IL
COLORE NEI GIARDINI E NEL PAESAGGIO
di Pietro Porcinai
Estratto dagli Atti del I Congresso dell'Istituto Nazionale
del Colore
Padova 10-11 giugno 195
A
proposito del colore, così ebbe a scrivere, anni addietro,
un mio amico fiorentino: "Fin da ragazzo ho pensato
che la Mente suprema, alla cui somma intelligenza si deve riconoscere
di aver disposto con leggi e sistemi imperscrutabili ed eterni
gli elementi, abbia voluto dar preminenza ai colori fra le cose
messe a rispecchiare la propria inimmaginabile bellezza e create
a sollievo, consolazione e gioia degli uomini.
Tutto, nella natura, è colore; in virtù del colore,
oltre e spesso più che della forma, una cosa è
bella o brutta o mediocre: per il colore essa si distingue dalle
altre, e acquista un carattere proprio. Nulla ci riuscirebbe
di immaginare senza il colore: e il nero, che del colore è
in effetti la negazione, fu destinato appunto a significare
il nulla assoluto, la morte".
È un fatto che ogni manifestazione della vita - animale
e vegetale - ha nel colore una delle più convincenti
espressioni.
Ecco alla nascita colori tenui e delicati, quasi a simboleggiare
un preludio: verdi teneri, o rosa soffusi al germogliar delle
piante; colori che si fanno caldi e intesi con la maturità,
che prorompono all'autunno in trionfali e accese tonalità,
quasi un estremo inno alla vita prima della quiete. La notte,
principio e fine di ogni ciclo evolutivo, è tenebra e
silenzio; ma dal nero
della notte sorgono, e si susseguono, i colori, i vari e molteplici,
quasi infiniti per ogni ora del giorno, in mirabile scala di
gradazioni tonali, dalla madreperla dell'alba all'incendio del
tramonto. Ad ogni regione, ad ogni clima, colori diversi; nel
Settentrione, dove più blanda è la luce, e più
lunghe sono le albe e i crepuscoli, ecco che i colori della
campagna, degli alberi, dei fiori sono morbidi e delicati, quasi
a intonarsi all'opalescente nebulosità; accesi e fulgidi
i colori della natura, invece, nelle regioni del Sud, e più
ancora nelle regioni equatoriali, dove la notte è breve,
e dove il sole trionfa. Qui fioriscono l'Oleandro, l'Ibisco,
l'Inga, la Poinsettia; e s'accendono le macchie degli aranci
e dei limoni.
Ma dobbiamo parlare del colore nei giardini; e va subito detto
che nel giardino il colore, più che la forma, è
il grande protagonista, fonte di emozioni, di gioia, d'estasi.
E cos'è il giardino?
Si sa che, alle origini, fu una raccolta imitazione della natura:
vi si portavano dai boschi, dalle regioni lontane, le piante
più rare: anche quelle che servivano ad usi più
immediati, come ad esempio, le piante medicinali; e il colore
del giardino, pertanto, ebbe determinazione casuale, come fortuiti
erano gli accostamenti delle piante. Ma presto il giardino -
per l'inesausta volontà dell'uomo di sottomettere a sé
ogni esterna manifestazione - ebbe altra e più architettata
composizione (non si dimentichi che giardino, jardin, garden,
garten, deriva da "garder", che ha qui il significato
di "governare", di "curare"). Vi fu chi
vide piante dalle splendide foglie e dai fiori stupendamente
colorati nella campagna prossima o in luoghi remoti; e li trapiantò
e coltivò nel suo giardino. Così il giardino divenne,
anche per il colore, luogo di sosta beata e di ricreazione degli
occhi e dello spirito.
Se, un tempo, i giardini furono cornice a feste e svaghi di
Re e di Principi (Boboli e Versailles, Villa d'Este e Vaux-le-Vicomte,
Caserta e Schönbrunn), con giochi di acque e masse colorate
d'alberi, e prati e fiori; se, più tardi, dai Re e dai
Principi, il giardino passò ad essere prerogativa dei
nuovi ricchi, dei capitani dell'industria, che peraltro si ispirarono,
forme ecolori,
ai parchi delle ville regali, oggi, per le mutate condizioni
economiche della società moderna, il giardino si è
fatto più piccolo e frammentato; ma resta pur sempre
la continuazione all'aperto della casa, la gioiosa piccola "oasi"
della vita familiare. In compenso, se più limitato è
lo spazio, un assai maggior numero di persone è in grado
di possedere un giardino. Case più piccole, e più
piccoli giardini; e il possessore di un giardino, piccolo che
sia, ha l'ambizione di vedervi concentrate, su scala ridotta,
le delizie ch'erano un tempo dei grandi: forme, cioè,
e colori.
