IPPOCASTANO

di Maria Teresa Salomoni (Giardini, febbraio 2001)

Gairdini pubblici a Milano " Vasca De Chirico"


DALLA PENISOLA BALCANICA...
Specie spontanea nella penisola Balcanica (Albania, Grecia settentrionale e Bulgaria) dove forma estesi boschi puri o in consociazione con querce, frassini e aceri, l'ippocastàno fu introdotto a metà del 1500 nell'Europa occidentale dal naturalista Mattioli, che ne portò alcuni esemplari da Costantinopoli, e fu descritto per la prima volta nel 1583 dal botanico Clusius nel suo libro sulla flora "della Pannonia, dell'Austria e dei paesi limitrofi".


... AI NOSTRI PARCHI
Si ambientò subito molto bene nelle zone di nuova immissione e si diffuse in tutta Europa come coltura ornamentale, impiegato come grande alberatura nei primi parchi pubblici sorti in Inghilterra alla fine del '700. Ancora oggi è utilizzato nel verde, pubblico soprattutto ma anche in quello privato, nelle aree che si estendono dalla pianura alla bassa montagna, più di frequente nelle aree centro-settentrionali a clima continentale. E' una specie scarsamente utilizzata in selvicoltura e allo stato spontaneo è poco presente in Italia, tanto da costituire quasi una rarità.

IL LORO FUTURO MINATO DALL'INQUINAMENTO E DAI PARASSITI
L'ombra compatta, l'abbondante fioritura primaverile e l'ampia e globosa chioma che forma quando ha sufficiente spazio per svilupparsi sono le caratteristiche ornamentali che hanno contribuito alla sua diffusione nelle alberature stradali, nei parchi e nelle piazze.
Oggi le sue fortune sono in declino non a causa di una moda capricciosa, bensì per le numerose malattie parassitarie che ne insidiano la salute, già resa precaria dall'inquinamento dell'aria; purtroppo, è prevedibile che i maestosi viali alberati con ippocastàni delle nostre città scompaiano se non verranno attuati adeguati e indispensabili provvedimenti mirati ad una migliore qualità dell'ambiente, in generale, e che questo patriarca trovi rifugio solo nei grandi parchi dove la presenza di altre alberature possa mitigare l'impatto degli inquinanti.

HABITAT
E' una specie di facile adattabilità a vari tipi di climi, che può spingersi fino alle zone montuose ad altitudini prossime ai 1.500 m sulle Alpi, nonostante sia una specie mesòfita, cioè amante del clima temperato. Predilige terreni umidi e ben drenati, teme l'aridità, soprattutto quella dell'atmosfera, ed è per questo che vegeta meglio in terreni profondi, fertili e soffici, non eccessivamente argillosi. Si tratta tuttavia di una specie assai rustica, adattabile a quasi tutti i suoli, purché privi di gesso.
Possiede un'ottima resistenza al freddo, alle nebbie, al vento ed alla neve, teme però le gelate tardive e può subire danni da patogeni di origine vegetale quali carie del legno o marciumi radicali dovuti alle potature e agli urti subiti; viene inoltre gravemente attaccato da un fungo che provoca maculature fogliari abbastanza estese (Guignardia aesculi) e da un insetto (Cameraria ohridella), oltre ad essere molto sensibile all'inquinamento atmosferico.
Pianta dal piede robusto e dai rami poderosi, ha una corteccia bruna
che si squama negli anni


DESCRIZIONE
La specie Aesculus hippocàstanum, denominato correntemente ippocastàno o castagno d'India, appartiene alla famiglia delle Hippocastanaceae e all'ordine delle Sapindali ed è un albero non molto vigoroso, di lento accrescimento, ma raggiunge e supera i 25 metri di altezza, pur non possedendo una eccezionale longevità (300 anni).

LA CHIOMA
La sua chioma, regolare, rotondeggiante o a forma di cupola alta e densa, arriva ad assumere un diametro di 10-12 m; il fusto è poco allungato, talora contorto, cilindrico, maestoso, con branche principali poco ramificate ma robuste, rami secondari ricurvi verso il basso, pelosi da giovani, grigi o bruno-rosa.

LE GEMME INVERNALI
Le gemme invernali sono ovoidali, grosse, appuntite e vischiose per la resina che le ricopre, di colore bruno-rossiccio lucente: quelle apicali e da fiore hanno dimensioni maggiori. Si schiudono in aprile.

