RUSSEL
PAGE ALLA LANDRIANA
Conversazione con la Marchesa Lavinia Taverna
(dal catalogo 'Russel Page- Ritratti di giardini italiani
a cura dell'American Academy in Rome)
Ho
conosciuto Russell Page attraverso Donato Sanminiatelli
che, come me, si interessava molto ai giardini. Eravamo amici
e ci chiedevamo sempre consiglio l'un l'altro, Io da almeno
sei, sette, forse dieci anni collezionavo piante, perché
mi divertiva conoscerle; raccoglievo anche quelle di cui non
sapevo assolutamente nulla, e le avevo messe molto disordinatamente
in giro, a destra e sinistra, in un modo orrendo. Donato continuava
a dire: "Lavinia, che brutta cosa che stai facendo.
Ti ci vuole Russell Page". A me sembrava quasi eccessivo
fare venire un Russell Page allora, quando veramente nel giardino
non c'era niente, se non un bordo in cui comprimevo le piante
più diverse, le più strane.
Quando finalmente mi convinsi a chiamare Page, diventammo subito
grandissimi amici. Il nostro è sempre stato soprattutto
un rapporto di grande amicizia: Russell veniva qui e chiacchieravamo
di molte altre cose, al punto che, a volte, avevo quasi l'impressione
di annoiarlo quando citavamo il giardino. Quando arrivò
non c'era ancora un giardino, non c'era assolutamente niente,
a parte la mia accozzaglia di piante. Più o meno era
la fine degli anni Sessanta. Il progetto iniziale è nato
in modo molto spontaneo, mentre io e Russell camminavamo insieme
in giro per il giardino, parlando di tutto un po'. Non si è
trattato di un approccio tradizionale, da architetto che fa
un sopralluogo e poi elabora il piano di tutto il giardino.
Le idee nascevano passeggiando. Mi diceva: "Qui in fondo
potremmo fare questa cosa", ne parlavamo un momento
insieme e poi mi dava le linee generali di quello che si doveva
fare, insieme a tanti consigli: l'idea delle stanze è
venuta così.
Dunque Russell fece questi due giardini: quello che oggi chiamiamo
'Il giardino degli aranci',che
lui aveva pensato come roseto e quello di fronte, degli ulivi,
che era nato come posto per permettermi di collezionare le piante.
Poi fece un piccolo giardino con una vasca,davanti alla sala
da pranzo, che è rimasto esattamente come l'aveva fatto
lui, e sul prato davanti alla casa mi fece mettere il bordo
grigio, per il quale fece un disegno che ora non c'è
più. In seguito mi fece fare la pergola, che è
davanti alla casa. Questo è quello che Russell fece di
questo giardino, che comunque era molto diverso allora, perché
tra il giardino di ulivi e l'ingresso tutto il terreno scendeva
in pendio.
Poi Page non venne per qualche anno, ed io continuai a coltivare
le mie piante, allargandomi sempre di più ed occupando
altro spazio. Quando tornò si guardò intorno e
si rese conto che il giardino era ormai troppo grande, per cui
in confronto quei due giardini a stanze erano sproporzionati,
fuori scala. Era veramente agitatissimo. Questi giardini erano
circondati da alte siepi di cipressi, che li isolavano rendendoli
molto chiusi: io avevo piantato cipressini piccoli, che poi
erano diventati molto grandi. Così, Russell mi fece buttar
giù quasi tutte le siepi di cipressi, anche se lui le
amava molto, suggerendomi di tagliare basso, in modo che queste
stanze venissero visivamente inglobate in tutto il giardino.
Ed infatti, pur mantenendo la sensazione di aree a sé
stanti, persero quell'aspetto di stanze chiuse, perché
da una si riusciva a vedere l'altra ed oltre, spaziando per
quasi tutto il giardino.
