanto esposto finora è contenuto e regolamentato
da un Codice Internazionale di Nomenclatura
Botanica;
chi volesse cimentarsi nella lettura (un po' arida
e ostica, a dire il vero) potrà consultare
il volume 29, numero 1 del 1997 dell' Informatore
Botanico Italiano (bollettino della Società Botanica
Italiana). |
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