IVANO GARBUIO, l’amico dei fiori e delle piante
di Claudia Pavoni
L’Esistenza di ognuno di noi è fatta di tanti
momenti che consumano la Vita e ci avvicinano alla Morte, senza
poter cambiare granché per tale corso naturale delle
cose. A volte una malattia, un incidente o la fatalità che
strappano alla vita qualcuno, ci informano preventivamente
che potrebbe toccare anche a noi, in ogni istante, forse domani.
Siamo sempre impreparati a queste notizie ché immersi
in moti frenetici non ci rendiamo conto che stanno già scorrendo
i nostri tempi supplementari. Così capita anche che
immersi in un certo tran-tran affiorino i ricordi di certi
anniversari come notizie rimaste scolpite e dolorose perché non
fanno parte della scorza esterna della nostra esistenza e neanche
del vissuto superficiale, ma sono parte scorrevole della linfa,
dell’essenza stessa del nostro vivere: condivisione di
brandelli di vita impossibile da eludere.
Sono momenti-sensazioni che silenti rimangono sottopelle, ma
poi con un niente saltano fuori e ti stordiscono per la loro
recrudescenza e perché coinvolgono anche un pezzo del
tuo fisico. Per Ivano Garbuio è stato così: ha
lasciato la vita in pochi secondi, come aveva avuto sempre
in presentimento e con la speranza che succedesse, relativamente… ‘sensa
tribolare, un bel colpo de cuor’.
Una malattia fortunosamente sconfitta qualche anno prima lo
aveva reso esperto sull’inconsistenza e sull’impossibilità di
progettare il futuro: ‘pochi istanti e te lassi tutto
sensa poder finir i compiti del dì’.
A distanza di un anno da quella terribile telefonata nella
quale Roberto Garbuio mi diceva: ‘è morto papà’…mi
pare ancora che non sia vero, ma poi ho il ricordo e sento
il dolore fisico di aver perso in quell’istante un braccio.
E così mi capita ogni volta che sento certe parole… ‘pianta
rara’, ‘milletia’, ‘parrotia persica’, ‘prunus
mume’ e migliaia di altre piante che adorava e nominavamo
o descriveva, frasette che era solito intercalare con la sua
bella voce e l’immancabile inflessione veneta; sento
la sua assenza come il vuoto che lascia un pezzo di corpo smembrato.
E così anche riaffiorano i ricordi.
Quante camminate tra i vivai dove andavamo a cercare chissacché
! sempre infangati ! e poi tutte le fiere, le mostre-mercato,
le piante novità, le foto per i premi prestigiosi delle
sue proposte, i giardini moderni, il ‘nostro’ glicine
color porpora (che ho dipinto senza averlo ancora mai visto),
le sue storielle e le sue simpatie per tutte le donne, che
omaggiava sempre con il baciamano. A mia zia Piera, ultraottantenne,
aveva chiesto il consenso di essere la sua suocera preferita!
Mi viene in mente così, elegante e robusto con il suo
faccione sorridente, i suoi baffoni un po’ grigi e tanti
flash vorticosi e sovrapposti di ricordi perché Ivano
era così: vitale, vulcanico di idee e di notizie, noto
per le sue barzellette senza finale, pronto con progetti fantastici,
viaggi speciali, come quello del 2005 in Ungheria che ci ha
commosso per la tragedia del giovane Karolj. Riflessioni e
immagini che continuano a riempire ancora una parte cosciente
della mente e ti pare che sia lì vivo e disponibile
dall’altra parte del telefono e sentire che è lì,
prezioso amico dell’auto in panne, amico fraterno-consolatore
della delusione amorosa, conciliante giudice della baruffa
tra colleghi…
Per tutti era così grande e forte nella sua disponibilità che
mai si è risparmiato, né con i più cari
amici né con certi clienti furbetti che lo hanno sfruttato.
L’avevo conosciuto nel viaggio del giugno ’93 a
Stoccarda, in visita alla IGA e da subito siamo stati can-e-gato:
lui disprezzava le donne progettiste colpevoli di essere poco
pratiche e io lo trovavo tanto veneto ‘pataton’ e
inesperto di verde storico. Poi tra scherzi, dispetti e altri
viaggi, il legame si è approfondito e siamo cresciuti
in tante esperienze bellissime e uniche stimandoci e aiutandoci:
Masino (‘94), la prima mostra a Villa Pasini (’96)
e poi l’avventura per Villa da Schio dove sicuramente è stato
importante il suo appoggio. E poi Florealfest dove ha conosciuto
il Friuli del buon vino e dei bei giardini, ma anche l’ultimo
appuntamento al quale doveva tenere la conferenza sui giardini
moderni: il suo nome nella locandina già stampata mi
martellava durante le due giornate di pioggia e freddo dell’edizione
primaverile. Nell’ultima telefonata mi aveva esortato
a non metterlo nel catalogo come espositore perché non
aveva piante in fiore e aveva troppo lavoro in arretrato, sempre
di corsa e in viaggio. Sarebbe venuto solo a parlare di nuove
piante per i nuovi giardini e così anche fatalmente
la sua ditta non sarebbe più stata presente nei miei
cataloghi.
Fatalmente è stato proprio in un viaggio che il suo
grande cuore si è fermato, così in un giorno
di marzo, mentre intorno fiorivano i ciliegi e i narcisi gialli
sporcavano il prato di Villa Manin, Ivanoski giardiniere di
grande spessore e di grande forza trascinatrice, ci ha fatto
un gran torto.
Ha disertato il teatro della vita lasciandoci senza più lacrime per
piangerlo e con il testamento di ‘far gran festa pel funeral e sonar
la banda con tute le donne che go conosesto’.
Ecco così vi testimonio della strana amicizia tra due giardinieri, can-e-
gato e bastian contrario come ci piaceva definirci.
Alla moglie Ginetta e alla sua bella famiglia va ancora il mio affetto, con
grande tristezza.