UN MAESTRO NEL VENETO: FERRANTE GORIAN

di Milena Matteini (Rosanova n° 10, ottobre 2007)


Definire Ferrante Gorian (1913-1995) un maestro solo nel Veneto è in qualche modo riduttivo perché la sua attività ha spaziato ben oltre i confini regionali, ma sta a significare il ruolo fondamentale che ha avuto in quella parte orientale del paese dove, nel XX secolo, l'arte del giardino era pressoché andata perduta. Ed è singolare che non sia stato ancora oggetto di studio da parte né delle varie Scuole di Paesaggio nel frattempo sorte in Italia, né di alcun altro ente, mentre l'unica ricerca sulla sua attività si deve alla tesi di laurea del 2003 di Giorgia Sarra, una studentessa di Conservazione dei Beni Culturali, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Venezia.
L'avevo incontrato due o tre volte, a Firenze e poi a Sestri Levante, nel corso di uno dei più interessanti convegni che l'AIAPP abbia organizzato nei primi anni '80. Nella tesi è citato un mio carteggio con Ferrante nei primi anni '90, e il fatto, oltre a stupirmi, mi ha spinto ad andare a ricercarlo nel mio archivio.
I Gorian sono originaridi Gorizia, e la dimestichezza con fiori e piante era ed è una tradizione familiare che si protrae ancora oggi. Nel 1881 il nonno Francesco era floricoltore e aveva creato "la fioreria", come punto vendita del vivaio; oggi il "Fioraio Gorian", in via Garibaldi 13, è tenuto dal nipote Sergio, mentre il figlio Fabio fa parte del Corpo Forestale e lavora al Centro nazionale per lo studio e la conservazione per la biodiversità forestale a Peri, vicino a Verona.

Tra questi si colloca Ferrante: un diploma alla Scuola di Pomologia dell'Istituto Agrario di Firenze nel 1933, la frequentazione di un corso di Sociologia della piante, tenuto dal professor Jelitto, collaboratore di Karl Foerster, a Berlino prima dello scoppio della guerra, la laurea in Architettura del Paesaggio all'Università olandese di Apeldoorn nel 1951.

Gli studi evidenziano una profonda preparazione agricolo-botanico-paesaggistica, che si è manifestata in scelte progettuali molto sapienti dal punto di vista vegetazionale e, nel caso del Parco di San Giuliano a Mestre negli anni '80, nell'applicazione di tecniche ecologiche particolarmente avanzate per il recupero di terreni inquinati; con una capacità compositiva naturale, affinata negli anni sudamericani dalla frequentazione di circoli artistici. Fatti e riferimenti di difficile comprensione se non si fa un breve quadro dell'attività, che si può suddividere in tre periodi, corrispondenti a diverse fasi di vita e di lavoro.

Il primo periodo (1933-48), dopo il conseguimento del diploma e l'incontro con il giovane insegnante Porcinai, sembra caratterizzato da una certa irrequietezza e volontà di provare esperienze diverse: in Africa Orientale nel 1936 come soldato semplice, Ferrante rimane impressionato dai bellissimi Hibiscus rosa-sinesis che con fatica il padre coltiva nelle serre; nel '39 inizia a collaborare con il vivaio van den Borre a Treviso, e riprende i contatti con Porcinai. Ben presto i difficili anni della guerra interrompono ogni attività, ma i due, con tre soli anni di differenza di età, rimangono in contatto epistolare, animati entrambi dalla volontà di introdurre in Italia le nuove idee sul giardino e il paesaggio già ampiamente sviluppate in Germania da Migge e dal suo entourage. Comincia con il 1948 e durerà fino al 1961 il secondo periodo di attività.

Su invito di due signorine uruguayane di origine italiana, conosciute a Firenze, il nostro si trasferisce a Montevideo, portando con sé semi di fiori e arbusti della sua terra. Collabora inizialmente con la Dirección de Paseos Públicos, crea un piccolo vivaio e riprende l'attività di progettista.
L'Uruguay in quegli anni è un paese ricco e vivace e Gorian ha modo di frequentare circoli artistici, di entrare in contatto con Roberto Burle Marx e di essere da lui ospitato più volte, sia nella sua chacra di San Antonio, che allo studio di Ipanema. Ma l'incontro più importante è forse con il pittore padovano Lino Dinetto (1927), allievo di Carlo Carrà e pupillo di Berendson, che a Montevideo è Direttore dell'Istituto di Belle Arti, con il quale il paesaggista scopre un diverso modo di affrontare la composizione di un giardino: i pieni, i vuoti, le pause, i chiaroscuri, la statica e la dinamica formale delle piante.

Dei centoquaranta giardini realizzati in Uruguay, commissionati da una committenza colta, in gran parte di origine ebrea nord-americana, l'unica fonte è la tesi citata: sono immagini di giardini di ville, dove non si ha mai un asse centrale, ma si hanno visuali molteplici e trasverse in cui la vegetazione ha rapporti molto bilanciati e si fonde con l'architettura in modo armonico. Attenta è anche la progettazione delle pavimentazioni e in alcuni casi, il giardino si arricchisce dell'elemento acqua, in forme dove è tangibile l'influenza di Burle Marx.
Con la fine degli anni Cinquanta, la situazione economica e politica cambiano radicalmente e Gorian decide di tornare in Italia, stabilendosi a Treviso.

Siamo al terzo periodo (1961-1995), e rispetto al fervore sudamericano, all'inizio degli anni Sessanta, in Veneto la cultura prevalente è contadina e i giardini, quando si fanno, sono orrendi giardinetti in vecchio stile tardo Ottocento. Gorian trova nello Studio D'Avanzo a Treviso, Giorgio Guzzon, direttore dei Parchi e Giardini al Comune di Gorizia, in alcuni vivai (van den Borre, Priola, del Tagliamento), gli interlocutori più attenti con cui intesse rapporti di collaborazione. La sua preparazione e competenza, sia sul piano teorico che pratico del cantiere, è anni-luce più avanzata di tutti i progettisti locali. Progetta eleganti giardini privati, soprattutto in Veneto, ma anche a Torino per i Rivetti, a Lugano per la Banca Svizzera Italiana; alcune sistemazioni a verde di aree industriali, ed è a Gorizia, città natale, che realizza la maggior parte delle opere pubbliche, oltre il grande parco veneziano già citato: i giardini degli uffici regionali, di quelli della Provincia e della Camera di Commercio, l'ampliamento del Cimitero centrale, aree verdi di alcuni quartieri di edilizia popolare.

In tutti i lavori pianta alberi già grandi, con portamenti particolari, cercati con cura e allevati per lui dai vivai del Tagliamento; studia percorsi di profumi, crea raffinate composizioni di piante acquatiche. C'è un gran senso dello spazio, nitore compositivo e morbidezza naturalistica nello stesso tempo. Sono giardini veramente belli. Pierluigi Priola lo ricorda persona schiva, ricercatissima in tutti gli aspetti; e dichiara di essergli debitore del passaggio dal giardinaggio alla produzione di piante, dei criteri di scelta delle piante da coltivare, di alcune piante in particolare come la Viola cornuta, una pianta bella e resistentissima, trovata dopo molte ricerche, su suo consiglio. L'architetto Livia Musini D'Avanzo ha parole di ammirazione per i progettista, per la sua competenza e la raffinatezza delle soluzioni; e di riconoscenza per quanto ha potuto apprendere, lavorandogli a fianco in alcuni progetti, a cominciare dalle sistemazioni esterne del Copertificio Marzotto a Trissino, in un approccio serio a una politica ambientale corretta e coerente. Un vero maestro quasi sconosciuto.