I giardini più piccoli di tutti sono le terrazze, in
alto sui tetti delle città; e non c'è nulla da
eccepire, ove si pensi che i più famosi giardini dell'antichità,
quelli appunto di Babilonia, furono giardini pensili....
Avete mai osservato la nota di gaiezza, di vivacità,
che una sola terrazza fiorita può dare ad un'intera strada
di città, riuscendo, da sola, a rompere il grigiore?
Ecco il magico effetto del colore, il quale, come si è
detto, è uno dei segreti più fascinosi del giardino.
E i piccoli giardini di città, le terrazze, i balconi
fioriti, concorrono a rallegrare il "tono", sovente
arcigno, di quell'immenso dedalo di cemento e muro che sono
le città moderne, insieme con quello che solitamente
si chiama il "verde" pubblico (con tale colore esso
è infatti indicato nelle grandi mappe dei piani regolatori).
Verde pubblico, che l'orientamento sociale della moderna scienza
urbanistica, indica quale uno dei valori massimi e degli obbiettivi
fondamentali da raggiungere, quando si costruisce o si pianifica;
ma che però, ancor oggi, è in gran parte eredità
del passato. I grandi parchi pubblici, infatti, sono assai spesso
gli antichi giardini dei Re e dei Principi (Villa Borghese,
le Cascine, ecc.) giunti in potere delle pubbliche amministrazioni,
e da questi aperte al godimento generale.
Il
colore nei grandi parchi, ovviamente, non è meno importante
che nei piccoli giardini. E sappiamo bene come gli antichi Signori
- che i giardini facevano fare per diletto personale - non si
peritassero ad affidarne la composizione ad artisti (architetti,
pittori, uomini dalla fervida fantasia) i quali aiutavano sapientemente
la natura, oltre che agghindarla, e sapevano trarne effetti
meravigliosi. Costoro ben sapevano, naturalmente, quanto grande
fosse l'importanza del colore, e con accorti accostamenti riuscivano
a comporre magici effetti. Avete mai visto Boboli in autunno?
È una sinfonia prodigiosa di verdi spenti o accesi, di
gialli, di rossi, di bruni, distesi in una superba gamma di
toni, con accostamenti inattesi e sorprendenti contrasti. E
la bellezza di Boboli non è solo data dalle vasche, dalle
statue, dalle balaustre di pietra attorno all'acqua; ma anche
e soprattutto dagli alberi, dalle piante, dai prati, dai fiori.
Qui si può decisamente parlare di "architettura
verde" o di giardino costruito.
Quale era il segreto degli antichi costruttori di giardini?
C'è voluta la scienza moderna per capirlo: quando, poche
decine di anni fa, un botanico francese, Braun Blanquet,
scoprì che le piante stanno meglio in compagnia piuttosto
che sole. Ma questa "compagnia" non è casuale;
essa, per converso, è sapientemente determinata da rapporti
misteriosi: l'ombra di una pianta serve ad un'altra pianta;
le foglie dell'una, cadendo, son preziose alle radici di un'altra
ancora. I lecci prosperano all'ombra dei pini, e ne proteggono,
ad un tempo, le radici. E via discorrendo. Ma quel che più
è importante, si è scoperto che, quando le piante
vivono fra di loro in piena armonia associativa (armonia botanica),
anche il loro portamento, la loro forma esprimono una perfezione
armonica: e tale armonia di rapporti si estende, ovviamente,
anche il colore. I più perfetti rapporti coloristici,
pertanto, si hanno fra le piante botanicamente in armonia.
Avevano gli antichi architetti di giardini compreso ciò?
Forse. O, per lo meno, l'avevano intuito; così come Giotto,
nella sua genialità, intuisce le leggi della prospettiva
che Brunelleschi scoprirà solo un secolo più tardi.