In seguito Russell mi fece fare quel viale che scende per il
declivio, oggi è detto 'Il viale bianco',
ma allora era tutto diverso e c'era molto rosso. Non aveva le
siepi che si possono vedere adesso, ed era piatto. Era piantato
con Sesbania punicea, ai cui piedi c'era della Gazania
gialla e della Vinca blu.
Successivamente queste Sesbania non mi piacquero più,
perché anche se i fiori sono belli, il portamento della
pianta è molto disordinato. Secondo me un giardino prima
di tutto deve avere un'aria ordinata. Le piante che hanno una
forma, anche quando smettono di fiorire, continuano ad essere
interessanti per la foglia, la forma, il verde. Trovo che questo
sia un aspetto molto importante, per ogni pianta. Così
ho cambiato lo schema d'impianto del viale. Però l'idea
di questo viale diritto è stata di Russell Page.
Certo, da lui io ho imparato molto, perché mi criticava
anche tanto. Di questo gli sono veramente molto grata. Russell
aveva un'idea estremamente ferma e precisa delle proporzioni.
Il disegno e le proporzioni per lui erano immediati, spontanei,
non doveva studiarli; ricordo che diceva sempre che tutte le
misure dovevano essere divisibili per tre, perché allora
diventa tutto facile. Ad esempio, un vialetto doveva essere
di novanta centimetri, un bordo di tre metri, e così
via. Una misura che si può dividere per tre secondo Russell
era spontaneamente armoniosa.
A
volte faceva degli schizzi su carta, più che altro segnava
le proporzioni, tanti metri qui, tanti metri lì. Magari
faceva un disegno sul posto, si sedeva e decideva le dimensioni,
poi accennava gli altri elementi; la strada ha queste misure,
il quadrato viene così, qui metti questa siepe. 'Il
giardino degli ulivi' l'ha proprio disegnato, certo, come
quello degli aranci. Molti
di questi schizzi dovrei averli, però purtroppo non si
trovano più. Sono stati usati come piani per lavorare,
li abbiamo portati in giardino, sono stati toccati, magari sono
stati all'umido... chissà dove sono finiti. Il resto
è stato fatto proprio sul posto, ma per i due giardini
certo ci dovevano essere i disegni. Russell veniva ogni tanto
in Italia, ed allora capitava che venisse a trovarci.
Non
è che venisse espressamente per noi, né tanto
meno per motivi professionali. Veniva anche per Donato. Ci mettevamo
d'accordo: stava due-tre giorni, anche di più, a San
Liberato, poi stava da noi quattro-cinque giorni. Molto più
come amico che per lavorare. Sì, poi passeggiavamo in
giardino, gli mostravo le cose che avevo fatto e lui mi criticava,
oppure mi diceva che andavano bene.
Russell parlava di sé con modestia, però era anche
molto sicuro di se stesso. E questa sicurezza era proprio fondata.
Quando prendeva una decisione, era quella giusta. Per i giardini
aveva un occhio particolare. Ad esempio, quando disegnava una
strada o faceva un bordo, non aveva incertezze, e venivano perfetti.
Mentre camminavamo, piantava i picchetti dietro di sé,
e quando arrivavamo in fondo e ci giravamo il risultato era
perfetto. Quando lo faccio io invece, guardo più volte,
vado un po' più indietro, sposto un po' più avanti...
invece lui era immediato, non tentennava mai! Era proprio preciso,
aveva l'istinto giusto, l'occhio. Sapeva riportare sulla terra
quello che aveva immaginato. Aveva un senso del disegno innato:
era un grandissimo architetto, non aveva tanto bisogno di pensarci
su, di riflettere; quando c'era un problema, lui aveva già
subito la soluzione.
Ricordo particolarmente il disegno che Russell fece per il bordo
grigio: prima un'onda grande, poi un'onda più piccola
un po' più arretrata, poi un'onda ancora più piccola.