 

LE FOGLIE
Le foglie hanno nervature pronunciate e un lungo picciolo che le unisce al ramo; sono palmate, composte da 5-7 foglioline, sessili e dentate, di forma obovata-lanceolata più larghe all'apice, che sorgono tutte dallo stesso punto sul picciolo scanalato, lungo e di color verde-giallo. Le foglie sono cadùche, opposte, di colore verde intenso sulla pagina superiore, più pallide inferiormente, dapprima con pelosità rugginosa verso la base, poi glabre. In autunno cadono abbastanza presto, dopo aver assunto un bel colore giallo aranciato.
Quando cadono lasciano una caratteristica cicatrice a ferro di cavallo sul ramo.

LA CORTECCIA
La corteccia è in un primo tempo grigia, liscia e sottile, poi si scurisce assumendo un colore rosso-bruno o grigio scuro-bruno e si fessura desquamandosi longitudinalmente con l'età, in piccole placche grigio-nerastre.

IL LEGNO
II legno è poco pregiato, non molto flessibile, di colore bianco tendente al giallognolo, leggero e tenero, poco durevole; per queste motivazioni non trova numerosi impieghi commerciali ed è utilizzato solo per piccoli lavori artigianali, quali la produzione di giocattoli o delle cassette per la frutta, e come combustibile.

LE RADICI
L'apparato radicale è costituito da radici molto espanse, che formano in superficie una fitta trama. Assume uno sviluppo volumetrico molto esteso e abbastanza superficiale e, quindi, può determinare danni a strutture fisse, come manufatti in muratura e manti stradali, soprattutto se non vengono soddisfatti i suoi bisogni di acqua.

Aesculus hippocastanum
Aesculus indica
Aesculus carnea

I FIORI
Gli odorosi fiori sono zigomorfi ed ermafroditi, con calice tubuloso-campanulato a 5 lobi lunghi circa due centimetri: hanno una corolla a 5 petali bianchi e frangiati con una macchia rosa o giallastra alla base. Sono riuniti in grandi infiorescenze erette di forma piramidale, molto appariscenti, lunghe anche 30 centimetri: compaiono da aprile a maggio.

Aesculus carnea 'Briofii'
Aesculus flava
Aesculus turbinata


I FRUTTI
I frutti sono capsule sferoidali, coriacee, giallo-verdognole, ornate da brevi e flessibili aculei, che a maturità si aprono in 3 valve, lasciando uscire da uno a quattro semi simili a castagne, appunto le cosiddette castagne o marroni d'India. I semi sono acheni tondeggianti lucidi e di colore bruno rossiccio, con un grande ilo grigio e opaco alla base. Le castagne d'India non sono commestibili per l'uomo, nonostante la grande quantità di amido contenuta nei cotiledoni, a causa della presenza di una saponina tossica, ma vengono utilizzate da vari animali. La maturazione dei frutti avviene da settembre ad ottobre inoltrato.

LE HIPPOCASTANACEAE
Le Hippocastanaceae comprendono alberi con foglie opposte e palmato-divise, senza stipole, a distribuzione relitta, in quanto i resti fossili fanno ritenere che fossero molto più diffusi nel Terziario. I fiori, riuniti per lo più in pannocchie, sono generalmente ermafroditi e zigomorfi, con calice di 5 sepali concresciuti e corolla di altrettanti petali liberi, di cui il maggiore diversamente colorato dagli altri. L'androcèo è formato da 8-5 stami e il ginecèo da 3 carpelli concresciuti.
La Famiglia riunisce due generi: il genere Billia, poco importante, comprendente due specie, ed il genere Aesculus, che l'aggruppa 15 specie diffuse nelle regioni temperate dell'emisfero settentrionale, dall'Asia, all'Europa, all'America Settentrionale fino al Messico. La specie più diffusa in Italia è l'ippocastàno.

VARIETÀ
La reperibilità sul mercato vivaistico di questo albero è ottima, sia per la disponibilità di giovani piante sia pe la ricerca di esemplari di notevoli dimensioni. E' consigliabile l'impiego della cultivar A. h. 'Baumanii' a fior bianco e doppio, sterile, cioè non produce i frutti che sono piuttosto malvisti in autunno quando cadono ne piazzali diventando addirittura dannosi quando precipitano sugli autoveicoli.
Altre specie di ippocastàno reperibili in Italia sono Aesculus pavia, originaria del Nord America, che produce fiori rosso porpora, Aesculus x carnea, ibrido tra A. hippocàstanum e A. pavia con infiorescenze rosate, e Aesculus x carnea 'Briottii' a fiore rosso.