O forse si affidarono alla loro sensibilità pittorica,
scegliendo alberi, cespugli, piante, che, per il taglio delle
foglie, il colore della chioma o per altri elementi, armonizzassero
fra di loro; poterono così nascere Boboli, Versailles,
Vaux-le-Vicomte, Villa d'Este, Villa Pisani e tanti altri ancora.
E il visitatore, per profano che sia, riesce a cogliere questo
senso di armonia, di invitante perfezione.
Succede lo stesso, nella maggioranza dei parchi moderni?
Eh, no. Accade anzi, spesso, di vedere antichi parchi e giardini
"privati", venuti in possesso di pubbliche amministrazioni,
impoverirsi e degradarsi lentamente, nella forma e nel colore,
oltre che nella sostanza. I pugni nell'occhio sono frequenti,
le stonature lapalissiane, i contrasti stridenti: e perché?
Perché non si curano le sopraddette leggi di armonia
- botanica ed estetica - perché i signori amministratori
- eletti in base a voti politici - non hanno il tempo né
la sensibilità per fare ciò che un tempo facevano
Re e Principi; perché gli uffici tecnici sono generalmente
composti da tecnici, sì, magari bravissimi; ma che non
sono né pittori né poeti. Ci si può giurare!
E perciò prosperano insieme Cedri e Tigli, Salici e Pini,
Olmi e Lecci, Limoni e Vite del Canada. E non importa se il
giardino e il parco assumono l'aspetto della veste di arlecchino
o quello di un "Bantù" vestito all'europea!
Si deve proprio dire che, in Italia, di artisti ce ne sono a
iosa, e che qualunque amministrazione potrebbe larghissimamente
attingere a tali elette schiere? No, non è necessario
dirlo.
Però non lo si fa: o lo si fa così di rado, che
è come se non lo si facesse. Evidentemente le pubbliche
amministrazioni di oggi non se la sentono di imitare i sullodati
Signori del buon tempo antico... Un esperimento però
l'abbiamo fatto anche noi. In occasione dell'ultima Triennale
di Milano, l'arch. Viganò e chi vi parla in questo momento,
lasciarono a pittori il compito di creare la decorazione di
molte aiuole attorno al palazzo dell'arte. Spero che mi darete
credito se vi dico che il risultato fu di gran lunga superiore
alle normali esperienze dei tecnici del Comune di Milano!
Come si fa a "creare" il colore del giardino? con
le piante, ovviamente, e con i fiori; ma anche, come vedremo,
con gli altri materiali che costituiscono il giardino medesimo.
Il giardino, del resto, può essere bello e ricco di colore
- pare un assurdo, ma è così - anche se spoglio
di piante. L'uomo può intervenire con speciali accorgimenti,
ad integrare, per così dire, la natura. Valgano per tutti,
i felici risultati ottenuti da Burle Marx in Brasile, e da Costantino
Nivola a New York.
Ma l'impiego razionale e l'accostamento sagace dei colori della
natura sono pur sempre la più efficace ricetta.
Ove la si comprenda, la natura non delude mai. Avete osservato
fra il verde delle foglie di lavanda e i fiori di questa, celesti?
o fra il verde del rosmarino, o della salvia, in rapporto
ai
loro fiori? un verde particolare per ogni pianta, e nessun
pittore al mondo potrebbe dire ch'esso non è fatto
apposta per quei fiori. Perfezione assoluta di rapporti.
L'osservazione attenta della natura può quindi essere
fonte di felicissime ispirazioni, e non solo per i giardini.