Guardando dalla casa l'onda più grande era a destra;
le onde erano tonde, come un volant, prima un volant più
grande, poi uno più piccolo e stretto, poi uno più
piccolo ancora che chiudeva il disegno. Era veramente molto
bello, mi rimarrà sempre impresso com'era, ma poi abbiamo
dovuto cambiarlo e chiudere fino in fondo questo disegno creando
un semicerchio, perché non so che cosa c'era da schermare.
Però l'onda grande che viene fuori, e poi l'onda più
piccola e poi l'onda più piccola ancora, creavano un
movimento bellissimo. E tutto ciò Russell lo ha disegnato
sul posto, senza un momento di esitazione.
Lui mi ha insegnato molte cose, adesso mentre ne parliamo mi
vengono in mente. Ad esempio, gli chiedevo come regolarmi per
piantare grandi quantità di piante. Mi diceva: "Tu
pensa al fagiolo, e vai con i fagioli". Intendeva dire
di raggruppare le piante secondo la forma dei fagioli, un po'
curva con una gobba al centro. Mi ha dato tanti consigli così,
pratici. Per esempio mi ha detto: "Mai piantare delle
piante grigie vicino all'acqua, cercare sempre di tenere piante
ad andamento orizzontale vicino all'acqua". Poi a leggere
il suo bellissimo libro The Education of a Gardener si
trovano tantissime idee... è una fonte di ispirazione
continua.
In
altre parti del giardino davvero Russell c'è entrato
molto poco. Per esempio la valle delle rose: io volevo portare
lì delle rose antiche, ma ne avevo pochissime. Lui ha
incominciato a disegnare la parte superiore del viale, che secondo
lui doveva scendere fino al lago, che però ancora non
c'era. Quando poi abbiamo fatto il lago, necessariamente il
viale si è modificato. Alcuni accenni anche ad altre
cose ci sono stati, ma certi disegni si sono anche persi. Io
ho cercato di riprenderli, secondo quanto ricordavo. Però
c'erano stati ben dieci anni, se non più, di totale abbandono
da parte mia.
Io ho cercato sempre di ispirarmi alle sue idee quando ho fatto
il giardino.
Devo
a Russell l'aver appreso il senso dello spazio, della misura.
In questo giardino, direi che tutti gli elementi formali possono
venire da Russell Page, sia perché li ha disegnati lui
in persona, o sia perché ho cercato di ispirarmi a lui
nella ricerca di equilibrio e di proporzioni. La scelta delle
piante, invece, è sempre tutta mia, anche se a volte
è nata da motivi occasionali.
Ad
esempio, il giardino di arance era stato fatto come un roseto,
e poi l'ho fatto diventare un giardino di arance quasi per caso.
Niente è stato previsto. Un giorno qualcuno mi telefonò
e mi disse: "Margheriti ha dei bellissimi grandi aranci.
Perché non li prendi e non li metti da qualche parte,
visto che sono veramente belli?" Così decisi di
mettere quegli aranci lungo le aiuole più esterne di
quel giardino, ma poi sorse il problema di cosa piantare al
centro, e allora decisi di metterci altri aranci e finalmente
è venuto fuori 'Il giardino degli aranci'.
I disegni di Russell vorrei averli dappertutto, ho una tale
ammirazione per quello che lui ha fatto! Diciamo che la parte
mia nel giardino è il piantare, ma lui su questo si attardava
un po' di meno, perché diceva che tanto, dopo, questo
viene tutto cambiato.
Russell,
ad esempio, aveva una predilezione per le conifere, che io non
condivido, anche perché in un giardino mediterraneo non
le vedo proprio. Quelle che ha messo sono state da me tolte.
Quando Russell arrivò qui non c'era niente, forse c'erano
i pini, le altre piante sono state piantate dopo. Con lui non
abbiamo piantato molti alberi, abbiamo messo un Fagus
che poi purtroppo è morto, lui aveva una grande passione
per i Fagus. Poi mi fece mettere queste conifere, che
appunto sono sparite tutte, e stranamente mi fece mettere delle
betulle pendule, curioso vero? Non è che vengano male
le betulle, è che non hanno molto senso in questo clima.