 

RIPRODUZIONE
I semi di questa specie sono molto sensibili alla disidratazione per cui la loro conservazione è difficile e la loro facoltà germinativa decresce rapidamente. Se il contenuto di umidità scende al di sotto del 45-50% la germinabilità viene seriamente compromessa. Se dopo la raccolta fosse avvenuta una parziale disidratazione dei semi, questi vanno immersi in acqua tiepida; tuttavia, se la perdita di umidità fosse accentuata, la reidratazione non ripristinerebbe le caratteristiche qualitative. In condizioni buone, l'80% dei semi raccolti conserva facoltà germinativa; in 1 kg si trovano da 50 a 300 semi, in media 75-80, se sono di buona pezzatura.
La semina va effettuata in autunno immediatamente dopo la raccolta; se non è possibile e la si rimanda alla primavera successiva, si devono stratificare i semi al freddo per 3-4 mesi.

 

Nella foto uno dei più gravi e frequenti errori delle piantagioni di alberi di città: la mancanza di superficie permeabile al'aria e all'acqua

 

 

MALATTIE
Come abbiamo anticipato in precedenza, risultano piuttosto diffuse alcune malattie, parassitarie e no, che colpiscono l'ippocastàno. La malattia fungina ubiquitaria è la Guignardia aesculi (Pk.) St. L'attacco avviene a carico delle foglie e si presenta in forma di macchie dapprima clorotiche, poi brune. Queste lesioni si trovano con maggiore frequenza alla periferia della lamina fogliare e sono delimitate dalle nervature.
Le foglie più colpite finiscono per disseccare e cadere precocemente.
Una fisiopatia nota con il nome di "bruciore" deturpa le piante fin dai primi giorni estivi: si manifesta con un progressivo arrossamento del lembo fogliare che partendo dal bordo si approfondisce lungo gli spazi internervali finendo per interessare l'intera foglia, che tende ad accartocciarsi per poi cadere. La causa del "bruciore" non è stata ancora ben chiarita dai ricercatori che l'hanno studiata, anche se è verosimile che vada messa in relazione, da un lato con l'azione dei gas di scarico dei motori a scoppio, dall'altro con la mancanza, che si verifica spesso, di terreno libero dal manto stradale attorno al fusto. E' nostra opinione, inoltre, che anche il calore riflesso dell'asfalto o delle pavimentazioni, contribuisca ad accentuare il bruciore.
Nella foto l'accentuata defogliazione provocata dall'insieme di malattie parassitarie e da fisiopatie

 

CURIOSITA'

Il nome italiano significa "Castagno dei cavalli", perché col suo frutto macinato le popolazioni turche curavano i cavalli con difficoltà di respirazione.
Nel folklore italiano si crede che per combattere i raffreddori bisogna conservare in tasca due semi di ippocastàno. Sembra che le castagne d'India abbiano efficacia negli armadi come antitarme
L'ippocastàno produce un nettare dalla concentrazione zuccherina molto elevata (50-60%) appetito dalle api, ma non lo si trova quasi mai nei mieli data la distribuzione della pianta limitata ai viali delle città; oltre a ciò l'epoca di fioritura coincide in parte con un periodo in cui il miele prodotto viene di solito impiegato dalle stesse api per il rinforzo della "nidiata".
I frutti, anche se molto amari, vengono mangiati dai cervi.
Un tempo le castagne d'India venivano macinate per farne un alimento per ovini e suini e ancora oggi potrebbero essere impiegate per l'alimentazione del bestiame, ma è opportuno non distribuirle ai suini e al pollame che spesso manifestano sintomi da intossicazione. In ogni caso, non superare una dose giornaliera di 2 kg, somministrata all'inizio con gradualità.




HANNO DETTO DI LUI

Luigi Pirandello
Guido Gozzano
Giovanni Pascoli

Accende in alto lumi d'oro strani
nella macchia dei bigi ippocastàni
che un tempio sembra ed opera d'incanto.



L'azzurro che riempie le foglie più verdi, palmate, degli ippocastàni, si direbbe intagliato nella pura turchese.

 


Vidi una massa buia
di là del biancospino:
vi ravvisai la thuia,
l'ippocastàno, il pino: