IL PAESAGGIO E LA CULTURA DEL TEMPO
di Eraldo Antonini (Giardini, giugno 2005)

 

In questi ultimi anni si fa un gran parlare del cosiddetto «paesaggio» e dalla sua «tutela». Le virgolette sono d'obbligo perché entrambi i termini esprimono tutto e il contrario di tutto. La definizione di paesaggio ha origini che si perdono nel passato, ma la matrice è essenzialmente «artistica». Risale al Rinascimento il termine di paesaggio atto a definire un dipinto che raffigurava, come scriveva con non celata ironia Michelangelo Buonarroti, «casupole, verdure campestri, ombre d'alberi, ponti e ruscelli con qualche figurina qua e là, ed essi chiamano ciò paesaggio».

Per passare dalla definizione artistica a quella scientifica occorre attendere fino alla prima metà dell'Ottocento quando, grazie a viaggi ed esplorazioni, ci si accorge delle mutevoli forme che può assumere il paesaggio e dell'influenza che su di esso esercita l'uomo. Nel 1925 si parla di «paesaggio culturale», che è il risultato dell'azione dell'uomo sulla natura mediante la creazione di sovrastrutture che sono il frutto della cultura di un'epoca.

Nel corso dei secoli, infatti, l'uomo ha progressivamente modificato il paesaggio spandendo sempre più il proprio controllo del territorio. Dalle città murate dell'antichità alle residenze suburbane del Rinascimento si è passati a una progressiva espansione dell'edificato che si è accompagnata, per secoli, alla messa a coltura dei terreni. Nel secondo dopoguerra, in Italia forse più che in altri paesi europei, si è assistito a un progressivo processo di cementificazione che ha interessato la campagna e le coste. Negli ultimi anni, poi, si è avuta un'accelerazione dell'espansione urbanistica in pianura che ha portato a preoccupanti fenomeni di «urbanizzazione delle campagne»: si veda il Veneto e alcune zone dell'Emilia e della Lombardia, legato alla realizzazione di centri industriali, commerciali e artigianali. I comuni, poi, negli oneri di urbanizzazione, vedono una notevole fonte di entrate e quindi la tutela del paesaggio (agrario) è stata messa, nei fatti, definitivamente in secondo piano. Tuttavia, senza nulla togliere alle attività industriali, commerciali e artigianali, e la Svizzera lo insegna, si può intervenire intelligentemente studiando, e mettendo in opera, con attenzione tutti quegli strumenti per ridurre, anche visivamente, l'impatto ambientale grazie anche all'uso del verde ornamentale e di una oculata scelta dei luoghi da edificare. Questo anche per evitare che la cultura di questi anni sia emblematicamente rappresentata da un capannone industriale.