Eppure, in realtà, le piante devono vivere bene, bisogna
scegliere delle varietà, anche se non sono di questo
luogo, che qui crescono bene. Per esempio, a me vengono bene
le Hosta, che non sono certo delle piante mediterranee.
Il giardino di Hosta viene perfetto: è un elemento
di sorpresa, dà una sensazione di fresco. In un giardino
mediterraneo, con questo clima caldo e le estati così
arse e afose, trovarsi in un giardino tutto di foglie effettivamente
è così piacevole... forse in un clima come il
nostro si gode di più che in climi più freschi.
Ma tutte le piante che ci sono adesso sono il risultato di un
lungo periodo di prove, anche errori e lezioni che ho imparato.
Io ho cercato di fare un giardino mediterraneo morbido, con
colori sfumati, con accostamenti di foglie e di forme, un po'
diverso dal classico giardino mediterraneo, arso e magari sgargiante.
Come
dicevo, Russell non dava dei grandissimi consigli sulle piante,
lui ha lavorato più sulla struttura, anche perché
veramente, bisogna dirlo, la struttura rimane, mentre il resto
purtroppo è effimero. In un giardino la struttura è
importantissima: infatti i giardini poco strutturati perdono
immediatamente il carattere se i proprietari non li seguono,
e muoiono. Ed è veramente un seguirli continuo... Tante
cose mi ha insegnato Russell, anche forse ad amare i giardini.
Io ho cambiato tante volte le piante, ma non cambierei niente
del disegno del giardino degli ulivi come lui l'ha fatto. Lo
trovo molto bello. Del resto, lui stesso quando camminava per
il giardino degli ulivi, ne era così soddisfatto che
mi diceva: "Questo lo so fare solo io". Eppure
è stato fatto nel '68, sono trent'anni quasi che è
lì.
Per quanto riguarda le piante, l'impianto che c'è adesso
è lì da dodici anni, e tendenzialmente non lo
cambierei perché mi sembra che abbia un carattere ben
riuscito, che vorrei lasciargli, anche se per mantenere lo stesso
carattere praticamente si deve rifare il giardino tutti gli
anni.
Infatti
bisogna sostituire continuamente le piante più stanche,
e poi si deve intervenire perché i colori devono essere
in equilibrio, quando invece alcune piante prendono sopravvento.
Magari mi accorgo che c'è troppo giallo, mentre vorrei
che fosse in equilibrio con il mauve.
Il sottotono di grigio mi sembra che renda giustizia al disegno
più di qualunque altra cosa, prima era un'accozzaglia
di piante, perché, come ho detto, il mio divertimento
e principale interesse era collezionare piante e conoscerle;
così Russell mi aveva fatto un luogo dove potevo sperimentare.
Tutto sommato, in quella massa di piante diverse mi sembra che
il disegno non risaltasse così bene. Anche 'Il giardino
degli aranci', quando era tutto rose, non si vedeva; adesso
invece il disegno risalta di più.
'Il giardino degli ulivi' per ora regge così,
ma non reggerà in eterno. Già quest'anno le rose
gialle non stanno facendo più niente, sono stanche, ma
io posso fare ben poco. Mi preoccupo pensando a queste rose,
che sono lì da quindici anni. Ogni anno ne ripianto alcune,
però cambio la terra solo per un pezzettino largo trenta
centimetri, non posso cambiarla di più, perché
ci sono tutti i bulbi, tutte le altre piante. Questo è
un problema: posso togliere le rose gialle, ma al loro posto
che ci metto? Dovrei trovare qualcosa che abbia un fiore giallo
chiaro, così morbido come la rosa. Questa è una
cosa che mi dispiace, perché a me piace così il
giardino degli ulivi, è bellissimo.
