(Flash news, anno 1 n.2 del 21 settembre 2005)
Già in
età medievale, come attesta un documento
del 1423, Trieste aveva una propria farmacia con annesso un
Orto Medicinale. Nato nel 1842 come Civico Orto Botanico per
tentare l'attecchimento del pino nero austriaco sul Carso,
l'Orto Botanico si sviluppa nel corso degli anni grazie alla
dedizione e passione di studiosi come Bartolomeo Biasoletto,
Muzio de' Tommasini ed Elisa Braig e nel 1873 la Giunta municipale
lo apre al "pubblico passeggio". Nel primo Novecento
sotto la direzione di Carlo de Marchesetti raggiunge la massima
espansione ed assume l'attuale impostazione planimetrica,
oltre ad essere arricchito di nuove sezioni. Dopo la chiusura
al pubblico nel 1986 per insufficienza di risorse e di personale,
nel 2001 una parte riapre al pubblico, mentre fervono
lavori di restauro, reimpianto e semina per ricostituirne
il patrimonio botanico.
Parte dei Civici Musei di Trieste, comprende anche la riserva
naturale formata dal bosco Biasoletto e bosco Farneto (in totale
90 ettari).
Tra le sue attività, l'Orto Botanico conta anche la
pubblicazione dell' «l'Index Seminum», dove vengono
di anno in anno elencate le specie di cui si offrono i semi,
complete di tutti i dati di raccolta, elenco inviato ad altri
orti botanici del mondo per uno scambio gratuito tra istituti
scientifici. Uno degli scopi primari dell'Orto Botanico è quello
di sviluppare attività culturali per settori sempre
più ampi di popolazione, oltre a quello della ricerca
scientifica, in modo da promuovere
una nuova conoscenza dell'ambiente, non più quindi
una struttura ad uso esclusivo dei botanici, ma per un pubblico
ben più vasto.
Infatti sono possibili visite guidate,
attività didattica rivolta soprattutto a gruppi
e scuole, oltre a programmi didattici sperimentali
per portatori di handicap.
A tale proposito il ruolo di conservazione, coltivazione
e riproduzione di piante officinali, tessili ed alimentari,
orticole locali e flora della regione e delle zone adiacenti,
lo rende un'isola strategica nella conservazione della
biodiversità e fondamentale per la sopravvivenza dell'uomo
stesso.
Organizzato secondo criteri sistematici, comprende varie sezioni,
tra cui una dedicata alla flora spontanea del Carso triestino,
Istria e territori adiacenti, alle piante ornamentali, da appartamento,
quelle officinali, alimentari e tutte quelle che hanno
accompagnato con la loro utilità l'uomo nel suo cammino.
E poi le zone un po' fuori dal comune, con le vasche di piante
acquatiche fra cui spiccano splendidi fiori di loto,
o le piante "magiche", connesse cioè a significati
religiosi, mitologici e magici come metafora del
rapporto fra l'uomo e la natura.
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E
come dimenticare il percorso guidato "L'orto dei
veleni" che permette di scoprire la tossicità di
alcune piante velenose, anche molto rare o famose per
la loro letale reputazione, e magari l'inaspettata
tossicità di specie con le quali conviviamo
quotidianamente, ad esempio il prezzemolo di uso così comune.
Ogni pianta è corredata da informazioni scientifiche,
curiosità e i suoi impieghi, e ne viene illustrata
anche la positività in campo terapeutico.
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Cenni
storici
E' necessario
risalire sino all'età medievale per trovare
le tracce di una istituzione che si avvicini a quello che è attualmente
il Civico Orto Botanico. Nel 1423 Eugenio Pavani riferisce
che anche Trieste teneva una propria farmacia alla quale
era annesso un Orto Medicinale. Che farmacia ed orto esistessero
da noi già nell'anno 1423, e forse, molto tempo prima,
ne fa piena fede, l'offerta prodotta al Comune di Trieste
dallo speziale Lazzaro Gasparin riguardo una disponibilità quinquennale
della farmacia e dell'orto. Da questa data l'Orto farmaceutico
ebbe alterne vicende sempre unito ad iniziative private
o collegato con una delle 13 farmacie che, via via s'erano
aperte a Trieste fino alla metà dell'800. Nel frattempo
sorsero a Trieste, nelle grandi ville patrizie e nobiliari,
i primi giardini su quei poggi ricchi di mirabili vedute, coperti
di olivi, di allori, di castagni, di mandorli e di viti, come
doveva apparire il quadro dell'epoca.
Questi giardini segnano da noi l'inizio del giardinaggio e
quindi il risveglio dello studio della botanica anche
se erano ben note le opere di studiosi di chiara fama, che
illustrarono il nostro territorio e la sua flora.
Tra i giardini sopra accennati ricordiamo quello della villa
dei conti Cassis-Faraone in via S. Martori, poi dimora del
principe Gerolamo Bonaparte (1784-1860) che diviene sede
del giardino diretto dal botanico Giuseppe Ruchinger, che
sarà poi chiamato alla guida dell'Orto botanico
di S.Giobbe a Venezia.
In Campo Marzio, la principessa Marianna
Elisa Bacciocchi (1777-1820) fondava il Giardino botanico,
che porta tuttora il nome di Villa Murat dalla principessa
Carolina Murat (1782-1840), ex regina di Napoli, che vi si
stabilì dopo la morte della sorella. Questo parco ospiterà successivamente
vari esemplari di Liriodendron tulipifera, piantati
dal generale napoleonico Murat.
Sul versante meridionale del
colle
di Scorcola alla sponda del mare, il ricco negoziane Enrico
Trapp poneva un giardino di stile regolare classico e
nello stesso periodo Domenico Rossetti (1774-1842), studiandosi
di infondere l'amore all'agricoltura ed al giardinaggio nei
suoi cittadini e ben sapendo quanto più delle parole
valesse l'esempio, tramutò un incolto terreno in fondo
alla via dell'Aquedotto in ameno giardino, il primo che Trieste
vedesse nello stile detto erroneamente inglese, dove fra
le statue e le piante nuove e rare coltivava con particolare
affezione grande varietà di garofani, dai quali
il giardino trasse il nome di "Cariofileo".
Per più di vent'anni l'Orto Botanico sopravvive
in ristrettezze di mezzi, fino a quando, nel 1903, il Consiglio
Comunale ne delibera l'assunzione tra i Civici Istituti
Scientifici, Carlo de Marchesetti, direttore del Museo civico
di Storia Naturale, diventa così anche direttore del
Civico Orto Botanico, e con i lavori di ampliamento, di dissodamento
del terreno, di adattamento ad aiuole, in parte disposte
a gradinata e sostenute da pietre del Carso, la creazione
di
vialetti e di vasche per le piante palustri, la selezione
di piante spontanee da coltivare, comincia ad assumere il
vero
e proprio aspetto di una istituzione curata scientificamente.
L'Orto Botanico, nel suo insieme viene suddiviso in settori
secondo un criterio che rispetta la successione sistematica
delle famiglie. Nel 1926 il Comune di Trieste affida la direzione
tecnica del Civico Orto Botanico al prof. Carlo Lona, studioso
di entomologia e botanico di chiara fama, che in seguito
(1948), su proposta del direttore del museo prof. Edoardo
Gridelli, è nominato
anche Conservatore aggiunto del Museo Civico di Storia Naturale,
incarichi ambedue che tenne fino al 1968. Successivamente
la gestione dell'Orto Botanico viene svolta dalla Direziono
stessa
del Museo.
Oltre
alle mostre permanenti di piante, vengono organizzate
mostre che poi si trasformano in percorsi e zone del
l'orto da scoprire, come il citato "L'orto dei
veleni",
o la sezione "Tinte d'erbe", per far conoscere
alcune delle principali specie storicamente usate dai
tintori, o le belle spinose. Esposizione di piante
succulente" adattate
a crescere in zone aride e a sopportare lunghi periodi
di siccità, oppure il "Florilegio di piante
magiche", per riscoprire il linguaggio esoterico
del giardino come metafora del rapporto con la natura,
stimolo per la conoscenza di tradizioni.
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