IL
TABACCO POTREBBE SALVARCI LA VITA:
VERO,
IL TABACCO E' NOCIVO PERSINO AL VIRUS DELL'AIDS
di
Federico Ferrazza (Venerdì di Repubblica del 22 aprile
2005)
Mentre
nel mondo si mettono al bando le sigarette, nei laboratori
si
studia la pianta per
creare vaccini.
Contro colera, epatite e Hiv. E così si coltiva una sana
speranza.
Il
tabacco potrebbe salvarci la vita. Sì, proprio ora che
in tutto il mondo le campagne antifumo lo stanno trasformando
in una pianta proibita, c'è chi vuole riciclarlo come
biofabbrica di farmaci, specialità vaccini. Le grandi
foglie, invece di essere essiccate per produrre sigari e sigarette
che "ostruiscono le arterie, provocano infarti e ictus",
come recitano le avvertenze, potrebbero produrre medicinali
per combattere malattie: l'epatite, il colera, e persino l'Aids.
A
coltivare la speranza (e le piantine di tabacco) provvede In
Italia una manciata di laboratori. Tra questi, quello dell'Enea
(Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente), presso
la sua sede della Casaccia, in provincia di Roma. "Qui"
spiega Eugenio Benvenuto, responsabile della sezione
Genetica e genomica vegetale, "disponiamo di
serre per il tabacco transgenico. L'obiettivo è far produrre
alle piante una grande quantità di antigeni, molecole
che non appena entrano in contatto con un organismo animale
scatenano una reazione immunitaria, vale a dire la produzione
di anticorpi".
I ricercatori dell'Enea usano tecniche di ingegneria genetica
per introdurre nel tabacco gli antigeni, che si moltipllcano
nelle foglie. "Basta una decina di giorni per avere
la quantità che ci interessa" continua Benvenuto.
"A quel punto tagliamo le foglie, recuperiamo gli antigeni
e li sperimentiamo sui topi per capire come reagisce il loro
sistema immunitario. Le informazioni ottenute sono fondamentali
per mettere a punto i vaccini". La strada per le applicazioni
sugli esseri umani è ancora lunga, ma già si è
riusciti a provocare una risposta immunitaria contro l'Hiv in
test fatti su cellule in coltura e su animali.
Uno degli antigeni più studiati dal laboratorio romano,
infatti, è proprio una porzione di guscio del virus dell'Aids.
I ricercatori hanno messo tale frammento all'interno di un virus
vegetale e inserito il tutto nelle piante di tabacco che sono
coltivate in serre hi-tech, completamente isolate dall'esterno,
per impedire qualsiasi contaminazione. Nelle foglie il virus
vegetale si moltiplica e con lui la porzione di guscio di virus
dell'Aids, permettendo agli scienziati di raccogliere la quantità
di antigeni sufficiente a scatenare nei topi - e in futuro,
chissà, negli esseri umani - una reazione immunitaria
che dovrebbe
proteggerel'organismo dalla malattia vera e propria.
Ma perché usare le piante e in particolare proprio il
tabacco? "Per tre ragioni molto semplici" risponde
Benvenuto. "La prima è di tipo economico: riprodurre
antigeni in laboratorio usando le cellule animali come biofabbriche
è molto più costoso, perché occorrono apparecchiature
sofisticate. Con le piante, invece, serve solo acqua e un po'
di luce artificiale, al resto pensano loro. Poi, quando si usano
cellule animali c'è sempre il rischio che eventuali agenti
patogeni (presenti in tali cellule) interferiscano con la moltiplicazione
degli antigeni alterandone la 'qualità'. Infine, il tabacco,
tra i vegetali che possono essere usati in questi esperimenti,
presenta il vantaggio di foglie molto ampie, che consentono
di produrre grandi quantità di antigeni".
Il tabacco della Casaccia, comunque, non vuole "nuocere"
solo all'Aids. In fase di sperimentazione ci sono anche vaccini
terapeutici (cioè in grado di impedire l'avanzamento
della malattia, non di rendere immuni preventivamente) contro
l'Hpv, virus responsabile del tumore al collo dell'utero, e
contro le carie. Inoltre, il laboratorio, come membro di Pharma
Planta, consorzio finanziato dalla Commissione europea (12
milioni di euro in cinque anni) che raccoglie 31 centri di ricerca,
collabora a studi per sviluppare, a partire dalle piante, farmaci
contro la tubercolosi e il diabete.
"Usare
i vegetali per produrre vaccini" spiega Francesco
Sala, ordinario di Botanica e biotecnologie all'Università
di Milano, "potrebbe essere utile soprattutto nei Paesi
in via di sviluppo, dove malattie, che da noi si sono praticamente
estinte, sono le prime cause di morte. Basti pensare al colera,
il cui vaccino vegetale sarà il primo a essere sperimentato
sull'uomo, o alla malaria. Quei Paesi potrebbero, senza particolari
tecnologie, coltivare i loro vaccini e conservarli in semi,
superando anche il problema dei grandi frigoriferi usati per
mantenere i vaccini tradizionali".
E non è detto che si debba usare solo il tabacco: funzionano
bene anche le patate o i pomodori modificati geneticamente.
A questo scenario, però, si oppongono le grandi industrie
farmaceutiche. "I vaccini" ironizza Sala "hanno
il 'difetto' di durare tutta la vita e quindi generano un business
inferiore a quello degli altri medicinali. I vaccini vegetali,
poi, costano ancor meno di quelli classici e non c'è
un grosso interesse nel settore privato: io stesso ho provato
a chiedere fondi, ma Big Pharma mi ha sempre risposto no".