Ci furono anche dei fallimenti. Abbiamo ad esempio cominciato
a fare un giardino roccioso. Allora, al principio, fra le tante
piante collezionavo piante di roccaglia e le avevo messe intorno
alla piscina in un'orrida bordura, dove però malgrado
tutto vivevano benissimo. Russell disse giustamente che era
un orrore, e cercò un luogo più adatto. Dove è
adesso il giardino dei meli c'era una specie di anfiteatro naturale,
e Russell decise di fare lì la roccaglia. Ha realmente
messo pietra su pietra, adesso non si vedono più perché
sono nascoste dalle piante. Purtroppo, non si sa bene cosa sia
successo, forse abbiamo valutato male le condizioni climatiche;
bisogna dire che nella vecchia roccaglia nessuno aveva pensato
a mettere il drenaggio, o a tutte le cose che si devono fare:
compost, sole, ombra, io non avevo pensato a niente e veniva
tutto benissimo; là è stato fatto il drenaggio,
tutti i "compost" meravigliosi, tutto come si doveva
fare... non è venuto più niente. Una delusione
pazzesca!
Alla fine ho dovuto rinunciare, cambiare, perché un giardino
prima di tutto deve essere in buona salute e le piante da roccaglia
lì stavano proprio male.
Russell poi non è più tornato, anche perché
ormai era anziano. Non venne più dopo aver compiuto settant'anni;
mi ricordo che gli abbiamo fatto gli auguri, ed in seguito a
Tor San Lorenzo non è più tornato. Certo, l'ho
visto molte altre volte qui a Roma, quando veniva, ci telefonavamo,
ci tenevamo in contatto: come ho detto, eravamo proprio amici,
indipendentemente dal giardino.
Russell purtroppo non ha potuto assistere alla più recente
evoluzione del mio giardino, perché poco dopo è
morto. Molti di questi cambiamenti sono abbastanza nuovi, risalgono
circa a quindici anni fa. Quello che si vede oggi risale a questo
periodo, molto dopo Russell Page; però qui penso si veda
l'importanza del suo lavoro perché quelle due stanze,
quelle proporzioni, le ho conservate, anche se ho cambiato completamente
la scelta delle piante.
Russell diceva sempre che i giardini sono una cosa effimera
e che se non sono seguiti in modo costante, e quindi anche modificati
a seconda delle condizioni che cambiano, praticamente spariscono.
Io ho visto come è sparito il mio giardino in poco tempo,
quella volta che l'ho abbandonato per dieci anni: quando l'ho
ripreso era talmente brutto che in quel momento non c'era nessuna
speranza che diventasse bello.
Era agosto, credo, e abbiamo lavorato quindici giorni solo per
tagliare. Ci alzavamo presto, e potavamo tutto il giorno, perché
tutto era cresciuto troppo: abbiamo portato via non si sa quanti
rami, erbe, piante intere, e quando abbiamo finito non c'era
quasi più niente, però si ricominciava a rivedere
l'ossatura del giardino. Abbiamo pulito tutto in quindici giorni,
poi io sono rimasta con il vuoto totale. Tutto da rifare, non
so come dire, pezzo per pezzo. E io ho ricominciato.
Ho un vecchissimo sistema di irrigazione a pioggia che dà
acqua da venticinque anni a questa parte e che un giorno o l'altro
bisognerà cambiare. Ma è un po' difficile, perché
le parti del giardino sono talmente diverse che da una parte
bisogna dare molta acqua, dall'altra bisogna darne poca o niente,
insomma, quello che c'è adesso è rudimentale però
mi consente per il momento di andare avanti.
Noi adesso prendiamo l'acqua dal lago. E' per questa ragione
che abbiamo fatto il laghetto, anche se per l'irrigazione sarebbe
bastato un lago più piccolo e poi invece... l'appetito
vien
mangiando. L'acqua è così importante in un giardino,
l'acqua, gli uccelli, i profumi sono indispensabili e magari
qualche farfalla.