Gli orientali - cinesi, giapponesi, persiani - hanno studiato
e applicato da secoli questi rapporti: l'hanno fatto nei giardini,
come nella pittura, nella decorazione murale, come nei tappeti
(disegno e colori). Ed è fuori dubbio che la nostra civiltà
attuale abbia
molto, ancora, da imparare da questi popoli, almeno in quanto
ad armonia estetica. I cinesi ed i giapponesi, in ispecie, hanno
dedicato ai fiori ed al giardino (vogliamo dire soprattutto
in senso coloristico?) buona parte di sé e direttamente
e come derivazioni culturali. Non sarebbe poi tanto se anche
noi studiassimo i loro concetti e li applicassimo - anche in
funzione del colore, tema obbligato di questa sera - agli spazi
verdi delle nostre città e delle nostre strade. Poiché
architetti e urbanisti di tutto il mondo sono d'accordo, oggi
su di un punto solo: che la vita, le case, le città del
futuro (si ricordino Wright e "Broadacre City") dovranno
essere immerse necessariamente nel verde, si tengano presenti
fin d'ora i concetti di quei popoli, che del verde (e
il verde, in questo caso, può essere rosso, giallo,
turchino, ecc.) fanno larghissimo uso; e ci si orienti pertanto
a subordinare alla natura, o ad armonizzare con essa, le nostre
creazioni. Se questa, che è una vera e propria necessità,
si avviasse a farsi maggiormente sentire nel nostro Paese, sarebbe
d'un tratto risolto il grave problema della protezione del paesaggio.
Adattare le cose dell'uomo alla natura, e non forzare, in senso
inverso, la natura stessa: ecco un altro grande segreto! Semmai
la natura può essere aiutata: nel caso nostro, l'uomo
può artificialmente introdurre colori nuovi nella natura,
ma senza discostarsi da quella. Le tende dei nomadi nel deserto,
non sono forse una indispensabile nota cromatica nel paesaggio?
Ma al loro interno la decorazione è fornita da motivi
e da colori decisamente naturalisti.
Parlando di paesaggio, di natura, di piante e di fiori, le
divagazioni mi vengono frequenti e spontanee: voi mi perdonerete.
Ma ritorniamo
al giardino: ed esaminiamo qualche
mia esperienza in fatto di colore nei giardini. Oggi giorno,
lo so, la gente rifugge dalla teoria, e vuole considerazioni
pratiche (del resto, anche a me riesce diffìcile di
teorizzare). E cominciamo da quella forma minima di giardino
che è
la terrazza. La tecnica contemporanea, si è detto, consente
di far crescere le piante dovunque: noi possiamo, grazie a
particolari
accorgimenti (che si ispirano, pensate, alla spontanea "fisiologia"
delle marcite lombarde) creare sui tetti delle grandi,
squallide case di città, veri e propri praticelli,
verdi e vivi anche d'inverno, anche là dove l'aria è
satura di fuliggine e di pernicioso smog. Ora che si comincia
a parlare, per le città, di estetica "aerea"
(di vedute, cioè dall'alto), pensate alla gioia che potranno
dare agli occhi questi praticelli smaltati, visti, per esempio,
al centro di una città ricoperta di neve. Nelle terrazze,
naturalmente, il colore dei fiori avrà il ruolo principale:
i vasi che li contengono saranno di tinta neutra; qualora
i
muri o le ceramiche fossero invece intensamente colorati, i
fiori saranno bianchi, le piante sempreverdi. Anche i mobili
delle terrazze saranno di un colore subordinato a quello delle
piante e dei fiori. Sarà, comunque, buona norma quella
di far prevalere durante la maggior parte dell'anno, la
linea
e la forma degli arbusti, lasciando prorompere il colore dei
fiori nei mesi caldi. Quanto al giardino propriamente detto,
sarà bene disporre fiori a grandi macchie, concentrando
in queste gli effetti di colore, in luogo di frammentarli
qua
e là per le aiuole. Alberi e fogliame persistente (di
colore verde scuro) saranno collocati a nord della casa, garantendo
così una nota di colore valida per tutte le stagioni,
e costituendo, insieme un prezioso riparo ai gelidi venti
invernali.
A mezzogiorno, invece, collocheremo alberi a foglia cadùca,
che ci permetteranno di assistere al sempre mirabile spettacolo
del rinnovo stagionale, col noto, bellissimo trapasso di colori
dalla primavera all'autunno, e di godere, nell'inverno lo
stupendo
disegno dei tronchi e dei rami. Nel giardino si deve poter
assistere, infatti, al cambio delle stagioni ognuna delle
quali ha il suo
colore, ugualmente affascinante. E stagione per stagione, si
potrà ottenere una naturale successione di forme e
di colori: in un'aiuola, per esempio, dove siano piantati,
insieme,
azalee e gigli, al cadere dei rosati petali delle prime succederà,
come per incanto, la bianca fioritura dei secondi.