Io sono cresciuta sui laghi; ho passato la mia infanzia in un
giardino proprio vicino a Como, a Torno, dove avevamo una casa
e dove ho passato tutte le estati della mia infanzia; poi ho
conosciuto mio marito, mi sono sposata e sono andata a casa
di mio marito, sempre sul lago. Ho passato sempre l'estate sui
laghi. Ero molto pratica del lago di Como. I laghi sono un po'
malinconici a volte, ma una malinconia piacevole.
Da qualche tempo ci sono più uccelli, perché abbiamo
messo molti nidi artificiali. Purtroppo sono arrivati anche
i cacciatori. Ci sono anche i pescatori, perché nel lago
abbiamo anche i pesci: mio marito ha messo delle carpe che sono
diventate dei mostri di Lochness. Credo che diano grande soddisfazione
ai pescatori. Abbiamo anche gli aironi, gli uccelli di passo...
questo lago attira.
Il lago non è rivestito con niente. Quando l'ho fatto
ho pensato che avrei dovuto usare un rivestimento di plastica,
ma per fortuna non è servita, perché sotto c'è
il cappellaccio. Invece nel secondo laghetto in fondo,
quello dei salici, l'acqua non rimane, viene assorbita dalla
terra. Lo dovrò rivestire, prima o poi. Il lago può
essere alimentato anche da due pozzi, ma lì attingiamo
raramente, perché tutta l'acqua di scolo del vivaio è
stata convogliata verso il lago e quindi ne abbiamo in abbondanza.
Adesso dall'altra parte del lago sto cercando di fare quello
che io chiamo 'il viale del tramonto', ma forse è
meglio chiamarlo 'il viale dell'autunno'. Lì cerco
di mettere le piante che sentono l'autunno, nel nostro clima
non è facile, da noi si sente la mancanza di questa bellissima
stagione perché le foglie qui non diventano colorate...
Se si pensa invece alle nisse, alle parrozie,
ci sono degli alberi che prendono colori meravigliosi. Quest'anno
mi devo dedicare a quella parte del giardino: farò tutta
la parte del sentiero delle bacche e poi tutto 'il viale
dell'autunno', in modo che per l'autunno
sia pronto.
L'estate è difficile da queste parti, mantenere il giardino
è duro, ci sono solo le foglie, perciò io cerco
sempre di avere piante con un fogliame interessante. Purtroppo
non ho piante perenni, che mi piacerebbe molto avere perché
ce ne sono tante belle, ma le piante perenni una volta sfiorite
sono piuttosto anonime. Io cerco di avere arbusti che, una volta
sfioriti, diano qualcosa, in modo che l'estate se si gira in
giardino, si trovano ancora le forme, le diverse altezze e anche
la foglia, che danno almeno questa sensazione di verde.
Tutta la bellezza dell'albero sta nella forma: per questo la
potatura è così importante. Io mi dedico molto
alle potature, perché si deve potare fin dall'inizio
ed eliminare tutto quello che disturba uno sviluppo armonioso
della pianta: due rami paralleli, un ramo che incrocia sull'altro.
L'architettura interna di un albero è importantissima,
e non è così facile potare, perché non
tutti gli alberi si sviluppano in modo che si capisca bene cosa
si deve e cosa non si deve togliere, ho fatto delle esperienze
certe volte... adesso sto un po' attenta. Io poto molto d'estate,
dopo il quindici agosto, perché in primavera vengono
troppi succhioni quando si pota, invece d'estate non c'è
tanta preoccupazione di avere tutti questi succhioni. Poi forse
c'è anche il tempo di farlo d'estate; negli altri periodi
c'è meno tempo.
Fa dispiacere a volte buttare giù un grande albero. Io
per esempio nel viale bianco ho degli ulivi che non vanno né
avanti né indietro, sono stati potati malissimo e sono
come monconi, che devo togliere. Eppure non osiamo, ma vanno
buttati giù perché son troppo brutti, e una brutta
pianta rovina un pezzo di giardino come nient'altro. Una pianta
che non ha salute, che non ha vigore si vede. Io devo fare parecchie
di queste cose; molte ne ho fatte, di coraggio ne ho preso tantissimo.