A chi possieda, beato lui, una piscina, stia bene attento al
rivestimento, al fine di non creare una formidabile stonatura
fra il colore di quello e il colore del circostante prato. Armonizzare,
sempre, ovunque: ecco perché ho tanto parlato, prima,
di pittori. So di parlare qui anche ad uomini di affari, e so
che essi ben comprendono come il bello possa costituire una
formidabile fonte di benessere economico. Quale migliore investimento
di capitali di quello effettuato dagli uomini del passato con
la costruzione di ville, di palazzi, di giardini? Il grande
patrimonio artistico italiano si è formato così:
e noi, non sempre degni discendenti, ne godiamo ora i frutti,
poiché milioni di stranieri, incantati dalle nostre bellezze,
vengono sul nostro suolo, vi spendono circa 200 miliardi l'anno.
Vengono forse, quelli, per ammirare i prodigi della nostra tecnica?
per i begli occhi forse, dei simpatici italiani? per godere
il tumulto e il frastuono delle nostre strade? No certamente:
essi vengono per godere il nostro sole, i più per ammirare
le nostre stupende (finora) città, le nostre chiese,
i nostri monumenti, le nostre gallerie, il nostro paesaggio,
sempre divino, ad onta degli infiniti, inconsulti attacchi.
Noi, le materie prime le abbiamo. Ma come sappiamo, oggi, difenderle
e, mi si passi il termine, sfruttarle?
Cosa facciamo, noi, per il nostro paesaggio, per le nostre città,
per i nostri monumenti? Ben poco m realtà.
Fra poco sarà costruita la famosa autostrada del Sole,
che percorrerà longitudinalmente tutta la Penisola. Quali
garanzie si sono stabilite per il rispetto del meraviglioso
variatissimo paesaggio ch'essa dovrà attraversare? Quali
accorgimenti si sono adottati per stabilire un accordo, di forme,
di colori, fra gli innumerevoli manufatti che la comporranno,
e l'ambiente attorno? Quanti artisti e pittori esteri, sono
stari chiamati a fornire i loro suggerimenti? Nessuno, ch'io
sappia. E si ignora, probabilmente, quanto fosse indispensabile
trattare, fin dagli inizi, di piante, alberi, cespugli che dovranno,
in futuro, fiancheggiare la strada: sì che vedremo, probabilmente,
fìlari di platani spaesati in un paesaggio boscoso di
castagni, o pini marini nelle curve di montagna; o cipressi
in Val Padana, ecc. Chi avrà mai pensato, ad esempio,
a bordare l'autostrada, come si è fatto in America, con
cespugli, bellissimi per forma e per colore, di "Rosa japonica",
la quale ha fra l'altro la formidabile proprietà di costituire
un validissimo e tenace, e nello stesso tempo elastico ed innocuo
riparo ad eventuali, possibili sbandamenti e slittamenti? Chi
può pensare a queste cose, all'infuori degli esteti,
degli artisti, diciamo pure dei poeti? Gli Sforza, i Medici,
gli Estensi, non ci sono più: la nuova classe dirigente
è, perdonatemi, solitamente impreparata a questi problemi.
Ci vuole temperamento artistico, ci vuole sensibilità.
Si chiamino dunque gli artisti, i pittori, a contribuire all'organizzazione
estetica di questo immenso giardino che è stata sempre,
e che potrebbe essere ancora, l'Italia. Studio di forme, studio
di colori: nelle città e nelle campagne, sulle rive dei
laghi e dei mari, nei parchi e nei giardini. Tecnica e poesia
possono andare d'accordo, ove ci siano menti geniali che sappiano
accordare e fondere tutti gli elementi in una generale armonia.
Le piante, i fiori, sono elementi indispensabili alla creazione
di questa armonia: si consenta agli artisti di usarne sapientemente;
si dia loro l'incarico di inventare colori, non solo per le
loro tele, ma anche per i nostri giardini, per le nostre piazze,
per le nostre strade. Si lasci a chi sa e a chi può di
adoperarsi a far sì che di colori fulgidi e armoniosi
brilli la nostra adorabile terra, quadro eterno e immortale
che la natura e l'uomo, nei secoli, hanno creato, e al quale
Dio ha posto la firma.