Questo diceva Russell: "Un giardiniere deve avere coraggio".
Io cerco di avere un giardino anche facile da mantenere, appena
una cosa diventa un po' difficile la escludiamo. Ho quattro
giardinieri uomini, però ho anche delle donne, Annalisa
che dirige il giardino, ed in più dei collaboratori stagionali.
D'estate mi occorrono per pulire il giardino dalle erbacce.
Sto studiando il modo per avere meno erbacce, perché
ci sono dei posti in giardino dove non ci sono e degli altri
dove in quindici giorni diventano di 50 cm. Userei molto volentieri
la pacciamatura, ho comprato la macchina per triturare i detriti,
potrei spargerla dove c'è terra e albero o terra e arbusto,
ma la uso? Il mio giardino ha questa caratteristica, di non
avere brecciolino e di non avere terra nuda, cerco di non far
vedere mai la terra mentre uso molte piante tappezzanti, e questa
è una delle sue caratteristiche principali.
La terra è argillosa, però è fertile; il
guaio è che drena poco, e bisognerebbe dare poca acqua,
sennò le radici marciscono, ma appena c'è il sole,
si crea in superficie uno strato di crosta durissima, sembra
di pietra, e io mi dico: "Come è secco, bisogna
innaffiare", invece è secco solo un centimetro e
sotto è ancora tutto bagnato. E allora lì ci vorrebbe
questa pacciamatura. Passo molto tempo progettando, pensando
al giardino, come quasi tutti quelli che hanno un giardino.
A me piace scrivere, ci sono delle cose che captano l'attenzione
in certi momenti, una pianta nuova o una cosa che tutto d'un
colpo ci colpisce perché è sbagliatissima, mi
vengono tante idee! Tutti i giorni ci sarebbe qualcosa da scrivere
sul giardino e bisognerebbe farlo, perché magari un'altra
persona si può divertire a leggerle, ma io ho tempo solo
in estate.
Si diventa sempre più critici e quello che fino a ieri
andava benissimo, oggi magari non piace più, si progredisce
su questa strada del gusto e si valutano in modo diverso certe
altezze, certe proporzioni tra una pianta e l'altra, certe larghezze
del bordo. Forse dopo tanti anni che si guarda, si ha l'occhio
più esercitato, inoltre aiuta molto la critica di una
persona che viene da fuori. In un certo senso io amo le critiche,
perché qualche volta a furia di starci, nel giardino,
ci si abitua a vedere sempre nello stesso modo, invece una persona
da fuori può dare un buon consiglio, e poi se ci ripensi
dici: "Aveva ragione, non me ne ero accorta".
Molti mi incolpano di piantare troppo vicino, però Russell
diceva che bisogna piantare così perché le piante
si tengono compagnia e crescono molto più in fretta.
Poi bisognerà sacrificarne qualcuna, con coraggio, quando
si cominciano a dare fastidio a vicenda. Ma se si comincia a
piantarle lontane, ci mettono troppo a crescere. Russell diceva
anche che bisogna saper aspettare tre anni quando si fa un giardino,
per vedere qualche risultato, ma non tanti di più. Tre
anni, per avere un giardino già piacevole, non sono troppi,
bisogna solo avere un po' di pazienza. Quindici anni invece
sono troppi, non si può lavorare solo per un futuro così
lontano.
In fondo, rispetto alla lunga storia di questo giardino, quello
di Russell è stato solo un passaggio; però questo
passaggio è stato essenziale, determinante, perché
non avrei mai fatto un giardino se lui non avesse suscitato
in me l'idea che ne avrei potuto fare uno. In quel momento io
stavo solo collezionando piante. Invece lui è venuto
e ha detto: "No, facciamo un giardino, che è
un'altra cosa". E così è nato il giardino
della Landriana.